Quirino Principe, Il Sole 24 Ore 29/6/2014, 29 giugno 2014
150 ANNI DI QUARTETTO
Martedì 1° settembre 1863, l’editore Tito Ricordi (Tito I, figlio di Giovanni il fondatore e padre dell’intellettualissimo Giulio, a sua volta padre di Tito II) rese ufficiale la sua proposta e il suo programma per la costituzione di un sodalizio di intellettuali, di musicisti, di notabili milanesi, da intendersi come complemento, non come opposizione al primato del teatro d’opera nel gusto del pubblico e della pratica professionale. Si pensi alla presenza determinante e attivissima, nella Società del Quartetto che ne sarebbe nata l’anno dopo, di un uomo perfettamente a proprio agio sia nel teatro musicale sia nella sala di concerto: Arrigo Boito, grandissima figura di protagonista e fonte di energia culturale come rare volte è avvenuto in Italia.
Tuttavia, una vena polemica era latente. La Società del Quartetto fu una sorta di rinascimento musicale, di pensiero e di studio, cui non mancarono, come in era propriamente rinascimentale, i mecenati, che con grande intelligenza favorirono la conoscenza e l’esercizio della musica strumentale: esponenti della grande aristocrazia milanese, e industriali, uomini dell’alta finanza, studiosi di arte e di storia. Ma nell’insieme, fu il mecenatismo di fisionomia alto-borghese a essere determinante. La proposta accompagna l’intera storia della milanese Società del Quartetto. In tempi oramai "storici" ma non troppo lontani da noi (tra gli anni 40 e i 70 del Novecento) una figura oggi leggendaria, quella di Sergio Dragoni, è il simbolo di quella fisionomia. I due fattori fondamentali, altissima professionalità e irresistibile passione, insieme con grande competenza e fredda determinazione nelle cosiddette questioni pratiche (gestione, amministrazione...) si riconoscono oggi, del resto, in quell’erede ideale di Dragoni che è Antonio Magnocavallo, da anni e a tutt’oggi presidente del Quartetto.
Domenica 13 dicembre 1863 ebbe luogo l’assemblea costitutiva, promossa soprattutto da Ricordi e da Boito. Mercoledì 29 giugno 1864, esattamente 150 anni fa, si realizzò il primo "esperimento" (così si chiamarono, nei primi tempi, i concerti organizzati dalla Società del Quartetto). In programma: il Quartetto in Sol minore "op. 1" di Mozart (noi lo indichiamo come K. 80... allora non c’era ancora il catalogo Köchel), il Quartetto in Fa minore op. 2 di Mendelssohn, il Settimino op. 20 di Beethoven, e, del medesimo, la Sonata op. 31 n. 2. Fra gli interpreti di quel memorabile concerto pomeridiano, iniziato alle 14.00: Luigi Bassi, Rita Montignani, Luigi Negri. Proprio oggi, dalle 11 della mattina a mezzanotte nel Conservatorio di Milano, un complesso festeggiamento in musica ricorderà quel 29 giugno di 150 anni or sono. Allora si aprì l’immenso lavoro artistico e sociale della Società del Quartetto, la cui azione storica ha una funzione dinamica decisiva per la cultura italiana.
Il libro che ora esce in coedizione per Archinto e il Quartetto parla con molte voci: testimonianze, riflessioni critiche, proposte. Ma non è un volume di "Autori Vari" (che poi è sempre una formula comodamente sbrigativa), poiché l’ideatore, il progettatore, l’indagatore accurato e illuminato, e in sostanza lo scriptor che si è assunto interamente la responsabilità del libro è uno: Oreste Bossini, autore assoluto di questo libro che a sua volta, dopo gli indispensabili cataloghi di tutti i concerti di 125 anni di storia usciti nel 1964 e nel 1989, si presenta come strumento indispensabile di conoscenza e assicura a Bossini la gratitudine della città per la sua autorità di storiografo che egli, con la sua consueta elegante discrezione, definisce opera di "curatore".
Il volume si articola in cinque sezioni: la storia, l’inchiesta, i documenti, la ricerca, le appendici. La prima sezione è un unico testo di meditazione storiografica (Il nuovo Quartetto) in cui Bossini ripercorre in bellissime pagine le vicende dell’Associazione a partire dal centenario del 1964, anzi, dalle sue premesse: la presidenza di Ildebrando Pizzetti, del conte Senatore Borletti, del conte Guido Visconti di Modrone (anni 30); poi, dalla presidenza del dr. Senatore Borletti jr., in carica nel 1964. Una storia complessa, fittissima, dalle mille direzioni trasversali che Bossini tiene saldamente in pugno con severa amabilità, accidentata da emergenze, come il famoso episodio del concerto cancellato da un giovane Maurizio Pollini in nome del Vietnam in lotta. In altre sezioni, Bossini conversa con Maria Majno, luminoso mito vivente, con Ilaria Borletti Buitoni, Carlo Sini, Antonio Magnocavallo, Luciano Martini, Salvatore Carrubba, Guido Rossi, Paolo Arcà, Ton Koopman, Philippe Daverio, Andras Schiff, Alfred Brendel. Si leggono lettere di Arrigo Boito, Margherita Amman, Paolo Borciani, Gianadrea Gavazzeni (che in altra sezione del libro dialoga con Gianfranco Ravasi). Alla fine, una lunga ricerca storiografico-sociologica e rigorosamente scientifica di Bianca De Mario, ed esaurienti e precisi apparati di note, con impeccabile index nominum.
Quirino Principe, Il Sole 24 Ore 29/6/2014