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 2014  giugno 27 Venerdì calendario

FELTRI FURIOSO, FA LA FESTA AL “GIORNALE”


Tu quoque, Bruno? Quando Vespa, nel Porta a porta pret-à-porter condotto al Teatro Manzoni mercoledì sera per celebrare i 40 anni del Giornale ha detto che tra i meriti del quotidiano della famiglia Berlusconi c’era l’avere spianato la strada a Libero, Vittorio Feltri non si è più tenuto. Un gestaccio inquadrato dal megaschermo, poi un botta e risposta tutt’altro che festaiolo. “Vespa ha detto una cazzata”, ribadisce lapidario il giorno dopo, “e io le corbellerie non le lascio passare. Libero un giornale berlusconiano? Ma quando mai? Mai sentito Berlusconi, e soprattutto mai avuta una lira. L’ho lasciato nel 2009 a 120 mila copie, più di quante ne vendesse il Giornale, che era in caduta libera. Si può avere qualsiasi opinione sulla qualità, ma questi sono i numeri.” La verità è che sia Feltri, sia l’altro ex direttore Maurizio Belpietro non volevano nemmeno partecipare alla festa dopo avere scoperto come erano stati trattati nel supplemento celebrativo del quarantennale. Un unico pezzo di Feltri dedicato a Balotelli, “a pagina 59 sulle 64 complessive”; e per Belpietro, un fondino scritto a quattro mani con Mario Cervi. Con più onore sono stati trattati collaboratori esterni perfino Beppe Severgnini, tra coloro che fondarono La Voce prima di trasmigrare al Corriere.
Alla fine Feltri e Belpietro hanno deciso di partecipare comunque “per divertirci alle spalle di chi ci ha riservato questo trattamento indegno”. Ma l’incazzatura è aumentata dopo l’intervento di Paolo Berlusconi “che ha pensato bene di non citare né me, né Maurizio; però ha dedicato venti minuti a Montanelli, l’unico che lo aveva mandato a quel paese”. I colleghi in platea, fedelissimi dell’attuale direttore Sallusti, non hanno gradito la sfuriata antivespa. Parlano di un ex direttore depresso, ciclotimico, narcisista. Feltri come Balotelli? “Pazienza, cosa volete che mi importi di quattro poveretti che mi invidiano per quello che guadagno. Però ho voluto rinfrescargli la memoria con un po’ di dati sulle tirature.”
Il clima da “separati in casa” non lo nega. E se gli si chiede se Il Giornale di oggi gli sembri più berlusconiano o montanelliano, ride: “Questa non è una domanda, è una presa per i fondelli. Potrei rispondere a mia moglie, non pubblicamente, visto che ci lavoro ancora”.
Qualcosa ci fa pensare che Feltri non la pensi come Sallusti, che al Manzoni non si è stancato di sottolineare l’indipendenza del quotidiano “fuori dal coro”. “L’orgoglio di avere il lettore come padrone”, titola il pezzo che il direttore si è riservato al posto d’onore del supplemento. Uno potrebbe pensare che forse voleva scrivere “Il padrone come lettore”, e invece no, perché Sallusti considera il suo giornale infinitamente più libero, ad esempio, del Corriere della sera “dove vige un conflitto di interessi enorme ma occulto, che va dalla Fiat, alle banche alle industrie. Lo dico perché ci sono stato” (a quel tempo, evidentemente, non apprezzava così tanto la libertà come oggi). E se qualcuno avesse dei dubbi in proposito, lo ha rassicurato con logica cartesiana: “Non capisco queste critiche alla nostra indipendenza. Io mi riconosco nell’area moderata da sempre, da ben prima di arrivare al Giornale.” Capito? Il Giornale non crede nelle battaglie di B. perché è pagato: è pagato perché ci crede.

Nanni Delbecchi, Il Fatto Quotidiano 27/6/2014