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 2014  giugno 30 Lunedì calendario

BNP LA BANCA CHE DIVIDE L’ATLANTICO

In base al diritto francese, europeo e internazionale, Bnp Paribas non è condannabile per avere fatto affari con i regimi di Iran, Cuba e Sudan, ma secondo la legge americana sì. E siccome è impensabile che la prima banca di Francia e una delle più importanti del mondo vada a processo negli Stati Uniti, dove realizza una parte consistente dei propri ricavi, ecco che da mesi l’istituto di rue d’Antin ha accettato l’idea di dichiararsi colpevole, e negoziare con la Procura di New York uno sconto su una multa che sarà senza precedenti: non i 14 miliardi di euro ipotizzati in un primo momento, ma comunque otto o nove.
Si tratta di un’ammenda colossale, che rappresenta all’incirca l’equivalente di un anno di utili della banca. Bnp Paribas è talmente in salute che riuscirà probabilmente a superare questo scandalo, ma c’è da chiedersi come sia potuta mettersi in una situazione simile.
Nella storia di Bnp Paribas non ci sono altre macchie significative, la banca ha sempre cercato di coltivare una reputazione di affidabilità e rispetto dei valori ed era riuscita ad attraversare brillantemente la fase drammatica della crisi finanziaria mondiale, senza gli scossoni toccati per esempio alla rivale Société Générale colpita dall’affare Kerviel (il trader che ha negoziato posizioni illegali per 50 miliardi).
166 anni di storia
Quella che sarebbe poi diventata Bnp un secolo più tardi, è nata come Cnep (Comptoir national d’escompte de la ville de Paris ), a Parigi, poco dopo i moti del 1848 e ha cominciato da subito ad aprirsi all’estero, in particolare in India. La vocazione internazionale è continuata attraverso le varie tappe nella storia della banca: il cambio di nome in Bnp (Banque nationale de Paris) nel 1966, la privatizzazione nel 1993, l’acquisizione di Paribas nel 2000. Oggi Bnp Paribas è la prima banca di Francia davanti a Crédit Agricole e Société Générale, e contende alla spagnola Santander il primo posto in Europa.
Il gruppo è presente in 75 Paesi, tra i quali l’Italia: nel 2006, dopo l’annullamento dell’opa di Unipol, Bnp Paribas ha acquisito la Banca nazionale del lavoro. L’amministratore delegato di Bnl è Jean-Laurent Bonnafé, direttore generale della casa madre. In queste vesti, negli ultimi mesi Bonnafé ha moltiplicato i viaggi negli Stati Uniti per cercare di attenuare la severità delle autorità americane.
Che cosa viene rimproverato precisamente a Bnp Paribas? Il fatto di avere compiuto transizioni finanziarie — in dollari, questo è il punto — con alcuni Paesi posti sotto embargo dalle autorità americane, in particolare il Sudan che è accusato di avere compiuto un genocidio nel Darfur. Secondo gli investigatori americani, la filiale svizzera di Bnp Paribas avrebbe volontariamente nascosto operazioni per 30 miliardi di dollari, riguardanti contratti petroliferi legati a società e aziende governative sudanesi. La banca avrebbe utilizzato codici appartenenti a banche regionali africane, ma è stata scoperta lo stesso.
Da un punto di vista strettamente giuridico, è dubbio se gli Stati Uniti abbiano la competenza per imporre a tutti il rispetto di un embargo che solo loro hanno dichiarato. Dopo gli attacchi terroristici del 2001, l’applicazione delle norme è stata eseguita in modo molto estensivo, e per la prima volta nel dicembre 2005 una banca europea, l’olandese Abn Amro, è stata condannata a pagare una multa che sembrava già enorme — «solo» 80 milioni di dollari —, per violazione dell’embargo americano. La considerazione fatta valere già allora è che l’utilizzo del dollaro lega le transazioni finanziarie agli Stati Uniti. Nel caso di Bnp Paribas, non importa che ad avere violato le leggi americane sia la filiale svizzera di una banca francese: poiché gli affari sono stati condotti usando la valuta americana, la Procura di New York pretende un’applicazione extraterritoriale delle norme.
Ordini disattesi
All’inizio del 2007 i vertici di Bnp Paribas avevano emesso un ordine interno vietando ogni transazione con Sudan, Iran e Cuba, ma non tutti i dipendenti hanno rispettato la consegna. Gli investigatori americani hanno scoperto attività illecite ancora nel 2011, quando l’allarme era già scattato.
Il presidente del consiglio di amministrazione, Baudoin Prot, e il direttore generale Jean-Laurent Bonnafé nei mesi scorsi sembravano destinati a pagare in prima persona, ma sono risultati convincenti nello spiegare che non erano al corrente degli affari incriminati. Jean-Louis Beffa, amministratore di Bnp Paribas fino al 2010, ha detto in una rara intervista a Bfm che «mai il consiglio di amministrazione è stato consultato o informato», e che «mai il comitato di valutazione di rischi ha attirato l’attenzione del consiglio sui rischi eventuali».
Eppure la filiale svizzera è andata avanti, mettendo nei guai la casa madre. L’accordo con gli Stati Uniti prevede, oltre alla multa, la proibizione altamente simbolica di usare il dollaro per un periodo limitato nel tempo, da sei mesi a un anno, nei settori toccati dalle transazioni sotto accusa: energia e materie prime, in particolare petrolio, sulla piazza di Ginevra.
Infine, gli Stati Uniti pretendono anche alcuni eccellenti. Sono stati già accontentati con la pensione anticipata di Georges Chodron de Courcel, uno dei tre vicedirettori delegati (nonché cugino dell’ex première dame Bernadette Chirac).