John Lloyd, la Repubblica 29/6/2014, 29 giugno 2014
I CINQUE FANTASMI DELLA GRAN BRETAGNA
L’incubo del Regno Unito, e del primo ministro Cameron, è questo. Primo passaggio: quei britannici che hanno votato per i Conservatori convinti che il premier sarebbe riuscito a strappare concessioni agli altri leader comunitari arrivano alla conclusione che non ne è in grado e decidono di votare Ukip.
Secondo passaggio: i più euroscettici tra i parlamentari e i consiglieri comunali lasciano il Partito conservatore e passano alla corte di Farage. Terzo passaggio: gli scozzesi, che il 18 settembre sono chiamati a scegliere in un referendum se vogliono o meno l’indipendenza, sono allarmati per il movimento antieuropeista in Inghilterra e votano sì all’indipendenza anche per poter rimanere nell’Unione Europea. Quarto passaggio: Cameron anticipa la data del referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione Europea per arrestare la fuga dei suoi verso l’Ukip, e la gente vota per abbandonare Bruxelles. Quinto passaggio: il Regno Unito non è più “unito” (dal momento che l’unione è quella tra Inghilterra e Scozia, nata nel 1707), si ritrova sminuito per dimensioni e importanza e fuori dall’Ue.
È uno scenario che sicuramente toglie il sonno a David Cameron. Resta poco probabile, ma è meno irrealistico di prima. Ancora adesso, comunque, resta più verosimile quest’altro scenario. Cameron, che ha guadagnato popolarità per la sua fiera opposizione a Jean-Claude Juncker, riesce a tenere insieme il suo partito. Gli altri leader europei, Angela Merkel in testa, fanno in modo che al commissario britannico vada un dicastero pesante, per esempio il mercato interno. Juncker si rivela più pragmatico che federalista e prende misure per restituire poteri ai Parlamenti nazionali (come molti leader desiderano, peraltro).
Gli scozzesi, preoccupati per le ripercussioni occupazionali e per il rischio di rimanere senza una moneta, se la Scozia dovesse diventare indipendente, votano per rimanere nel Regno Unito. Cameron riesce a presentare la sua sconfitta della scorsa settimana come una parziale vittoria e si impegna a mantenere alta la pressione sull’Ue. Ed Miliband, il leader del partito laburista, fatica a guadagnare consensi. I Conservatori vincono le elezioni del 2015 e riescono a governare da soli senza bisogno di coalizione. L’Ukip conquista pochissimi seggi a Westminster.
Cameron organizza un referendum sull’Ue poco dopo le elezioni: i britannici, convinti che l’Ue e Juncker non rappresentano una reale minaccia, votano per rimanere.
Questo scenario sembra non tener conto di quella che sui mezzi di informazione d’Oltremanica è stata raffigurata come l’umiliazione di Cameron. Ma è una lettura errata della situazione.
La maggioranza dei britannici vuole rimanere nell’Ue, a patto che non cerchi di diventare uno Stato, con i poteri di uno Stato. È la posizione di Cameron, e nessun altro leader di partito è stato in grado di articolarla efficacemente quanto lui. Ecco perché nel lungo periodo probabilmente vincerà, o almeno non perderà. (Traduzione di Fabio Galimberti)
John Lloyd, la Repubblica 29/6/2014