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 2014  giugno 27 Venerdì calendario

UN SECOLO DI CRAVATTE


Venti metri quadrati di eleganza e travolgente simpatia. Compie un secolo Marinella, il più celebre artista della cravatta. Napoletano fino al midollo, con un occhio al british style, questo diamante del made in Italy è un gioiello sui generis. Era il 26 giugno 1914, quando Eugenio Marinella aprì bottega al numero 287 della Riviera di Chiaia e oggi la griffe è ancora al suo posto. Stesso locale, con respiro del mare del golfo. Sta lì tra gli arredi di sempre, i lampadari che gocciolano cristalli, le centinaia di cravatte dai microdisegni gettate sul bancone, le sfogliatelle calde da offrire all’amico che arriva. Ha tanto di nuovo da dire, ma lo dice alla sua maniera. Con lo sguardo alle tradizioni, l’amore per l’artigianato e una filosofia partenopea di cui in azienda vanno gloriosi. Al timone c’è Maurizio, terza generazione. Dopo nonno e dopo papà Luigi, è arrivato questo signore affabilissimo. «É già in pista la quarta ondata», dice e si diverte a snocciolare la storia di Marinella.
L’UNICITÀ
Orgoglioso, di quanto disse Matilde Serao, all’inaugurazione, nella sua rubrica sulle colonne del quotidiano Il Giorno: «Alle signore, Marinella offre viole e ai signori colonie inglesi Floris». La passione per lo stile anglofilo invita il capostipite a importare, primo in Italia, marche inglesi come Aquascutum e Penhaligon’s, e i tessuti dal Kent. C’è da sempre un gran feeling tra lo chic d’Oltremanica e i signori che vivono sul Vomero e si vantano di mandare a stirare le camicie a Londra. Diventano affezionati e assidui gli Agnelli, i Savoia, i Borbone. «Sono venuti tutti qui, perchè noi non spediamo niente. Chi vuole una nostra cravatta la deve scegliere in questi metri quadri che sono la nostra storia. Mi chiamano dal New Jersey e mi dicono, come faccio? Io sono qui e vorrei una vostra cravatta. Rispondo, mio caro signore ognuno al mondo ha i suoi problemi. Il suo è di essere così lontano, venga, lo accogliamo col caffè fumante». A forma di tazzina hanno anche piegato uno dei loro più celebri accessori e lo hanno piazzato su un sito che ha la stessa verve e accogliente allegria della famiglia Marinella. Online, però, si ammira, ma non si ordina. Nella schiera di sostenitori prima di tutti il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che ha fatto visita a Marinella nei giorni scorsi. «Sono venuti tutti i Kennedy, il Presidente John compreso. Sono stati qui il primo Presidente della Repubblica italiana, Enrico De Nicola, i francesi Chirac, Mitterand e Sarkozy, il principe Carlo d’Inghilterra, e poi Mastroianni, Totò, De Filippo, Ettore Scola. Tutti convinti che la cravatta sia l’accessorio per eccellenza del guardaroba maschile»».
L’AZIENDA
Eppure, molti stilisti hanno decretato la morte della cravatta. «Niente di più sbagliato. Basta guardare consigli di amministrazione e telegiornali. Marco Mengoni fa i suoi concerti con tanto di cravatta. E pure i Modà. I giovani ne vanno pazzi». Settanta dipendenti addetti alle inconfondibili cravatte che hanno pois, fiorellini, righe, piccole geometrie. Ogni pochi giorni sul bancone c’è una collezione nuova. «I modelli sono quasi sempre gli stessi, ma i tessuti li facciamo fare in metraggio limitato». Di fatturato non parlano. È l’atmosfera che conta. È il privilegio di essere unici nel mondo. Le multinazionali del lusso fanno una corte spietata. «Ci offrono 80, 100, 150 milioni di euro. Ma, non vendiamo». Università di economia arrivano sulla Riviera di Chiaia per studiare il fenomeno Marinella. Al primo piano profumi, camicie, maglie, cappelli, foulard. Niente abiti. Con le cravatte hanno fatto centro. «Ne facciamo centocinquanta al giorno nei nostri laboratori. Ma la richiesta è di novecento». Cosa è una cravatta per l’uomo? «Uno stato d’animo, è la dichiarazione di come vuoi apparire. Un modo per trasmettere virilità. Un messaggio erotico».
Il negozio è aperto tutto l’anno e il signor Maurizio Marinella, è lì ogni giorno dalle sei e mezza del mattino. «L’ora più bella. Zero traffico e chiacchiere col cliente. Vogliamo dare un’immagine positiva di Napoli, troppo spesso ricordata per discariche, sporcizia e per tutto il resto». Un dettame di oggi? «La cravatta deve essere tra gli otto centimetri e mezzo e i nove. Chi la fa su misura, la sceglie come vuole».