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 2014  giugno 27 Venerdì calendario

TELCO «CHIUDE» CON PERDITE PER 7 MILIARDI IN SETTE ANNI


Telco si fa in quattro. Il consiglio della holding che custodisce il 22,4% di Telecom Italia ha deciso di mettere la parola fine all’infelice avventura, prendendo atto delle disdette arrivate da tutti e tre i soci italiani, Generali, Mediobanca e Intesa Sanpaolo. Con la scissione ci sarà l’assegnazione a quattro società di nuova costituzione, interamente controllate da ciascun azionista, della quota di propria competenza in Telecom: il 14,77% a Telefonica, il 4,32% a Generali, l’1,64% a Mediobanca e l’1,64% a Intesa, con l’attribuzione del debito pro-quota della holding. Poi, ottenute le necessarie autorizzazioni, ciascuno per la propria strada. Senza rimpianti: Telco non è mai riuscita a scrivere un bilancio in utile, se si eccettua quello di solo quattro mesi del 2008, quando – incassati i dividendi ma non contabilizzati per intero gli oneri sul debito – aveva riportato un saldo positivo di 194,35 milioni. E in sette anni di vacche magre la holding ha cumulato perdite per 7 miliardi.
Anche nell’esercizio chiuso al 30 aprile 2014 ha riportato un passivo di 952,5 milioni, dopo oneri finanziari per 120,3 milioni e rettifiche di valore sulle azioni Telecom per 830,5 milioni, per 331,6 milioni derivanti da una svalutazione operata in corso d’esercizio e per 498,9 milioni dovuta all’allineamento del valore di carico ai 92 centesimi per azione, corrispondenti al prezzo di Borsa dello scorso 30 aprile, con ciò annullando il residuo "premio di controllo". Telefonica, che aveva pagato 2,85 euro ad azione, e gli altri soci italiani che avevano apportato il loro pacchetto a 2,5 euro, escono quindi con uno stop loss a 0,92 euro per azione. Ma restano i debiti da ripianare. Nel contesto della scissione è previsto l’integrale rimborso da parte di Telco del finanziamento bancario per 660 milioni e del prestito soci da 1750 milioni più 70 milioni di intereressi maturati fino al 30 aprile, oltre agli interessi che matureranno fino alla data del rimborso. Il ripianamento sarà effettuato in proporzione alle rispettive quote azionarie dai soci di Telco che trasferiranno quindi i debiti di competenza nelle quattro newco.
Il prossimo 9 luglio, intanto, l’assemblea è chiamata ad abbattere il capitale per perdite della società che resterà in vita come scatola vuota fino alla liquidazione finale. Alla data di efficacia della scissione cadranno anche tutti gli accordi che oggi legano i quattro soci. Una matassa da sbrogliare soprattutto per Telefonica, perchè il progetto di scissione dovrà passare al vaglio delle autorità di Brasile e Argentina (il Cade e l’Anatel, l’antitrust e l’authority delle tlc in Brasile; la Cndc, l’Antitrust argentino), dove il gruppo spagnolo opera in concorrenza con Telecom Italia. Per questo nessuna previsione è stata fornita sui tempi. Un ulteriore passaggio autorizzativo all’Ivass riguarda Generali.
Mentre a Milano Telco decideva di sciogliersi, a Roma si è tenuto il cda Telecom, preceduto la sera prima da una cena tra i consiglieri alla Casina Valadier e ieri da un pranzo presso la sede di Corso d’Italia. Ne è uscita una nuova puntualizzazione di governance, con il presidente Giuseppe Recchi che diventa esecutivo, logica conseguenza del venir meno del requisito di indipendenza rilevato nella precedente riunione del board in particolare per la delega ottenuta di supervisione sulle strategie aziendali. La ricaduta del riconoscimento del ruolo esecutivo – che è in contrasto con le indicazioni, pur non vincolanti, del vecchio consiglio Telecom – è che Recchi ha rinunciato alla supervisione sulla compliance e l’audit, che gli era stata inizialmente assegnata. Dal ruolo esecutivo del presidente – che godrà di un compenso annuo fisso di 900mila euro – dovrebbe discendere anche il diritto a partecipare al piano di stock-option. Quello in essere, approvato dall’assemblea a favore dell’ad e del top management, è però legato al piano industriale 2014-2016 al quale Recchi non ha contribuito. E dunque sul tema, per ora, si è deciso di soprassedere. Nel frattempo il cda ha anche deciso di cancellare dallo statuto societario l’articolo riferito alla golden share, che nella legislazione italiana è stata sostituita dal golden power in mano allo Stato.

Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 27/6/2014