Alberto D’Argenio, la Repubblica 28/6/2014, 28 giugno 2014
L’ULTIMO NO DEL PREMIER A ENRICO LETTA “PER NOI SONO IN CORSA MOGHERINI E D’ALEMA
BRUXELLES.
«Allora Matteo, chi proponi come Alto rappresentante per la politica estera dell’Unione?». È pomeriggio, Angela Merkel chiede un secondo incontro riservato a Matteo Renzi. I due entrano nella saletta della delegazione tedesca all’interno del Justus Lipsius, il palazzone dei vertici europei di Bruxelles. La risposta del premier italiano alla domanda a bruciapelo della Cancelliera è altrettanto netta: «Se c’è bisogno di una donna è Federica Mogherini, se invece serve un uomo sarà Massimo D’Alema». La partita per l’Italia dunque sembra essere decisa, tra le cinque grandi poltrone dell’Unione in ballo in queste settimane avrà quella di Mr Pesc, vicepresidente della Commissione e capo della diplomazia europea. Una scelta che verrà formalizzata il 16 luglio, quando i leader si troveranno di nuovo nella capitale belga per chiudere il pacchetto di nomine dopo che ieri hanno designato Juncker alla presidenza dell’esecutivo comunitario.
Resta però una casella ancora aperta, che nei prossimi giorni potrebbe ancora terremotare quanto fin qui deciso dai grandi d’Europa: quella del presidente del Consiglio europeo, colui che coordina i vertici dei capi di Stato e di governo oggi in mano a Van Rompuy. E qui di nuovo la partita europea si intreccia con l’Italia. In conferenza stampa Renzi ha risposto così a una domanda di un cronista: «Il nome di Letta non è mai stato fatto al Consiglio europeo, l’Italia ha già la guida della Bce con Draghi e non può avere due dei tre grandi incarichi dell’Unione. Il nome di Letta è figlio del dibattito politico italiano». Eppure la figura dell’ex premier in questi giorni ha calamitato l’attenzione di molti leader. Quando la corsa di Juncker alla Commissione sembrava in salita, tanto Van Rompuy quanto Cameron hanno chiesto a Renzi se fosse disponibile a mandare a Bruxelles il suo predecessore a Palazzo Chigi. Ma l’ipotesi è sfumata perché più di un premier pur esprimendo gradimento per Letta, ha osservato che in quel caso Draghi avrebbe dovuto lasciare Francoforte. Impensabile. Ora che il tassello che manca per chiudere la delicata partita delle nomine, molte Cancellerie ripensano a Letta: «È un politico stimato – riassume un diplomatico straniero – potrebbe mettere tutti d’accordo, socialisti e popolari». Il suo nome aleggia dunque al vertice. Soprattutto tra gli sherpa e la “tecnostruttura” di Bruxelles. Negli ultimi due giorni nessuno dei leader lo ha però avanzato esplicitamente. In un singolare gioco di “detto e non detto”. Anche perché proprio la Merkel ha indirettamente fatto riferimento a quel “gioco”. Ed è stata netta nel dire che anche la poltrona che oggi è di Van Rompuy confligge con la presidenza della Banca centrale, al contrario di quanto spesso sostenuto nei circoli diplomatici dell’Unione: «L’Italia non può avere il Consiglio oltre alla Bce», avrebbe detto la Cancelliera nel racconto di uno sherpa presente al summit. E Renzi, racconta chi gli ha parlato nelle ultime ore, ha deciso di scartare Letta anche dalla rosa dei canditati alla guida della diplomazie europea, forse infastidito da un attivismo che imputa al suo predecessore, nonostante il suo nome non sarebbe sgradito ad altri leader: «Al Pse spetterà l’Alto rappresentante e la prima scelta del Pse va all’Italia, visto che il Pd è il partito che ha preso più voti alle europee. Ma il premier italiano sono io e il nome lo indico io», sarebbe la tesi che Renzi sostiene in privato.
Al Consiglio intanto avanzano altre candidature, con una partita ancora aperta tra socialisti, popolari e liberali su chi prenderà l’ambita poltrona. Senza contare che il blocco dell’Est invoca per sé un incarico di peso. Per questo ieri al summit oltre all’olandese Mark Rutte, che sconta la fama di rigorista, e alla danese Thoring-Schmidt, la cui corsa sembra esaurita, è spuntato il nome dell’ex premier Estone, il popolare Andrus Ansip. All’Eurogruppo invece tiene la candidatura dello spagnolo Luis de Guindos. Intanto Renzi, forte della vittoria alle europee, lavora anche alle posizioni di seconda fila ma di grande rilievo politico. Così Gianni Pittella sarà il primo italiano a guidare il gruppo del Pse all’Europarlamento, mentre Roberto Gualtieri sarà presidente della potente commissione economica a Strasburgo. Il premier ieri ha anche dato mandato ai nostri diplomatici di stilare un elenco dei funzionari italiani all’interno delle istituzioni Ue da “accompagnare” nella loro carriera perché, ha spiegato ai suoi, «serve poco avere i commissari se la tecnorazia non premia nessun italiano». Un approccio atteso da tempo dagli italiani che finora, al contrario di molti colleghi stranieri, si sono fatti strada da soli. E lunedì il Consiglio dei ministri nominerà il commissario italiano che sostituirà il dimissionario Tajani negli ultimi 4 mesi nella squadra di Barroso: con ogni probabilità sarà l’ex ambasciatore presso la Ue Ferdinando Nelli Feroci.
Ieri il premier ha avuto a margine del summit due bilaterali con la Merkel, uno per appianare lo scontro del giorno prima a Ypres sulla flessibilità e l’altra sulle nomine. E a fine giornata i due si sono scambiati cortesie a distanza, per far capire che il diverbio è acqua passata. «Renzi – ha scandito la Cancelliera davanti alla stampa - è un premier di grande successo, apprezzo il piano di riforme in 1000 giorni, sono certa che aumenterà la crescita». Renzi ha risposto: «Stimo la Merkel, con lei ho un rapporto molto buono».
Alberto D’Argenio, la Repubblica 28/6/2014