Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 28 Sabato calendario

PRESIDENTE CON SCIAMANO


Finché c’era soltanto il Fatto a criticarlo, Napolitano poteva tranquillamente infischiarsene. Ma ieri, in un esemplare editoriale di Luigi Ferrarella, anche il Corriere ha sottolineato la grottesca irritualità della sua “lettera riservata” al vicepresidente del Csm Michele Vietti sulla spaccatura alla Procura di Milano: l’ormai famosa missiva che Vietti asseriva di aver letto e di possedere in copia, ma non la faceva leggere a nessuno, custodendola con religiosa devozione in un apposito tabernacolo, come il sacerdote con la Sacra Particola. Però la brandiva da lontano come sfavillante Durlindana per intimare alle due commissioni del Csm che si erano espresse sul caso Milano di sbianchettare ogni sia pur lieve pigolio critico sul procuratore Bruti Liberati, accusato dall’aggiunto Robledo di assegnare i fascicoli più politicamente delicati a un ristretto gruppo di pm fedelissimi, in barba alle regole interne sulle competenze dei pool. Una scena inedita per una democrazia, ma piuttosto usuale nelle società primitive riunite attorno allo sciamano del villaggio, figura-ponte fra gli spiriti soprannaturali e il mondo terreno. Lo sciamano Vietti, previa l’iniziazione nel rituale viaggio psichedelico nel mondo ultraterreno, cioè al Quirinale da Re Giorgio, è uscito dal trance ed è ridisceso in terra, al Palazzo dei Marescialli, con la panacea per guarire la Procura di Milano da tutti i suoi mali. Impossibile conoscere la Fonte di cotanta saggezza: bastava sapere che lo Spirito Taumaturgo si era espresso. I consiglieri non chiesero altro, si prosternarono ai piedi dello sciamano e cambiarono il loro verdetto: le relazioni che invocavano per Bruti l’azione disciplinare furono ingoiate dagli autori, che ne vergarono altre, sempre su carta pergamena, in caratteri gotici e dorati, come si conviene agli ordini divini. Poi però i soliti rompicoglioni, digiuni di sciamanesimo, chiesero di conoscere il sacro incunabolo. Ieri lo spirito del Colle magnanimamente ne ha concessa la lettura anche al volgo dei non iniziati. Non senza sottolineare piccato “le polemiche e strumentalizzazioni” che “persistono” sulla sua persona sacra e inviolabile.
Uno legge e dice: ma è o ci fa? Tipo quando scrive che il singolo pm non ha diritto all’indipendenza e che “il rischio maggiore” in una Procura non sono i pm inetti, pavidi o collusi, ma “l’atomizzazione dell’ufficio”, cioè la presenza di pm attivi e coraggiosi che, grazie al “potere diffuso” che discende dall’indipendenza garantita dalla Costituzione, indagano senza guardare in faccia a nessuno. O quando spiega che il suo intervento a gamba tesa serve a evitare “elementi di disordine e di tensione” nelle Procure. Ora, il disordine e la tensione nasce proprio dal fatto segnalato da Robledo e accertato dal Csm: la Procura di Milano è suddivisa in pool specializzati (Antimafia, Pubblica amministrazione, Criminalità economica, Reati sessuali...), ma Bruti non rispetta neppure le regole che s’è dato. Tant’è che – vedi relazione poi ingurgitata dal relatore – assegna le indagini a capocchia senza dare spiegazioni. È questo che crea disordini e tensioni in Procura: non il fatto che il Csm invitasse Bruti a motivare le sue scelte e a organizzare meglio il suo Ufficio. Ma lo Spirito di Giorgio e il suo Sciamano han fatto sparire quelle esortazioni con una tesi da anni 50: il procuratore è un padre-padrone legibus solutus, un “capo” autorizzato a fissare regole e poi ad applicarle “con equilibrata elasticità”, cioè a violarle o aggirarle. Con il bel risultato di un verdetto pilatesco che copia la lettera scarlatta e lascia la Procura di Milano nel disordine e nella tensione di prima. Il bello è che il Supremo Monito Sciamanico è motivato con “esigenze di funzionalità, efficacia, uniformità e ragionevole durata”. Cioè: se Bruti dimentica per 6 mesi il fascicolo sugli appalti truccati della Sea e proibisce a Robledo di interrogare gli indagati della sua inchiesta sulla piastra Expo, lo fa per la funzionalità, efficacia, uniformità e ragionevole durata? Visto il contenuto, era meglio se la lettera restava segreta. Ora è ancor più chiaro cosa chiede Sua Altezza alla Procura di Milano e a tutte le altre: non disturbate il manovratore.

Marco Travaglio, Il Fatto Quotidiano 28/6/2014