Claudio Visani, Venerdì 27/6/2014, 27 giugno 2014
PETROLIO E GAS IN ADRIATICO: IL GOVERNO DICE SÌ ALLE TRIVELLE
BOLOGNA.
La strada del fracking, la tecnica di frattura idraulica delle rocce che permette di estrarre gas e petrolio fino a seimila metri di profondità, «non è percorribile in Italia», assicura il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi. «Occorrerebbero grandi estensioni e territori poco abitati, oltre a ingenti quantità d’acqua disponibili» spiega il direttore generale delle risorse minerarie ed energetiche, Franco Terlizzese. «Lo sfruttamento dello shale gas può andare bene in Texas o in Arizona ma non in paesi come il nostro». Ma se questa scelta che, secondo i contrari, alimenterebbe l’inquinamento delle falde e i terremoti, per ora sembra non essere all’orizzonte, nell’Adriatico ricompaiono le trivelle. Quelle «tradizionali» che, in Italia, furono fermate dodici anni fa perché ritenute corresponsabili dello sprofondamento di Venezia e di gran parte della costiera.
Per il momento le trivelle in funzione non sono italiane ma croate. L’esplorazione è già cominciata. E in programma ci sono, a breve, concessioni per 29 blocchi di fondale dal quale estrarre gas naturale e petrolio, dal Golfo di Trieste fino alla costa del Montenegro. E così la corsa della Croazia allo sfruttamento dei giacimenti marini di idrocarburi spinge anche l’Italia a ripensare il blocco dei pozzi. Un divieto che al momento è totale nell’Alto Adriatico a nord del Po, così come entro le 12 miglia lungo tutta la costa, mentre per le altre zone il divieto è superabile dopo una valutazione di impatto ambientale sulla base di nuovi studi forniti dalle compagnie petrolifere che devono dimostrare la «compatibilità ambientale della coltivazione». Ma ora la crisi economico finanziaria e l’ansia di crescita del Pil, combinate con le incognite che gravano sul rifornimento di gas dall’Ucraina e con la concorrenza Croata, sembrano destinate a modificare la politica del governo italiano. «Riprendere le esplorazioni di idrocarburi è un passaggio a cui non possiamo rinunciare per arrivare a una bolletta energetica più leggera e sostenibile» dice il ministro Guidi. «Certo, la sicurezza ambientale non va sacrificata, ma non possiamo permettere che intransigenze ambientaliste o resistenze locali blocchino esigenze nazionali di questa portata». «Io vorrei un mondo che cresce con le energie rinnovabili e senza trivelle, ma ancora non ci siamo» dice il ministro dell’Ambiente, Gian Luca Galletti. «Nella transizione i combustibili fossili ci servono ancora e vanno estratti, pur se con le dovute garanzie. Applicheremo la legge, ma senza veti, verificando caso per caso se e dove ci sono le condizioni per farlo». Anche l’ex premier Romano Prodi si è schierato a favore del maggior sfruttamento dei nostri giacimenti proponendo di «bere con due cannucce» le riserve dell’Adriatico. Ma i governatori delle Regioni adriatiche e un largo fronte ambientalista avversano la svolta, temendo ulteriori danni alla Laguna veneta e al territorio costiero, oltre a ripercussioni negative sul turismo.
Claudio Visani, Venerdì 27/6/2014