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 2014  giugno 28 Sabato calendario

L’UCRAINA FIRMA UN FUTURO NELLA UE L’IMPERO DI PUTIN PERDE ALTRI PEZZI


Per firmare l’accordo di associazione e libero scambio con l’Unione Europea Petro Poroshenko usa una penna con la scritta «Vilnius, novembre 2013», quella con la quale il suo predecessore alla presidenza ucraina Yanukovich avrebbe dovuto siglare lo stesso documento sette mesi fa. Il suo rifiuto di farlo ha prodotto la protesta sul Maidan, e fatto scoppiare in Europa la più acuta crisi diplomatica dopo la caduta del Muro. Ieri a Bruxelles tutti parlavano di giornata «storica», mentre tre pezzi dell’ex impero sovietico - oltre all’Ucraina la Georgia e la Moldova - si associavano ai 28. Poroshenko e i premier di Tbilisi, Irakly Garibashvili, e di Chisinau, Yuri Lyanke, considerano l’accordo un primo passo verso un’Europa a 31, e José Manuel Barroso non li ha delusi: «Non è un traguardo, è solo l’inizio».
L’associazione prevede il libero scambio, la graduale omologazione degli standard tecnici, legali ed economici e - condizione di vitale importanza per ucraini e moldavi che a milioni lavorano nei Paesi europei - l’abolizione dei visti. Ma al di là dei problemi tecnici sulla faticosa e lunga strada della trasformazione in «democrazie ricche e forti», secondo le prospettive dipinte da Barroso, conta il segnale politico: Bruxelles offre asilo a tre Paesi che la Russia considera suo «vicino estero» e nei quali è intervenuta anche militarmente.
Chisinau - dove quasi la metà della popolazione teme le conseguenze negative dell’integrazione europea - si attende scontento dalla Transnistria e dalla Gagauzia, che si proclamano indipendenti e chiedono l’adesione alla Russia. La Georgia continua a considerare suo territorio l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud, di fatto due protettorati russi costati una guerra con Mosca nel 2008. L’Ucraina chiede il ritorno della Crimea annessa da Mosca tre mesi fa e conta le ultime ore della tregua con i separatisti filo-russi dell’Est, che nel frattempo violano l’armistizio anche con carri armati che Kiev sospetta arrivare dall’altra parte del confine. E il fatto che il presidente Herman Van Rompuy ricorda che gli ucraini sul Maidan hanno «dato la loro vita per l’Ue» e riconosce l’integrità territoriale dei nuovi associati non può non suonare come un segnale per il Cremlino.
Mosca ha osservato accigliata. Il viceministro degli Esteri Grigory Krasin ha riconosciuto il «diritto sovrano» degli ex satelliti sovietici a scegliere la propria strada e ha promesso «gravi conseguenze», mentre il portavoce di Putin Dmitry Peskov ha annunciato imminenti «misure difensive» del suo mercato. Barroso ieri è tornato a rassicurare i russi che l’associazione con l’Ue non è «diretta contro nessuno», ma Mosca insiste che la scelta europea significa una rottura non solo politica ma anche commerciale.
Nei giorni scorsi diversi esponenti russi erano tornati a minacciare liquidazione di privilegi negli scambi ed eventuale chiusura dei suoi mercati per i nuovi affiliati europei. Ma - ricordando la minaccia di nuove sanzioni che continua a venire usata dagli Usa e, con meno convinzione, dall’Ue - il Cremlino si è astenuto da attacchi politici. Il consigliere di Putin Serghey Glaziev che ha dato a Poroshenko del «nazista» e ha accusato l’Europa di aver organizzato un «golpe» in Ucraina per poi «costringerla» all’associazione, è stato prontamente zittito da Peskov: «Non è la nostra posizione ufficiale».
Nei prossimi giorni Mosca terrà le consultazioni trilaterali che aveva chiesto con ucraini ed europei sull’implementazione dei nuovi accordi, ma il premier di Kiev Arseny Yatseniuk ha già avvertito che non sarà un negoziato, ma solo un «chiarimento» tecnico di come funzioneranno gli scambi nel nuovo spazio post-sovietico ormai spaccato tra due poli. L’ex presidente georgiano Mikheil Saakashvili però è convinto che le paure di Putin non siano tanto economiche quanto politiche: «Se l’Ucraina grazie all’Europa diventerà stabile e benestante i russi possono cominciare a essere invidiosi».

Anna Zafesova, La Stampa 28/6/2014