Paolo Guzzanti, Il Giornale 28/6/2014, 28 giugno 2014
TONINO, IL POVERO MORALISTA SILURATO DALLE MANETTE AI SUOI
La legge del contrappasso punisce Di Pietro, l’ex pm diventato capopopolo in nome dell’etica: dalla Liguria al Lazio, i guai giudiziari del suo esercito lo hanno travolto
Se fossi milanese, e non lo sono, e se avessi avuto la vena di Jannacci, avrei scritto una piccola ballata sul Pover’ Tonin, nel sens’ del moralista sul modello di Pover purcèl nel senso del maiale di Ho visto un re. La sua gente, il suo piccolo esercito moralista, pian piano finisce in galera e immagino quanto Di Pietro soffra. Lo dico seriamente, Milano è stata del resto il suo palcoscenico: noi cronisti di allora eravamo tutti lì nel Palazzo di Giustizia quando Tonino tuonava, sudava, arringava, arrestava, interrogava. Ho ancora due bloc notes neri, fitti delle sue imprese. Lui sembrava un Calvino di Montenero di Bisaccia. E noi giornalisti vivevano aggrappati alla sua toga come i bambini alla gonna materna.
Lui allora ricopriva per intero tutte le fantasie italiane, salvo - immagino - quelle erotiche, incarnando tutti i miti possibili: era l’angelo sterminatore come Saint Just nella rivoluzione francese, il pupazzo dei presepi napoletani di San Gregorio Armeno, l’antipolitica fatta persona, il pre-Grillo, il post Masaniello e se lo avessero messo nella Nazionale avrebbe certamente vinto i mondiali. Troppa grazia, sant’Antonio (Di Pietro). Perse (è la mia opinione) la testa: aveva l’Italia ai suoi piedi e mise all’incasso il patrimonio. Così, gettò la tonaca alle ortiche, si spretò come procuratore e si fece capopopolo in Parlamento inventandosi una surreale Italia dei Valori, una sua invenzione banale e convenzionale.
E così, gli venne in mente di infliggere un esperimento moralizzatore artificiale, diffuso con la sua voce sgrammaticata, tonante nel deserto della gente comune (era evidente il conflitto d’interesse con la sintassi). Ebbe intanto un bel po’ di guai con una scatola da scarpe, una Mercedes che furono pessimi segni premonitori. Poi nella sua arca imbarcò di tutto: discepoli ruspanti, opportunisti di provincia, personaggi fin troppo coloriti come Razzi, e Scilipoti, paesane di bell’aspetto e la schiuma della cosiddetta società civile che si chiamava ancora popolo dei fax. Una ciurma irrequieta e un bel po’ imbarazzante. Passa qualche anno e l’esperimento si chiude: la meglio moralità dipietresca finisce in manette o comunque nei guai. Inquisiti, arrestati, denunciati, una catastrofe: pover Tonin, nel senso del fallimento.
Ieri l’altro, ultimo evento, gli hanno ingattabuiato anche le fresche ragazzette del nuovo che avanza, in Liguria. In quella regione le truppe di Di Pietro sono state peggio dei lanzichenecchi. Fra loro Maruska Piredda e Marylin Fusco, giovani dalle consonanti esotiche, dedite ai rimborsi spese di fantasia, stando a quel che scrivono i magistrati. Di nuovo, roba da vergognarsi. Avrebbero fatto la cresta su ogni genere voluttuario e alimentare a spese del contribuente arrivando a pagarsi il gratta vinci nonché le salsiccia con polenta. Bel risultato. Bella rivoluzione e lezione di moralità. È ovvio che Di Pietro non può chiamarsi fuori: quella roba è tutta sua. Erano tutti miei figli, come si intitolava un dramma di Arthur Miller. Che razza di figli fossero, lasciamo perdere.
Lui e il suo movimento sono diventati da tempo indifendibili ma poiché facevano parte dello schieramento antiberlusconiano con la bava alla bocca, sono stati difesi ben oltre i limiti della prudenza da Marco Travaglio e da Micromega. Cioè da tutto il mondo di coloro che presumono di appartenere alla razza ariana del bene, secondo la lezione del tutto perdente dello struggente Enrico Berlinguer che era struggente come persona, ma che non solo sbagliò tutto politicamente (con lui chiuse di fatto il Pci) ma ebbe la colpa di inventare la creatura genetica dei moralisti superiori, una specie separata da quella della gente comune. Per citare Calvino (che era ligure come gli ultimi disastri causati da gente dell’Idv) Di Pietro e i suoi epigoni somigliano ai personaggi del Cavaliere Inesistente che era un guscio di latta vuoto, mentre l’umanità comune corrisponde al suo scudiero Gurdulù che aveva il torto di rotolarsi nel fango, ma il pregio di essere reale.
Tonino ha avuto dunque quel che prevede la legge del contrappasso: hai speculato sul moralismo genetico e superumano? E adesso béccati non un caso isolato, ma la catastrofe etica, la rottamazione morale (chi volesse l’elenco completo delle malefatte può allietarsi su Internet). Quando era procuratore di Mani Pulite gli estorsi l’unica intervista di quell’epoca. Oggi mi piacerebbe fargliene una seconda per chiedergli: caro Di Pietro, hai visto che fine hanno fatto le tue pretese razziste (sempre nel senso etico ariano)? Nulla da dichiarare? A questa domanda dei doganieri americani Oscar Wilde rispose: «Nulla, tranne la mia genialità». Tu potresti dire altrettanto?