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 2014  giugno 28 Sabato calendario

VECCHIA VOLPE EROI FRAGILI E MALATI DI FACEBOOK NEI RICORDI DEL «FRATELLO D’ITALIA»


Alberto Arbasino, che nel gennaio scorso ha festeggiato il suoi 84 anni, è uno dei pochi scrittori viventi di cui si possa dire che possiede uno stile personale, sempre riconoscibile. La sua fama non è venuta mai meno ed oggi la sua opera gode di un’ammirazione incondizionata da parte delle giovani generazioni di lettori. È tra gli autori più citati nei siti Internet e su Facebook. Notizia inconsueta per Arbasino, digiuno di tecnologia, è che sia nato perfino un un appassionatissimo gruppo sul social network, denominato appunto «amici di Arbasino». Sono appassionati ferocissimi che postano all’impazzata, all’insaputa dello scrittore (bel contrappasso).
Passato attraverso le trasformazioni sociopolitiche degli ultimi anni, Arbasino non ha mai smentito se stesso, conservando intatta, ed anzi potenziata, la sua verve polemica nei confronti di tutte quelle adulterazioni, non soltanto ideologiche, che hanno reso irriconoscibile il Bel Paese.
Sfuggito per vocazione originaria al conformismo intellettuale, ci ha offerto nei suoi libri quella che forse è l’unica analisi del «politicamente corretto» all’italiana: lucida, penetrante, severa, ancorchè esilarante, disamina di un fenomeno che attraverso i media ha visto la nascita di una nuova «classe», che da «discutidora», secondo la definizione di Donoso Cortés, ossia «dibattimentale», è diventata «produttrice di bla». La curiosità intellettuale di Arbasino è onnivora. Si tratti di letteratura o meno, di Moravia o di Sophia Loren, quello che lo interessa è fondamentalmente il costume. Il suo ultimo libro Ritratti italiani (Adelphi, pp 552, euro 28) ne è una gustosissima riprova. L’irrefrenabile spirito satirico dell’autore può sembrare, e a volte lo è, dettato da idiosincrasie personali, ma nel fondo è un atteggiamento pro veritate. Ad esempio, così spiega il successo di Eco, il quale «si indirizza piuttosto, da una cattedra dotta, a un “target” di consumatori laureandi e laureati dell’università globale, che sanno un poco di latino e di scienze, e si tirano dietro le scuole medie e magari le famiglie».
Ed ecco l’incipit di un altro «ritratto» : «Non più Marino Moretti, poeta e narratore crepuscolare a Cesenatico. O Luigi Moretti, architetto razionalista del complesso Watergate a Washington. Bensì, ecco a noi Nanni Moretti autore di “Habemus Papam”, e come girare a Roma senza soldi». Tra i cineasti non manca un nome famoso, quello di Antonioni, il cui linguaggio offre ad Arbasino il destro per tracciare una linea divisoria tra la Cultura e la Pseudocultura «di chi in genere preferisce pigliare al volo le idee in voga e i concetti già pronti piuttosto che non guardare la realtà coi propri occhi e studiare i libri veramente fondamentali, magari vecchi, per cercare di elaborare qualche idea che debba un po’ meno alla moda e possegga un po’ più di orginalità». E viene in mente il «culturale» di Marc Fumaroli. I «ritratti» , che oscillano fra meritate dissacrazioni e personali nostalgie gli incontri con Pertini ad esempio appartengono tutti o quasi tutti ad una stagione, che Arbasino sa tramontata, «quando i libri non si dividevano ancora in volumi presentati da ministri e volumi non presentati daministri, non abbondavano i capolavori postumi a detrimento delle opere in vita, e il discoso letterario non riguardava solo le cifre delle tirature e dei soldi, che ora costituiscono la “trama” di ogni romanzo».
Naturalmente i giudizi letterari di Arbasino vanno presi cum grano salis. La sua stroncatura della poesia, o contropoesia, di un Lucini, «sfortunato e noioso crepuscolare nostrano», è in buona parte meritata. Ma la sua canonizzazione del linguaggio di Moravia, che gli appare «semplificato» (in realtà monotono e noioso) rispetto a quello «oratorio» (di qualità), di Bacchelli, è piuttosto sfocata. Né possiamo seguirlo nei suo entusiasmi per la transavanguardia.
Ma la sua graffiante scrittura riserva non poche sorprese. Ecco cosa scrive di D’Annunzio: «Quali miti e leggende riesce a elaborare anche nella corrispondenza più quotidiana fra i modesti indirizzi di Anacapri, Francavilla a Mare, Via Piemonte a Roma. E che gettito o sperpero di energie, sentimenti, passioni . Altro che gli “ego” e le famigliuole e le infanzie caserecce e le parentele e i pensierini della successiva letteratura italiana da condominio e da tinello, coi dispiaceri e i disturbi da portineria e da pianerottolo». Dopo tanto antidannunzianesimo antico e recente, ecco l’immortale Albarto ritratto sulla copertina del libro in posa dannunziana: sdraiato su un divano con un libro in mano.