Massimiliano Parente, Il Giornale 30/6/2014, 30 giugno 2014
GLI SCRITTORI IN TELEVISIONE? SE CI SONO, NON SONO SCRITTORI
IERI Pier Paolo Pasolini e Alberto Arbasino in Rai sono stati protagonisti di trasmissioni straordinarie
Non si sono solo estinti i dinosauri, sessantacinque milioni di anni prima della comparsa di Homo Sapiens. Un’altra grande estinzione è stata quella degli scrittori nella televisione italiana. Non se ne vede più mezzo, neppure finto, neppure per sbaglio.
E pensare che negli anni Settanta Pier Paolo Pasolini, il nemico della borghesia, oltre a scrivere sul Corriere della Sera, veniva tranquillamente intervistato dalla Rai, e c’erano solo due canali di Stato (Rai 3 arrivò nel 1979). Così come si vedevano talvolta Italo Calvino e Alberto Moravia, e Alberto Arbasino conduceva dibattiti strepitosi come quello tra un giovanissimo Nanni Moretti, inferocito esponente del cinema d’avanguardia, e Mario Monicelli che difendeva il cinema tradizionale (se ci mettessimo il Moretti di oggi apparirebbe più d’avanguardia Monicelli, ma questo è un altro discorso). Immaginatevi un dibattito del genere oggi e non saprete in quale palinsesto e in quale trasmissione collocarlo: a Porta a Porta? A Otto e mezzo? A Piazza Pulita? A Annozero, Announo, Annostikazzi?
In quegli anni di Dc e Pci e Br non c’erano solo la Carrà e Corrado e Pippo Baudo, e i talk show politici si facevano più che altro sotto le elezioni, non ne avevamo venti al giorno. Tra parentesi: uno comprava i giornali per questo, per leggere le notizie e i commenti degli editorialisti, oggi i giornali non si vendono più e ti credo: sarà pure colpa di internet, ma uno dovrebbe leggere il giorno dopo quello di cui hanno parlato il giorno prima tutti su tutti i canali?
In ogni caso: negli anni Ottanta e Novanta c’era soprattutto il Maurizio Costanzo Show. Dove anche lì qualche scrittore si vedeva, anzi spesso e volentieri. Spesso niente di che, per carità, tipo Romano Battaglia che abbracciava gli alberi, Alberto Bevilacqua che andava tronfiamente a presentare il suo ultimo romanzo come se fosse la Recherche, Alessandro Golinelli che chissà che fine ha fatto. Ma volentieri si vedeva anche Aldo Busi, il quale iniziò lì a farsi conoscere al grande pubblico, fino agli straordinari «Uno contro tutti» che potete rivedere su Youtube. Ma il punto è un altro: si parlava di romanzi, belli o brutti, in una seguitissima trasmissione generalista.
E poi cosa è successo? Lo scrittore è stato espulso, sostituito da un’invasione barbarica di «e scrittori» (a cominciare da Daria Bignardi). Giornalista «e scrittore», conduttore «e scrittore», blogger «e scrittore», qualsiasi cosa «e scrittore», purché non scrittore. Un fenomeno strano: lo scrittore non conta più nulla, ma tutti vogliono essere «e scrittore». I quali «e scrittori», poiché sono facilmente conduttori, si invitano e celebrano a vicenda: Lilli Gruber invita Daria Bignardi e Daria Bignardi invita Lilli Gruber che è appena stata invitata da Fabio Fazio eccetera.
Emblematica una puntata di Otto e mezzo (dove trattato come una specie di Proust è di solito il «giornalista e scrittore» Beppe Severgnini) nella quale Lilli ha come ospiti due Aldi, Aldo Busi e Aldo Cazzullo, e presenta entrambi come importanti scrittori. Giustamente il primo Aldo (l’unico scrittore dei due) si è leggermente incazzullato del paragone. D’altra parte il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini al Salone del libro di Torino recentemente ha chiesto a Rai e Mediaset di invitare più scrittori in tv. Attenzione perché lo stesso Franceschini è «Ministro, avvocato, politico, e scrittore italiano» (cito Wikipedia). Inoltre ti viene il dubbio che l’intento fosse trasferire nei talk show le mezze calzette del Premio Strega. E poi il punto sarebbe non invitarli a parlare di politica ma di tutto il resto, quindi mancano le trasmissioni.
È una cosa a cui sono abituato: quando mi chiamano, è per parlare di politica, ogni volta dico no grazie, allora mi chiamano per parlare di cronaca nera, dico no grazie, poi siccome il turn-over delle redattrici è inarrestabile ti richiama di nuovo le medesima trasmissione di prima per chiederti se vai a parlare di politica. Per la verità mi convocarono anche per Masterpiece, il talent per aspiranti scrittori, ma mi bocciarono perché non ero troppo di bocca buona. Come se per andare a Masterchef avessi dovuto accettare di premiare a priori un piatto di letame con contorno di fiorellini di campo.
Gli zoo degli scrittori sono diventati alcune trasmissioni notturne per insonni, come La lettura del Tg5 dell’eroico Carlo Gallucci, che purtroppo va in onda all’una di notte. Domanda: ma se i due minuti di Gallucci andassero in onda dopo il Tg5 delle tredici cascherebbe il mondo? Gli spettatori fuggirebbero terrorizzati perché siamo il Paese che legge meno della Turchia? E allora continuate a vedere i politici che litigano in televisione, cosa vi devo dire. Infatti Enrico Mentana appena arrivato a La7 ha tolto lo spazio dei libri, in compenso resiste il grande Antonio Ricci, che li promuove (gratis) a Striscia la notizia.
Infine bisogna ammettere: l’unica trasmissione che invita gli scrittori e li fa parlare di un romanzo (e fa vendere) è Che tempo che fa di Fabio Fazio, dove però fa sempre lo stesso tempo e devi essere Fazio-compatibile, quindi difficilmente ci finisce uno scrittore vero, più facile Franceschini. Per esempio Antonio Moresco è andato da Fazio solo quando era fazizzato a puntino, non a parlare di Canti del caos ma de La lucina. Quando l’ho visto mi sembrava Susanna Tamaro travestita da Eugenio Scalfari travestito da un barbone della Caritas, mi sembrava Heidi e il nonno di Heidi fusi nello stesso corpo e nella stessa mente, e mi sono commosso, mi veniva da piangere. Poi è arrivata la Littizzetto per tirare su il morale, e allora ho pianto davvero.