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 2014  giugno 29 Domenica calendario

ROMA —

Sorrisetti? Ironie per Gianfranco Fini che torna in politica dopo aver preso lo 0,47 per cento alle elezioni 2013? Li disinnesca lui, subito: «Ci saranno, non me ne curo». L’uomo che ha smontato e rimontato la destra quattro volte e che ha (quasi) smontato Berlusconi dopo averlo affiancato, è di nuovo qui. Palacongressi, Eur, il titolo della convention è «Partecipa». Piccola folla, diciamo 600 persone. Via al filmato con i vincenti italiani, Pellegrini, Valentino Rossi. Il pezzo rock «Human» dei Killers, quello che dice: «Siamo umani o ballerini?» ad alto volume e il giovane presentatore che grida il suo nome: «Gianfranco Finiiii!». Stringe mani per l’intera platea, abito grigio chiaro, fisico in forma grazie a immersioni e bici. «Sono qui perché la destra non c’è più». Dal fondo della sala, contestatore solitario: «L’hai uccisa tu!».
Fini ammette «molti errori», ammette il «risultato catastrofico» della sua creatura Fli, definisce «cosmico» il fallimento dei tecnici e di Monti, suo ultimo alleato. Si complimenta con Renzi, che «ha fatto tornare la politica», che è «veloce, pragmatico, post ideologico» e che «rischia di governare per i prossimi 20 anni, per totale assenza di competitori: a sinistra si sono messi a correre, la destra è statica». Dal fondo della sala, il contestatore solitario: «Tu dov’eri?». Lo pregano di allontanarsi. Ha con sé la bandiera di An, si chiama Giovanni Angelini, è stato seguace di Michelini, Almirante, del principe Borghese, di Berlusconi. Nel 2007 davanti a Montecitorio disse a Fini: «Torna a Gerusalemme».
Fini riprende, a braccio come i politici di un tempo. «L’Italia ha voltato le spalle alla destra. Molti si sono astenuti, altri hanno votato Grillo, altri Renzi. E adesso si può pensare di mettersi tutti assieme dopo aver avuto posizioni incompatibili? Possono salire su uno stesso palco Alfano e Salvini? Meloni che vuole uscire dall’euro e l’europeista Tajani?».
Dunque, ancora Fini? «Voglio contribuire ad allenare una squadra che torni a vincere. Per ora un Renzi di destra non c’è, altrimenti sarebbe qui lui...». La sfida «riparte da dove si è interrotta, quando la destra convinse gli italiani che poteva governare». Fini disegna una destra popolare, repubblicana, europeista, liberale, che mette al centro la concordia fra capitale e lavoro: «Incredibile: il presidente del Consiglio va in collisione con la Cgil e la destra non c’è». Rivolge «un pensiero» ai marò detenuti in India.
A settembre gli imprenditori, i poliziotti, i professionisti intervenuti ieri organizzeranno assemblee nelle regioni e Fini parteciperà a tutte. A dicembre nuova riunione a Roma, per decidere come procedere. In platea ci sono solo alcuni di coloro che accompagnarono Fini nelle ultime avventure, Menia, Raisi, Buonfiglio. C’è, a sorpresa, Luca Romagnoli, già rautiano. C’è Rita Marino, segretaria storica. Non c’è Bocchino, ma potrebbe esserci, dirige il «Secolo d’Italia» online . Altri sono sparsi in giro: Della Vedova è montiano, Granata è Verde, Giulia Bongiorno con Passera. Flavia Perina è condirettrice dell’Adnkronos . Tutti assieme osarono opporsi a Berlusconi, ora Berlusconi si trova in difficoltà e anche tutto il resto, in politica, è cambiato. «Dopo 30 anni faccio l’extraparlamentare, il movimentista», dice Fini. Poi confessa: «In questi mesi ho scoperto la qualità della vita senza politica. Ma la politica è come il tifo per una squadra, quando cominci non ne esci. Non ci sono uomini per tutte le stagioni, ma non si possono rottamare tutti, la mia esperienza servirà a preparare la nuova classe dirigente...».
Andrea Garibaldi

agaribaldi@corriere.it