Marco Cremonesi, Corriere della Sera 28/6/2014, 28 giugno 2014
CRAVATTA E CROCIFISSO: BITONCI, LO SCERIFFO DIVERSO DELLA LEGA SIMBOLO OBBLIGATORIO IN SCUOLE E UFFICI PUBBLICI PER IL CARROCCIO ERA GIÀ UN MODELLO QUANDO GUIDAVA IL COMUNE DI CITTADELLA
MILANO — Giancarlo Gentilini, l’ex sindaco di Treviso, quello che voleva utilizzare gli immigrati come leprotti per fare pim-pum-pam, ha voluto metterci sopra il cappello da alpino. Parlando, al solito, in terza persona, ha detto che «lo spirito di Gentilini è passato in quello di Bitonci, il nuovo sceriffo della Lega». Difficile che Massimo Bitonci da Cittadella, 49enne neosindaco di Padova, abbia gradito. Di certo, appena espugnata la città del Santo, 16 anni di amministrazioni di centrosinistra su 21, ha voluto far capire subito il cambio di rotta. In una manciata di giorni ha: disdetto i noleggi delle auto blu, annunciato che le palestre delle scuole non saranno più concesse per le celebrazioni del Ramadan, dichiarato appena un po’ smargiasso via tweet «Ora in tutti gli edifici e scuole un bel crocifisso obbligatorio regalato dal Comune. E guai a chi lo tocca». Del resto, a nemmeno 24 ore dall’elezione, aveva spiegato di non avere intenzione di trasferirsi a Padova. Non subito, quanto meno: «Può essere che un domani, quando l’avremo ripulita e la sentirò più sicura per i miei figli, ci verrò a vivere».
In realtà, però, Bitonci commercialista con due studi avviati a Cittadella e a Dolo, rugbista per passione, è uomo assai diverso dal ruspante Gentilini. E non soltanto perché non usa farsi fotografare pistola alla mano. Per lui, già scout cattolico, parla un curriculum da uomo di numeri e certificazione di bilanci: laurea in Economia a Ca’ Foscari, carriera in PricewaterhouseCooper, esperienza assortita in consigli d’amministrazione che, seppure pubblici o parapubblici, sono stati i passaggi di una formazione non scritta solo nella politica.
Bitonci è atipico per tanti versi. C’è, senza dubbio, un’ostilità all’immigrazione che fa parte di un corredo genetico leghista per tanti versi ormai stinto. Diversamente da tanti colleghi con cravatta verde, però, è meno propenso alla sparata verbale ma deciso come un bulldozer nel firmare ordinanze. Non fa annunci per poi farsi dire che la cosa non si può fare. Lui, prende il provvedimento. E pazienza, anzi meglio, se la magistratura lo mette sotto tiro. Come quando salì alla ribalta nazionale, da sindaco di Cittadella, con quell’ordinanza che prevedeva per gli immigrati un reddito minimo per dimorare in città, e la possibilità per il sindaco di controllare fedine penali e fare segnalazioni al prefetto. Poi, la cosa fu archiviata. Ma già allora la chiesa patavina si inalberò: «Discrimina i poveri». E le iniziative di Bitonci fornirono a Roberto Maroni, allora al Viminale, la prima ispirazione per il decreto Sicurezza. Mentre le sue ordinanze divennero un format per legioni di amministratori leghisti che se le passavano su un apposito forum.
Nell’ottobre del 2009 riuscì a multare un ragazzo perché aveva fatto l’elemosina. Polemiche? Pazienza: «Abbiamo tutta l’intenzione di applicare l’ordinanza effettuando controlli sia su chi chiede l’elemosina che su chi la fa».
Mentre l’anno precedente, nel 2008, ebbe la prima fiammata una sua certa tendenza moralizzatrice. Una multa da 500 euro per le edicole che esponessero nelle vetrine riviste porno. E pazienza se lui è sempre stato un convinto assertore della rinascita dei postriboli e della tassazione della prostituzione: secondo i suoi calcoli, l’erario avrebbe incassato 4 miliardi in pochi mesi. Nell’ottobre 2011, nuova trovata: vietati i kebab a Cittadella. Discriminazione? Macché: lui vietò tutti i fast food. Perché «potrebbero determinare l’abbandono indiscriminato di rifiuti». No anche a sale da videopoker e sex shop. Più tardi, già in Parlamento, su Facebook replicò così alla richiesta di cibo hallal alla bouvette: «Mettiti in fila, caro musulmano. Prima pasta e fasoi, risi e bisi, sarde in saòr e poenta e osei: beccati questa kebabbaro».
Eppure, Bitonci è di tessuto diverso da altri cannoneggiatori professionali leghisti. Tanto che per le sue doti di raccordo, Maroni lo ha scelto come capogruppo al Senato. E nel movimento, è spesso allineato ma mai coperto. Nel 1998, alla sua prima elezione a sindaco di Cittadella, fu incoronato primo cittadino non con la Lega ma con la lista civica degli «eretici» di Comencini. Solo alla seconda elezione, contro un esponente di Forza Italia (partito da lui sempre pochissimo amato), tornò nell’alveo dell’ortodossia. I cittadellesi mai gli hanno fatto mancare il sostegno: quando non ha più potuto ricandidarsi, hanno eletto a furor di popolo il suo vice, da lui indicato.
Maroniano nella gran guerra intestina della Lega, non ha mai legato con l’altro super alleato veneto dell’ora governatore della Lombardia, Flavio Tosi: e gli si schierò contro al congresso per la guida della Liga veneta. Per i giornalisti, una sicurezza: darà ancora del bel lavoro.