Antonio Castro, Libero 28/6/2014, 28 giugno 2014
I CONTI DELLE PENSIONI: CHI PERDE E CHI GUADAGNA
Al grande banchetto delle previdenza c’è chi paga ed ha con i conti in attivo, e chi versa poco, molto poco, e incassa non solo più di quanto ha versato, ma complessivamente, manda in rosso i conti anche di chi è in attivo.
Nel più assordante silenzio politico, mentre si mettono “pezze” temporanee alle pasticciate riforme precedenti (caso esodati per tutti), salta fuori un quadro preoccupante per il sistema previdenziale italiano. E visto che gli studi governativi sull’evoluzione della spesa pensionistica sono fermi al 2010 (ultimo Rapporto Nuvasp), a «colmare il vuoto» di informazione ha provveduto il Comitato scientifico di “Itinerari previdenziali”, un pensatoio di studiosi, docenti, addetti ai lavori (che spingono per la previdenza integrativa) ed esperti.
Qualche giorno fa in Parlamento il professor Alberto Brambilla (che per anni ha presieduto il Nucleo di Valutazione ministeriale), ha presentato il primo Rapporto sulla previdenza italiana. Nelle oltre 100 pagine del dossier fanno capolino una miriade di dati interessanti. L’aspetto preoccupante, però, è che «nel 2012 la spesa pensionistica complessiva ha raggiunto l’importo di 211 miliardi (e 103 milioni), con uno incremento del 3,3%, sull’anno precedente e del 6,2% sul 2010. L’ammontare delle entrate contributive ha raggiunto l’importo di 190 miliardi (e 404 milioni). Il saldo fra entrate ed uscite è negativo raggiungendo un disavanzo nel 2012 di 20,7 miliardi, + 26,8% circa rispetto al 2011». E quel «+26,8%» del disavanzo previdenziale dovrebbe suonare come un campanello d’allarme per politici, economisti, e, soprattutto, lavoratori.
Tanto più che il buco dei conti pensionistici sarebbe di gran lunga più profondo se non ci fossero gestioni previdenziali in attivo (come quelle dei professionisti e dei lavoratori dipendenti del settore privato), che compensano la voragine nei conti delle altre gestioni.
Avventurarsi nel mare magno dei conti previdenziali è pericoloso come navigare per l’oceano senza bussola. Il disavanzo complessivo, tirano le somme gli esperti, «è reso meno pesante dai saldi attivi della Gestione lavoratori parasubordinati (circa + 7 miliardi nel 2012), e dalle Gestioni delle Casse dei Professionisti (circa +3,1 miliardi nello stesso anno). Diversamente, quindi, il dato complessivo di disavanzo sarebbe passato da –20,7 miliardi ad un ben peggiore –30,7 miliardi».
Insomma, se non ci fossero quelli che continuano a versare l’obolo alla previdenza, ci torveremmo già da 1 anno e mezzo sul ciglio di un baratro infinito. Il problema è che c’è chi dalla mammella previdenziale ha succhiato e continua a mungere tanto, sicuramente più di quanto è stato versato. E chi, come i professionisti, i dipendenti del settore privato e i precari senza un ordine (e un ente previdenziale di categoria), fanno lo slalom tra le sempre più voraci manovre di arrembaggio (spending review,
tassazione aggiuntiva dei rendimenti, ecc). Un assalto per rosicchiare i patrimoni previdenziali oggi esistenti.
La disamina di chi contribuisce maggiormente al “rosso” è molto lunga. Le gestioni che «concorrono maggiormente alla formazione del deficit sono: la gestione dei dipendenti pubblici (ex Inpdap), che nel 2012 ha evidenziato un disavanzo di 23,76 miliardi di euro; la gestione ex Ferrovie dello Stato con un disavanzo di 4.167,6 milioni; la gestione lavoratori agricoli autonomi, che per la sola parte pensionistica, pesa sulla collettività per circa 6 miliardi di euro ogni anno, la gestione degli artigiani con un disavanzo pari a 3.203,8 milioni di euro. Ci sono, inoltre», prosegue il Bilancio realizzato con il contributo anche delle banche dati Inps e degli enti privati, «i cosiddetti Fondi speciali confluiti con contabilità separate nel Fondo pensione lavoratori dipendenti che pur rappresentando meno del 2% del totale dei lavoratori iscritti al fondo stesso (che pesa per circa il 60% dell’intero sistema pensionistico), sono responsabili dell’intero disavanzo».
Ma è la ventilata introduzione dei prepensionamenti per i dipendenti pubblici nel perimetro della riforma della pubblica amministrazione così come annunciato dal ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, a destare più di qualche preoccupazione. Si legge nel rapporto: «Nel 2012 il rapporti tra lavoratori pubblici attivi e pensionati è ulteriormente peggiorato (3.104.000 attivi su 2.812.700 pensionati)». Vale a dire «1 pensionato per 1,1» lavoratore attivo, «il che esclude per logica ogni ipotesi di prepensionamento». Per logica...
Ma la politica è l’arte del possibile: prendendo da chi ha, per dare a chi non ha. Magari facendo leva sulla grande confusione «previdenza/assistenza», e ripianando i buchi ricorrendo alla fiscalità generale. Quindi mungendo pure quelli che sono in attivo. Il titolare del Welfare, Giuliano Poletti, ha già annunciato che con la prossima Legge di Stabilità il governo vorrebbe risolvere «le criticità irrisolte della riforma Fornero». Dobbiamo aver paura?