Alberto D’Argenio, la Repubblica 29/6/2014, 29 giugno 2014
RENZI: UN PIANO DA 240 MILIARDI PER IL SEMESTRE UE
Seduto in giardino nella casa di famiglia di Pontassieve, Matteo Renzi lavora al discorso solenne che mercoledì terrà al Parlamento europeo. Quello di Strasburgo sarà il suo debutto nelle vesti di presidente di turno dell’Unione. Sei mesi sui quali il premier vuole cambiare l’Europa. «I veri europeisti sono coloro che vogliono cambiare l’Unione, non chi vuole restare fermo», sarà il leit motiv. Quello che serve è tornare ad un progetto «capace di far sognare».
Renzi parlerà di fronte ai 766 deputati freschi di nomina, alla prima sessione plenaria dopo le europee, un terzo dei quali dichiaratamente antieuropeista. «A loro rispondiamo con la speranza». Se Renzi a questa “speranza” darà il nome di “Stati Uniti d’Europa”, non è ancora deciso. Di certo non si spingerà ad annunciare la volontà di riscrivere i Trattati Ue per ridare slancio al sogno continentale: è una carta che giocherà, se vedrà lo spazio politico per farlo, a fine semestre.
Intanto a Roma, Parigi e Berlino si lavora per dare un seguito al summit che si è chiuso l’altro a Bruxelles. Un vertice a suo modo storico, vuoi per la nomina di Juncker alla guida della Commissione e l’emarginazione degli inglesi, vuoi perché su spinta di Renzi è stato approvato il documento strategico che sarà la base politica del nuovo esecutivo comunitario che prevede flessibilità sui conti per chi fa le riforme e impegna l’Unione ad aumentare gli investimenti per la crescita. Renzi e Hollande non vogliono perdere l’onda positiva partita da Bruxelles, e già guardano alla campagna d’autunno, quando dovranno riprendere a spingere perché i buoni intenti enunciati dai leader si trasformino in iniziative concrete.
È così che è nata l’idea di un maxi piano di investimenti da 240 miliardi all’anno per cinque anni. Il progetto - ai cui dettagli lavorano per l’Italia Sandro Gozi e per la Francia Harlem Desir - verrà svelato solo dopo l’estate e a portarlo sul tavolo europeo sarà Hollande, visto che gli italiani in quanto presidenti di turno dovranno mostrarsi super partes. Ma, ca va sans dire, Roma sarà pronta a sostenere all’istante la proposta dei cugini d’Oltralpe. Una proposta che permetterà a Hollande e Renzi, con la Merkel che al momento si è mostrata interessata, di dare slancio alla ripresa.
L’idea che si vuol fare abbracciare agli altri partner Ue e alle istituzioni di Bruxelles è quella di mobilitare il 2% del Pil europeo - più di mille miliardi in un lustro - attingendo da risorse pubbliche europee e nazionali, così come dai fondi privati e dai grandi investitori. I soldi dovranno
essere usati per finanziare grandi infrastrutture - in particolare nell’energia, ricerca e innovazione, educazione e digitale - privilegiando le Piccole e medie imprese. Per accedere ai soldi ogni stato dovrà scrivere un piano di investimento pluriennale da sottoporre a Bruxelles. I soldi saranno reperiti dirottando i vari programmi europei, i fondi strutturali, le capacità della Banca europea degli investimenti (che potrebbe essere ricapitalizzata ad hoc) nel maxi-piano. E per aumentare la capacità economica del fondo, Italia e Francia proporranno anche di dare nuova enfasi ai Project Bonds, al momento un semplice progetto pilota.
C’è poi da lavorare perché la flessibilità enunciata dai leader a Bruxelles diventi realtà, altrimenti l’Italia rischia di vedersi imporre una nuova, pesante, manovra correttiva o, nel 2015, l’apertura di una procedura per debito eccessivo che gli toglierebbe spicchi di sovranità economica. Per questo ieri il premier parlando con i ministri che lo chiamavano per conoscere i dettagli del summit di venerdì scorso spiegava: «Abbiamo fatto capire che siamo un Paese forte, che non va in Europa con il cappello in mano ma si fa rispettare. Ora però tocca fare le riforme in Italia se vogliamo la flessibilità dell’Europa. Spero adesso sia chiaro perché abbiamo modulato sui 1000 giorni l’impegno: questo è l’orizzonte di cui necessitiamo» e questo è il tempo di elasticità sul taglio di deficit (che comunque resterà sotto il 3%) e debito al quale punta Roma. Per consolidare il risultato il primo appuntamento sarà l’Ecofin del 7 luglio. Poi si andrà in pressing sulla Commissione Barroso, che scadrà tra 4 mesi, e su quella di Juncker che si insedierà a novembre perché il cambio di rotta impresso dai leader si tramuti in realtà.
C’è poi l’immigrazione, altro tema sul quale per la prima volta venerdì i leader hanno riconosciuto la necessità di più Europa. Per questo Alfano e il francese Cazeneuve lavorano a un documento da portare a Bruxelles per chiedere che Frontex sostituisca Mare Nostrum e che l’Europa si faccia carico della gestione dei migranti.
Alberto D’Argenio, la Repubblica 29/6/2014