Vittorio Malagutti, L’Espresso 27/6/2014, 27 giugno 2014
IN BANCA SI VIAGGIA OFFSHORE
Eccoli qui, gli emigranti del fisco. Emigranti miliardari, addirittura. Questa volta però niente spalloni e neppure acrobazie societarie sul filo del rasoio. Tutto legale. Tutto ufficiale. Ogni anno i giganti della finanza nostrana, grandi banche e assicurazioni, risparmiano decine di milioni in tasse grazie a un gioco semplicissimo. I soldi dei clienti, raccolti in Italia, vengono gestiti da società con base a Dublino, oppure in Lussemburgo. Già, perché sotto il cielo d’Irlanda, ma anche nel Granducato, le imposte sui profitti societari sono irrisorie. La giostra gira da anni, con guadagni colossali per gruppi come Mediolanum, Fideuram, Banca Generali, Azimut. Di recente però, l’Agenzia delle Entrate ha stretto le maglie dei controlli, con alcune verifiche mirate, per frenare eventuali abusi.
Di certo, almeno per adesso, il viaggio oltre frontiera resta molto conveniente per i banchieri. Basta un ufficio offshore, poche decine di dipendenti, e il gioco è fatto. Conti alla mano, si scopre che i grandi marchi del risparmio gestito hanno i piedi ben piantati nella Penisola, ma il portafoglio è al sicuro molto più a Nord, nei paradisi fiscali dell’Unione Europea. Qualche esempio? Eccolo. Mediolanum, la banca costruita attorno a te, quella di Ennio Doris, amministra da Dublino un tesoro da 25 miliardi. Azimut, un altro gigante (quotato in Borsa) dei fondi d’investimento, ha parcheggiato in Lussemburgo qualcosa come 16 miliardi. Poco distante c’è Banca Generali, che nel Granducato ha un patrimonio in gestione di oltre 14 miliardi. Ma a guidare il gruppo c’è Banca Fideuram del gruppo Intesa, con oltre 35 miliardi raccolti in Italia e spediti in Irlanda.
La gestione del risparmio frutta ricche commissioni, ovviamente a carico dei clienti, e questi proventi vanno ad ingrassare il bilancio delle filiali irlandesi e lussemburghesi. Solo che a Dublino, come pure in Lussemburgo, il fisco è molto più leggero rispetto all’Italia. Profitti alti, prelievi bassi: l’ideale. Ecco perché il trasloco conviene. E a ben guardare non è solo questione di tasse. In Irlanda e in Lussemburgo le norme che regolano la gestione dei fondi, per esempio in tema di commissioni, sono meno severe rispetto a quelle in vigore in Italia. Di conseguenza, aumentano le possibilità di guadagno per i gestori.
Analizzando i bilanci si fanno scoperte sorprendenti. Azimut, per esempio, l’anno scorso ha pagato tasse solo per il 15 per cento dei propri guadagni. Possibile? Certo, basta passare dal Lussemburgo. Az Fund management, la filiale con base nel Granducato, amministra decine di fondi comuni distribuiti dal gruppo guidato da Pietro Giuliani. La gestione rende, eccome. A bilancio risultano commissioni per quasi 380 milioni di euro. Dedotti i costi per circa 200 milioni, restano profitti per oltre 180 milioni, circa 156 milioni al netto delle tasse. Come dire che i guadagni di Azimut vengono di fatto realizzati per intero in Lussemburgo. Grazie al fisco leggero del Granducato, il bilancio del gruppo viaggia a tutta velocità. I conti del 2013 si sono chiusi con 156 milioni di profitti su un giro d’affari complessivo di 472 milioni. A conti fatti sono 30 euro di utile ogni 100 di ricavi.
A Trieste, sede del gruppo Generali, la musica non cambia. Al riparo dell’ombrello fiscale lussemburghese, la controllata Banca Generali ha fatto il lifting ai propri bilanci. Del resto, la gestione dei fondi è un ottimo affare. La ripresa dei mercati finanziari, insieme ai bassi rendimenti offerti dai titoli di Stato, ha spinto molti investitori a puntare sul risparmio gestito. E così la raccolta aumenta e con la raccolta crescono anche le commissioni per le banche.
Non c’è da sorprendersi, allora, se Generali fund management, sede in Lussemburgo, nel 2013 ha fatto il pieno di ricavi: 247 milioni contro i 200 milioni dell’esercizio precedente. Gli utili sono aumentati di conseguenza. Dai 100 milioni del 2012, l’anno scorso i profitti hanno toccato i 106 milioni. E le tasse? Spiccioli, solo 13 milioni, che corrispondono a un prelievo del 10,7 per cento sui guadagni lordi (120 milioni).
Dal Lussemburgo all’Irlanda il panorama non cambia. Da anni ormai Dublino è diventata una sorta di hard discount del fisco e le pressioni di Bruxelles per frenare quella che appare come una concorrenza sleale contro gli altri Paesi dell’Unione Europea hanno fin qui prodotto risultati modesti. Anche Mediolanum e Banca Fideuram hanno fatto rotta verso la terra dello scrittore James Joyce, dove entrambe hanno trasferito le proprie attività di gestione di fondi. Una scelta che ha fruttato decine di milioni di euro in termini di minori tasse.
Nel 2013 il gruppo fondato da Doris ha versato al fisco di Dublino un obolo (si fa per dire) di 43 milioni. Poca cosa, se si considera che la controllata Mediolanum international fund ha chiuso l’anno con poco più di 346 milioni di profitti. A conti fatti, il prelievo fiscale si aggira intorno al 12,5 per cento. Vale un discorso simile per Banca Fideuram, che nel 2013 ha guadagnato circa 177 milioni sui 260 milioni di giro d’affari realizzato in Irlanda. L’ammontare delle imposte pagate l’anno scorso dalla filiale di Dublino non è stato ancora reso noto. Nel 2012, però, l’imposta aveva superato di poco i 23 milioni su 184 milioni di profitti lordi. In Italia, lo stesso bilancio avrebbe subito un prelievo non inferiore ai 50 milioni.
Insomma, un affarone per la banca. Tutto regolare? Da qualche anno i controlli della Guardia di Finanza si sono fatti più stringenti. Per prima è finita nel mirino Mediolanum che si è vista contestare una parte del gran flusso di commissioni che dalle società italiane finisce nelle casse di quelle irlandesi. Uno schema studiato apposta, questa l’accusa, per trasferire quanto più denaro possibile in un Paese a bassa fiscalità. Tra verdetti e ricorsi, la controversia si trascina da più di tre anni. Nell’ultimo bilancio, però, Mediolanum ha accantonato 53 milioni per far fronte ad eventuali sanzioni ritenute «probabili».
Azimut invece non rinuncia ad alzare le barricate. Il fisco nostrano l’anno scorso ha chiesto la restituzione (con gli interessi e le sanzioni del caso) di quasi 160 milioni di imposte non pagate dalla controllata lussemburghese Az fund management. «Niente da fare», è stata la risposta. Quelle pretese sono «illegittime e infondate». La battaglia è solo agli inizi. E andrà di sicuro per le lunghe. Alla fine si vedrà se il Granducato è ancora un rifugio sicuro per i colossi italiani del risparmio gestito.