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 2014  giugno 30 Lunedì calendario

CONCENTRAZIONE E FEELING DI COPPIA QUEGLI ITALIANI STREGATI DAL BRIDGE


Il miliardario Warren Buffett, una volta, ha confessato: «Se accanto mi dovesse passare una donna nuda mentre sto giocando a bridge credo che non mi accorgerei nemmeno di lei». Ed è anche grazie all’«oracolo di Omaha» se Bill Gates, il fondatore di Microsoft, passa ore seduto a un tavolo prima a «contrattare», poi a cercare di rispondere carta su carta. L’attore Omar Sharif è addirittura un professionista e parte della bibliografia sull’argomento porta anche la sua firma. Grandi appassionati sono Thom Yorke, leader dei Radiohead, la tennista Martina Navratilova e l’ex presidente statunitense Dwight Eisenhower. Per non parlare, ma qui siamo nel campo della letteratura, di «giocatori» come James Bond e Snoopy.
«Ma attenzione: non stiamo parlando di un semplice gioco di carte. Le sue regole sono complicate e il fattore fortuna è inesistente», spiega Giovanni Medugno, presidente della Federazione italiana gioco bridge, che fa parte del Comitato olimpico italiano. In questi giorni Medugno è a Opatija, in Croazia, dove fino a domani si svolgeranno i campionati europei di bridge suddivisi in tre categorie: open (misto), donne e senior. Un torneo che, almeno tra gli Azzurri, sta riservando un po’ di sorprese. «Gli uomini, di solito tra i migliori al mondo, sono molto indietro — racconta il numero uno —, le donne per ora volano al secondo posto».
Della comitiva femminile dell’Italia fanno parte Ilaria Saccavini e Simonetta Paoluzi. La prima, romana 46enne, è mamma di tre maschi di 6, 11 e 14 anni, compagna di un magistrato con la passione per il tennis e cuoca a domicilio. Gioca a bridge dal 1990 e da allora ha collezionato alcuni ori e tanti argenti. «Ho iniziato da giovane — ricorda —, ma l’ho fatto perché volevo imparare qualcosa che mi sarebbe servito per la vecchiaia». Non scherza. «Vedevo i genitori del mio ragazzo di allora giocarci e ho pensato: questa è una cosa che mi servirà quando sarò anziana».
Ilaria si allena via web, soprattutto con Simonetta. «L’intensità e il tempo dedicato dipendono molto dalle competizioni in vista», spiega. Di cosa ha bisogno il bridge? «Di concentrazione, tanta, e nervi saldi».
Simonetta Paoluzi è nata a Caserta 46 anni fa, ha due figli — una femmina di 20 e un maschio di 13 — e a Roma lavora al Consiglio nazionale delle ricerche. Una «bridgista» doc, Simonetta: in famiglia era il gioco principale di mamma, papà e uno dei due fratelli. Lei ha iniziato nel 1986 e non si è più fermata. Ora, anche nella sua di casa, il bridge è una passione per il compagno e il figlio più piccolo. La più grande non ne vuole sapere. «Ma soltanto perché lei studia Medicina e ha il suo bel da fare», ragiona Simonetta.
Tutti pazzi per il bridge? Il presidente Medugno sforna un po’ di numeri: «In Italia i tesserati sono 25 mila e le associazioni 320. A livello amatoriale gli appassionati sono circa tre milioni». Ma non c’è spazio per i facili entusiasmi. «Si tratta di un gioco di coppia, servono feeling, concentrazione e un tasso di resistenza psicologica mica da poco». Per questo è anche una realtà che tiene allenata la mente. «Ci sono studi scientifici europei e americani che lo dimostrano — continua Medugno —: con il bridge il cervello di fatto resta “acceso”». Quanto alla divisione per sesso, qui non si pone il problema delle «quote rosa»: «il 51% dei nostri giocatori è di sesso maschile, il 49% di sesso femminile», calcola il presidente.
Ma quando è consigliato iniziare? «Non c’è un’età giusta, anche se i corsi a scuola partono dalle medie», risponde Medugno. «Secondo me, chi vuole diventare un giocatore di alto livello dovrebbe partire dai 18-20 anni», aggiunge Simonetta Paoluzi. Nella speranza che non si arrivi agli «scenari» di Warren Buffett che, agli amici di tavolo, rivelò: «Se finisco in galera, ma nella mia cella ci sono altre tre persone che sanno giocare a bridge, non sarebbe affatto un problema stare dietro alle sbarre».