Carlo Panella, Libero 27/6/2014, 27 giugno 2014
IN IRAQ ADESSO È CACCIA AI CRISTIANI USA COSTRETTI A STARE CON ASSAD
I terroristi islamici dell’Isis hanno bombardato ieri un gruppo di villaggi abitati da cristiani nella zona di Hamdanya a 75 chilometri dal Kurdistan. Un bombardamento privo di ogni ragione militare che ha la terribile funzione di mobilitare e fare proselitismo nelle file dei tanti musulmani “moderati” che considerano i cristiani idolatri che venerano oggetti. Una lunga fila di automobili con i crocefissi appesi ai lunotti posteriori, strapiene di profughi cristiani si è quindi mossa in colonna verso il Kurdistan iracheno, unica regione che garantisca una efficace protezione militare e libertà di coscienza.
È questo un ulteriore risvolto barbaro della avanzata dei terroristi dell’Isil, che sommano alle crudeltà nei confronti degli sciiti, un odio sfrenato nei confronti dei cristiani. Nelle città occupate l’Isil impone ai cristiani il pagamento della jiza, la tassa di sottomissione in vigore nell’Islam sino al XIX secolo, li sottopone a vessazioni e li costringe alla fuga. Migliaia sono i cristiani e gli sciiti di Mosul che hanno abbandonato la città 17 giorni fa quando fu conquistata dall’Isil, con un effetto terribile, denunciato Bashar Matti Warda arcivescovo caldeo di Erbil: «Per la prima volta in 1600 anni il 15 giugno a Mosul non è stata celebrata la messa domenicale». Il vescovo caldeo ha chiesto un «piano d’emergenza» per difendere i cristiani dagli attacchi non solo dei terroristi, ma anche dalla intolleranza dei sunniti in genere e delle autorità di governo e ha fornito le cifre secche di questo dramma: «Se nel censimento del 1987 la minoranza cristiana in Iraq contava circa un milione e 400mila fedeli, le stime odierne non superano le trecentomila persone. Un numero che ora si ridurrà ulteriormente». Appello che rimarrà inascoltato.
Sul piano militare ieri si è sviluppata la prima, timida, controffensiva governativa contro l’Isis. Innanzitutto l’aviazione siriana ha continuato a bombardare all’interno dei suoi confini e su suolo iracheno colonne dell’Isil nella zona di al Qaim, con plauso del premier di Bagdad al Maliki, nonostante che nell’operazione siano morti 57 civili iracheni. Due elicotteri hanno poi calato un commando governativo che si è impadronito dell’università di Tikrit, cuore del “triangolo sunnita”. Due episodi che in realtà rivelano l’estrema debolezza militare del governo di Bagdad che, nonostante le roboanti dichiarazioni di al Maliki, non sa sviluppare una controffensiva di terra e si deve affidare solo alle forze aeree. Il risultato è che l’Isis ha conquistato un’altra città, al Boukmal, e ha rafforzato il suo controllo sulla strategica raffineria di Baji, che rifornisce di benzina il centro del paese. La travolgente avanzata dell’ Isis gli ha inoltre permesso loro di ottenere un grande successo politico: dopo mesi di combattimenti i terroristi siriani di al Nusra, sezione di al Qaeda, non solo si sono alleati con l’Isil, come si è saputo mercoledì, ma accettano addirittura «la sua guida».
Intanto i primi 130 “berretti verdi” inviati da Obama si sono installati a Bagdad per aiutare i generali iracheni a «individuare i target dell’Isis da colpire». Si è dunque creata una situazione paradossale: i militari Usa combattono per un governo di Bagdad in un contesto in cui le uniche azioni militari di contrasto all’Isis sono condotte dall’aviazione di Assad e dai pasdaran iraniani, che riforniscono l’Iraq di armi di ogni tipo. Una tragica alleanza di fatto Usa-Assad-Iran, con gli Usa subordinati e privi di peso politico. Mike Rogers presidente della Commissione intelligence della Camera Usa ieri ha così sintetizzato questa follia: «L’ avanzata dell’Isil non è un fallimento dell’intelligence, è un fallimento della politica: Obama aveva avuto specifiche informazioni sulle attività e i movimenti dei jihadisti ma non le ha sfruttate. Li abbiamo osservati quando si radunavano, abbiamo osservato il dibattito tra al Nusra e Isis, abbiamo osservato le preoccupazioni del leader di al Qaeda, Zawahri, per provare a farli tornare in riga, abbiamo osservato i loro campi che venivano costruiti e sviluppati, li abbiamo osservati mentre si procuravano armi, abbiamo osservato mentre ottenevano finanziamenti, abbiamo osservato persone con passaporto occidentale che si presentavano nei loro campi, li abbiamo osservati tutti. Non abbiamo fatto nulla. Quanto accade è il risultato dell’indecisione della Casa Bianca che è una politica».