Francesca Basso, Corriere della Sera 27/6/2014, 27 giugno 2014
A SKY E MEDIASET LE 8 STAR DELLA SERIE A LA LEGA CALCIO RINUNCIA A 130 MILIONI
MILANO — Campionato di calcio 2015-2018 (tre stagioni): alla fine i tifosi italiani potranno scegliere di vedere o tutte le partite della serie A su Sky, oppure i match delle otto squadre principali (che includono Juventus, Inter, Milan, Napoli e Roma) su Mediaset Premium, che trasmetterà anche le dirette gol e gli highlights, cioè i momenti salienti di tutte le partite. Sky avrà l’esclusiva sulle 12 squadre minori.
Dopo giorni di polemiche e di accuse, di diffide e contro-diffide, i maggiori operatori della pay tv sul mercato italiano si sono seduti intorno a un tavolo — l’amministratore delegato Andrea Zappia per Sky e l’amministratore delegato di Rti Marco Giordani per Mediaset — «costretti» alla trattativa dalla Lega Calcio, che ha atteso fino all’ultimo momento utile previsto dall’asta per assegnare i diritti tv per le partite di serie A 2015-2018. Obiettivo dei club evitare strascichi legali quasi inevitabili a causa del bando, steso dall’advisor Infront, che ha evidenziato alcune criticità, rese manifeste dalle offerte incrociate dei due principali operatori in gara.Il risultato ultimo, comunque, dipenderà dal via libera dell’Agcom alle sublicenze.
L’assemblea della Lega Calcio si è conclusa ieri in tarda serata con l’assegnazione delle otto squadre principali a Sky su piattaforma satellitare mentre a Mediaset vanno le stesse otto squadre principali ma sul digitale terrestre e il pacchetto delle 12 squadre minori, che in base all’accordo saranno cedute a Sky. Secondo l’intesa, Mediaset pagherà 373 milioni di euro e Sky 572 milioni. Tali cifre probabilmente però non corrisponderanno a quello che materialmente le due società dovranno pagare per ottenere l’assegnazione dei diritti dall’assemblea prima dello scambio. Rispetto alle ipotesi fatte in precedenza, la cifra versata complessivamente ai club scende sotto il miliardo e sarà inferiore di circa 130 milioni di euro, ma comunque maggiore di 116 milioni rispetto al campionato 2013-2014, quando la Lega incassò 838 milioni. Per il triennio 2015-2018 i club riceveranno circa 945 milioni all’anno, ma mancano ancora i diritti per Internet (l’asta è andata deserta), l’estero e il chiaro.
Ricapitolando, per i diritti tv della serie A la Lega Calcio aveva messo a gara cinque pacchetti: A) tutte le partite delle 8 squadre principali solo per la piattaforma satellitare. B) Stessa offerta ma solo per il digitale terrestre. C) Interviste e spogliatoi. D) Tutte le partite delle altre 12 squadre (a prescindere dalla piattaforma). E) Qualche partita su Internet. All’apertura delle buste, Sky ha offerto 357 milioni per le partite delle 8 squadre principali sulla piattaforma satellitare e 420 milioni per il digitale terrestre, 120 milioni per le altre 12 squadre. Mentre Mediaset ha offerto 350 milioni per il pacchetto A, 280 per il pacchetto B e 306 milioni per il D. La Lega ha dunque assegnato a Mediaset il pacchetto B e il pacchetto D e a Sky Italia il pacchetto A. Il gruppo di Murdoch paga circa 8 milioni di euro in più con 76 partite esclusive in più (e l’esclusiva delle interviste e delle immagini degli spogliatoi, pacchetto C in trattativa privata) rispetto alla situazione attuale. Mentre il Biscione pagherà circa 105 milioni in più (ora sono 277 milioni di euro a stagione) per 72 match in meno (prima aveva 12 squadre), ma coprirà comunque il 90% della tifoseria tv.
La decisione è stata combattuta, ci sono voluti quattro giorni di discussioni tra i 23 club (hanno partecipato anche le tre promosse Cesena, Palermo ed Empoli e le tre retrocesse Bologna, Livorno e Catania) prima di arrivare a una decisione all’unanimità con un astenuto: la Fiorentina. Del fronte del no all’assegnazione secondo i criteri suggeriti dall’advisor Infront (ciascun pacchetto all’offerta maggiore, quindi per piattaforme incrociate) facevano parte anche Juventus, Roma e Napoli. Il dibattito ha preso anche in considerazione tutte le ipotesi, inclusa quella di rifare il bando, finché i broadcaster non hanno deciso di andare alla trattativa.