Corriere della Sera 29/6/2014, 29 giugno 2014
LA MAPPA PER PRENDERSI IL MARE
Disegnatori e cartografi cinesi sono stati molto occupati di recente. L’ultima produzione è una mappa verticale della Repubblica popolare: sostituisce quella tradizionale, che si estendeva in orizzontale per rappresentare il Paese da Occidente a Oriente. Lunedì scorso, con una conferenza pubblica, è stata svelata la nuova versione che comprende il mare a Sud. Si tratta di un maquillage geo-politico, perché per decenni quell’area era stata relegata in un inserto quadrato al piede della carta, in proporzioni ridotte rispetto al continente. «La nuova mappa verticale mostra tutta l’estensione del territorio della Cina», ha scritto il Global Times , quotidiano in lingua inglese del governo di Pechino.
Nel Mar Cinese Meridionale, che si estende per circa 3,5 milioni di chilometri quadrati, ci sono circa duecento isole, isolotti, scogliere che sommati insieme coprono solo pochi chilometri quadrati, spesso poco al di sopra del livello dell’oceano anche quando c’è bassa marea. Sono disabitati, ma la loro sovranità, contesa tra diverse nazioni, regola il diritto di navigazione (un terzo del traffico mercantile solca quelle rotte), di pesca, garantisce la pretesa di sfruttamento di grandi giacimenti di petrolio e gas che si presume siano sotto il fondale.
La mappa verticale prodotta dalla Cina contiene nove tratti che uniti chiudono la maggior parte del mare e delle isole, il 90 per cento circa del totale. Però, su quell’enorme zona si affacciano altri Paesi con analoghe rivendicazioni: Brunei, Malaysia, Filippine, Taiwan e Vietnam.
La cosiddetta «linea dei nove tratti» è stata disegnata dai cartografi della Repubblica popolare cinese per la prima volta nel 1953, ereditata da una mappa interna del Kuomintang (il governo nazionalista di Chiang Kai-shek) risalente al 1947. Né i nazionalisti né i comunisti hanno mai chiarito il significato di quei tratti sul blu del mare e per anni la linea che componevano è stata ignorata. Fino a quando, nel 1968, l’Onu pubblicò uno studio secondo il quale i fondali potevano contenere importanti giacimenti di idrocarburi. Da allora sono cominciate le rivendicazioni, sostenute con diversi espedienti: Manila, per esempio, usa la «Sierra Madre», una vecchia nave arrugginita arenata tra gli scogli delle isole Spratly, come base permanente per un suo distaccamento di marines che i cinesi spesso circondano per rendere difficili i rifornimenti. Nel 1974, mentre gli americani preparavano il ritiro da Saigon, cinesi e sudvietnamiti combatterono una battaglia navale tra le isole Paracel. Nel 2012 il ministero degli Esteri di Pechino ha inserito una pagina sui passaporti dei cinesi con un’immagine dei «nove tratti» sul mare: ci furono proteste diplomatiche.
Il primo maggio i cinesi hanno ancorato una grande piattaforma petrolifera tra le isole Paracel, 240 chilometri al largo delle coste del Vietnam. Ne è nato un confronto navale, con unità della guardia costiera e pescherecci di Hanoi impegnati a ostacolare la manovra e i cinesi che hanno risposto con cannoni ad acqua e speronamenti. In Vietnam la contesa territoriale ha acceso il fuoco nazionalista contro le fabbriche cinesi presenti sul suo territorio: centinaia sono state assaltate, si sono contati venti morti e centinaia di feriti a maggio.
Pechino, oltre ai cartografi, ha messo al lavoro anche gli ingegneri del genio militare, che stanno progettando un’isola artificiale tra le Spratly, composta ancorando grandi cassoni tra gli scogli e riempiendoli di sabbia. L’obiettivo è creare un avamposto dotato di pista aerea e porto: secondo il progetto l’installazione sarà grande due volte Guam, la base americana di 44 chilometri quadrati nell’Oceano Indiano. Il punto dove sorgerà l’isola artificiale è Fiery Cross Reef, conteso anche da Vietnam e Filippine. Ad aprile Manila aveva denunciato un altro piano cinese a Johnson South Reef, dove c’è già un’installazione radar cinese e i militari stanno riempiendo di sabbia una zona di scogli. Ora le fonti di Pechino dicono che quella di Johnson è una prova di fattibilità, per vedere se il progetto può essere replicato su larga scala a Fiery.
«Non c’è bisogno di sforzarsi in interpretazioni sulla mappa verticale», ha detto un portavoce di Pechino: «Serve a dare ai lettori un’impressione dei territori nazionali cinesi».