Rita Querzé, Corriere della Sera 29/6/2014, 29 giugno 2014
LE FONDAZIONI ANTIUSURA E I PALETTI DELL’ABI
All’inizio furono le aziende e le famiglie. Ora anche il non profit bussa alle porte del banche con qualche rimostranza. La Consulta nazionale antiusura che riunisce le maggiori fondazioni antiusura d’Italia si è di recente lamentata con l’Abi. Associazioni e fondazioni denunciano difficoltà a ottenere credito dalle banche con cui hanno stipulato speciali convenzioni.
Il meccanismo è il seguente. In base all’articolo 15 della legge 108 del 1996 le associazioni che cercano di prevenire l’usura ricevono fondi dal ministero dell’Economia. Questi soldi vengono usati come garanzia per ottenere prestiti agevolati (al 3% con restituzione in cinque anni) a vantaggio di persone che altrimenti rischierebbero di rivolgersi a un usuraio. Il tutto avviene attraverso l’intermediazione di attori specializzati del non profit. Sono proprio questi ultimi, oggi, a segnalare tempi lunghissimi per l’istruttoria delle pratiche e richieste di garanzie che in alcuni casi superano il 100% del prestito. La stessa Abi ha segnalato il problema con una lettera agli istituti di credito. Con la missiva il direttore generale, Giovanni Sabatini, sollecita gli associati a prestare più attenzione alle richieste delle organizzazioni antiusura. «E’ vero, con la crisi accedere ai prestiti è diventato più difficile, le garanzie non bastano mai — racconta Luciano Gualzetti, presidente di una delle fondazioni che fanno parte della Consulta antiusura, la San Bernardino di Milano — . Nel nostro caso la morosità di chi ottiene il prestito è inferiore al 10%. Certo, la bancabilità delle persone che si rivolgono a noi è ulteriormente peggiorata». La fondazione San Bernardino, sostenuta dalle diocesi della Lombardia, in 10 anni ha mobilitato 3,5 milioni di euro da usare come fondo di garanzia (2 arrivati dal Mef, 1,5 arrivati dalle diocesi). Ma la piazza di Milano resta una delle semplici quando si parla di usura. I veri problemi sono al Sud.