Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 28 Sabato calendario

PERISCOPIO


«Siamo al tuo fianco». Sul Corriere una pagina per Dell’Utri. Quella per Riina la pubblicheranno domani? Spinoza. Il Fatto.

Sul riconoscimento delle unioni omosessuali riconosciute all’estero, il sindaco di Napoli, De Magistris, ha annunciato un provvedimento palesemente illegale. Quando era pm si sarebbe arrestato. Giuseppe Zola. Il Foglio.

A Balotelli: «Non piangere Calimero. Tu non sei nero, sei solo strano come un italiano, un italiano vero». Mannelli. Il Fatto.

Siamo qui per cambiare il Palazzo. Non accetteremo che cambi noi. Matteo Renzi. Corsera.

«Renzi (sostiene Corrado Passera) ha vinto per il suo ritmo e la sua vivacità, ma anche perché ha giocato a porta vuota, senza veri avversari. Il 40% dei voti a Renzi corrispondono al 20% degli italiani e Passera vuol andare a cercare l’altro 80%. Proponendo cosa? Sistema bipartitico, una sola Camera, importanza strategica dei comuni. Uno Stato che scriva poche, chiare regole, faccia programmi e controlli, senza gravare su imprenditori e cittadini con la burocrazia e gli insopportabili tributi. Fuori i partiti dalle imprese pubbliche, dalla sanità, dalla Rai». Andrea Garibaldi. Corsera.

Fate nesso con chiunque, senza precauzioni. Alessandro Bergonzoni nel suo spettacolo teatrale Nessi.

Arrivare per primo, significa raggiungere un traguardo che ci si era prefissi e poter dire a se stessi: «Non ho sognato». Si corre per un’ansia di superamento umano. L’uomo si differenzia dagli animali anche per questa sua scelta di rischio volontario, per questo suo bisogno di competere. Enzo Ferrari. Il Fatto quotidiano.

La madre di Gianni Baget Bozzo era una ragazza catalana che lo partorì da nubile, gli diede il proprio cognome, Baget, e morì quando lui aveva appena 5 anni. L’altro cognome lo prese dagli zii Bozzo, che l’avevano adottato. Aveva una scrittura un po’ asfittica. Ma era un vulcano d’idee e dimostrava un’intelligenza decisamente superiore alla media. Ogni tanto si faceva prendere da esaltazioni un po’ infantili, come apparve chiaro quando Silvio Berlusconi, nel decimo anniversario della fondazione di Forza Italia, lesse un articolo di don Gianni nel quale egli attribuiva allo Spirito Santo la discesa in campo del Cavaliere. Quando mi chiamava, era capace di tenermi al telefono una mezz’ora. Al termine non ci avevo capito un cazzo però gli dicevo sempre di sì, perché pochi potevano vantare un fiuto politico più fine del suo. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio .

Il socialdemocratico Mangione si rivolse in Tv al Migliore (Togliatti, ndr) dicendogli: «Il partito comunista ha condannato l’uccisione del primo ministro del Congo, Patrice Lumumba, mentre è rimasto indifferente all’impiccagione del primo ministro ungherese Imre Nagy, eroe della rivolta di Budapest nel 1956, vittima del colonialismo sovietico. Le sembra normale per un partito come il suo che, bene o male, dovrebbe essere europeo e non afroasiatico?». Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012.

Mentre il tessuto sociale delle Langhe cominciava a sfaldarsi inesorabilmente, un’aristocrazia contadina (vignaioli, enologi, cantinieri e nobili imprenditori) ha tenuto duro puntando sulle uniche cose su cui si doveva puntare, il vino e la qualità. E bisogna dire grazie anche a Carlin Petrini, l’inventore di «Slow Food», adesso che in molti lo prendono in giro per la filosofia del Km zero. Con lui la Langa ha ripreso a pensare in grande, tentando di scrollarsi di dosso il cattivo gusto, i presepi viventi, i finti Pavese, i finti Fenoglio, i finti Einaudi. Aldo Grasso. Corsera.

Sono un topo di trattoria. Ce n’è una in particolare che prediligo, sepolta nelle nebbie della Bassa, a Malacappa. Dieci anni fa, quando ci capitavo con gli amici, allargavano le braccia: abbiamo già esaurito tutto, non ci avete avvisato. Ma siete senza telefono. Se ci mandate un cartolina verso venerdì, vi prepariamo per la domenica. Adesso hanno il telefono, si sono allargati, ma la cucina è rimasta onesta. Il servizio anzi è migliorato: le due gemelline sono diventate grandi e tutte le domeniche vanno al dancing, alle tre in punto. Servono in tavola a velocità vertiginosa, a ogni portata appaiono trasformate, prima il fondotinta, poi gli occhi truccati, poi gli orecchini di strass; al caffè sono in tuta con paillettes e quando portano il conto hanno già indosso il «piumino». Quattro stelle alla mia trattoria. Luca Goldoni, Viaggio in provincia. Mondadori, 1984.

Ormai da settimane arrivavano treni e treni con vagoni bestiame dal cuore dell’Europa, soprattutto dalla Polonia. Si seppe subito che i cosacchi erano truppe del tutto particolari; anzi, in certo modo, non erano neppure truppe vere e proprie, ma piuttosto un popolo in migrazione di massa. Era la parte di una popolazione che aveva abbandonato le proprie terre vere e proprie perché in radicale disaccordo con i Rossi. I cosacchi arrivavano con i loro cavalli, le carrette, le mogli, i figli, i vecchi, i pope con gli arredi sacri, le icone alla ricerca di una patria provvisoria, dove stabilirsi in attesa di recuperare la propria. Carlo Sgorlon, L’armata dei fiumi perduti. Mondadori, 1985.

Il borghese di Vienna lascia ai forestieri le sale dei ristoranti di città per venire in un Heuriger ad ascoltare la «musica Schrammel», un altro pezzo di Ottocento gelosamente conservato. Il quartetto Schrammel è composto, come ai tempi della fondazione, nei primi decenni dell’Ottocento, di due violini, un cantore e una chitarra. Le vecchie canzoni sono cantate con una quantità di aggiunte frizzanti, commenti: si uniscono al canto gli ospiti che dondolandosi sulle panche continuano a ordinare ancora un Achtel, un Viertel. Le mogli, rosse e accaldate, si aggiustano i cappellini e ridono fragorosamente. Tutto il locale su muta in una bolgia dolcemente nostalgica, senza il fumo, gli ubriachi, gli eccessi della birrerie tedesche. Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Rusconi, 1989.

What this country needs are more unemployed politicians. Edward Langley, Artist (1928-1995).

Un ingegnere e un cavaliere si incontrano per la strada: «Salve, cavaliere senza cavallo!». «Buongiorno, ingegnere senza ingegno!». Gino Bramieri, Barzellette. Euroclub.

Esistono imbecilli superficiali e imbecilli profondi. Indro Montanelli. Corsera.

La sua faccia è lo specchio dei suoi voltafaccia. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 28/6/2014