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 2014  giugno 28 Sabato calendario

L’INGOMBRANTE APPEAL SUL MERCATO DEL DEBITO ITALIANO


Dipende da dove lo si guarda: il debito pubblico dell’Italia è un enorme problema per i partners europei meno indebitati, che non intendono farsi carico dell’indebitamento altrui. È una camicia di forza per la classe politica italiana, un macigno che impone un rigore di bilancio a oltranza a costo di schiacciare la crescita. È oggetto di scappatoie contabili e un tormento per i rating sovrani. Ma è anche un investimento "appetibile" perché rende più di altri bond.
L’asta dei BTp ancora una volta ieri ha confermato la tenuta della domanda, italiana e internazionale, per il debito pubblico italiano negoziabile. I rendimenti italiani calano ma stanno scendendo ovunque nell’Eurozona e lo spread tra i BTp e i titoli tedeschi ogni tanto ha il fiato corto: sono in molti, all’estero, a ritenere che l’Italia non meriti uno spread molto più stretto, nonostante l’invidiabile avanzo primario e il deficit sotto il 3% perché l’Italia non riesce a invertire la tendenza al rialzo del debito/Pil in maniera sostenibile, e cioè assicurando un duraturo rafforzamento della crescita potenziale con riforme strutturali epocali. Renzi piace ai mercati ma non li ha ancora convinti del tutto, non li ha conquistati: restano aperti molti interrogativi, in che tempi? con quali modalità? con quale spessore? verranno realizzate le riforme promesse dal premier Renzi?
Nonostante tutto, i traders non escludono un ulteriore restringimento dello spread, grazie al clima diffuso del risk-on, alla liquidità abbondante, alla compressione dei rendimenti e alla stabilità del Governo Renzi. Barclays prevede un differenziale Italia/Germania a quota 100, Citigroup attorno ai 120 punti entro la fine dell’anno: e questo basta e avanza per mantenere tonici gli acquisti sui titoli del debito italiano, che sovrastano con i loro rendimenti quelli dell’area «core». S&P’s, stando ai pronostici di una schiera crescente di strategist, quest’anno dovrebbe promuovere l’Italia modificando l’outlook da negativo a stabile. E anche questo è un elemento positivo e di sostegno, che servirà nelle prossime settimane a controbilanciare l’umore che storicamente si incupisce sui mercati durante l’estate. A questo si aggiungono le misure straordinarie già annunciate dalla Bce e quelle che restano nel cassetto di Mario Draghi (compresa una inedita formula di qualitative easing o credit easing).
Ma il debito è e resta debito. E se anche da Bruxelles dovesse arrivare il disco verde su alcuni ritocchi contabili, come quello di alleggerire lo stock dei 2.100 miliardi scomputando il pagamento dei debiti commerciali pregressi della pubblica amministrazione, nulla potrebbe cancellare la quantità "extra" di BTp prevista nel programma di emissioni lorde del Tesoro per quest’anno: nei 470 miliardi, che sono un target (non un diktat), il ministero dell’Economia ha conteggiato i circa 35 miliardi previsti dai due provvedimenti sul rimborso dei debiti pregressi della pa (il primo tra i 22 e i 24 miliardi, il secondo da 9 miliardi). Tutto dipenderà dai pagamenti effettivi e da eventuali rimodulazioni: il Tesoro si è attrezzato per coprire l’intero importo ma subordinato ai versamenti effettivi.
Anche la politica ha i suoi target: e trovare nuovi spazi nel bilancio dello Stato per finanziare la crescita resta uno di questi. Un chiodo fisso, in Italia. Ma i mercati restano intransigenti, prendono le distanze dalla contabilità: hanno tollerato l’aumento degli importi in asta dei BTp solo perché il debito pubblico salito per ripagare i debiti pregressi della pa è servito ad allentare il credit crunch che attanaglia le imprese, soprattutto le medie e le piccole. È entrato direttamente in circolo, mirato al finanziamento dell’economia.
Dopo il deficit sotto il 3%, l’avanzo primario e l’obiettivo del pareggio di bilancio strutturale, i mercati guardano ora all’inversione della tendenza del debito/Pil, che dovrà iniziare a calare: ma non basteranno di certo i ritocchi contabili, calcoleranno fino a che punto lo stock del debito pubblico diminuirà con un serio programma di privatizzazioni e dismissioni (anche del patrimonio immobiliare pubblico) da un lato e con la risalita del Pil dall’altro lato.

Isabella Bufacchi, Il Sole 24 Ore 28/6/2014