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 2014  giugno 26 Giovedì calendario

L’IPPICA INCIAMPA SUI SOLDI


Stavolta l’ostacolo è veramente troppo alto. Pochi giorni fa, dopo anni di «buco», la Federazione italiana sport equestri (Fise) ha presentato il suo bilancio per il 2012. E per la prima volta dal 2008 la giunta del Coni lo ha approvato. Insomma, finalmente un bilancio corretto, trasparente e perfino redatto con l’ausilio di Pricewaterhouse & Coopers, una delle grandi società di certificazioni di bilanci. Ma terribilmente negativo: la perdita di esercizio per il 2012 è di 7 milioni 830 mila 150 euro e il deficit del patrimonio federale è di 8.920.136 euro. Una voragine da primato per una federazione sportiva.
Come si è arrivati alla frana che ha travolto una delle eccellenze olimpiche italiane che ci ha regalato onori, titoli e medaglie? Dice l’avvocato Gianfranco Ravà, nominato dal presidente del Coni Giovanni Malagò commissario straordinario l’11 luglio scorso: «Si è detto e si è scritto di tutto, si è parlato di spese allegre, di auto blu, di alberghi a 5 stelle. Su questo c’è una denuncia che abbiamo fatto alla Corte dei conti e il lavoro della procura è nella fase istruttoria, quindi non voglio dire nulla. Ma penso che il vero problema sia stata una gestione poco attenta, senza un vero controllo centrale».
Ravà non lo dice, ma si capisce che la presidenza di Andrea Paulgross negli anni in cui il bilancio non veniva presentato (2009, 2010 e 2011) abbia generato la voragine. Nel bilancio 2012 appena approvato la voce più corposa del deficit sono gli accantonamenti «per rischi e oneri»: 4.560.910 euro per le vertenze maturate negli anni di gestione «allegra». Ci sono più di cento cause aperte, da fornitori che non sono stati pagati a consulenti che lamentano danni per centinaia di migliaia di euro, da dipendenti assunti direttamente dai ben 21 comitati regionali (uno in Trentino e uno in Alto Adige) e poi licenziati, a società che chiedono cifre pazzesche come la HC Media, che ha citato la Fise per 10 milioni di euro sostenendo di aver fatto investimenti sulla base di lettere di accordi poi non mantenuti per la creazione di un canale televisivo dedicato.
Esemplare la gestione del Centro equestre federale dei Pratoni del Vivaro, un’area di 145 ettari alle porte di Roma costruito per le Olimpiadi del 1960 e fiore all’occhiello dell’equitazione mondiale. Il centro è stato dato in gestione dal Coni alla Fise e la federazione ha creato a sua volta una società di servizi, la Equestrian Service. Ma le cose non sono andate bene visto che ora la Equestrian Service è stata posta in liquidazione con oltre 1 milione di deficit. La Fise ha riconsegnato il centro al Coni. L’area, ormai in abbandono, fa gola a molti e già ci sono ipotesi di un megacampo da golf o di una gigantesca lottizzazione.
Sullo sfondo del dissesto si stagliano le figure degli ultimi due presidenti: Andrea Paulgross (al vertice dal 2008 al 2012) e Antonella Dallari, che è stata presidente per dieci mesi, da luglio 2012 a luglio 2013. I due sono rispettivamente i capi incontrastati, una specie di «vicerè», della Toscana (Paulgross) e dell’Emilia-Romagna (Dallari). Non si sono mai amati. Della gestione Paulgross è stato detto, scritto e anche denunciato alla Corte dei conti (perché la Fise, come tutte le federazioni sportive, vive di soldi pubblici e il Coni contribuisce al budget 2012 con 4 milioni e 556 mila euro) che in tre anni ha speso oltre 400 mila euro per una macchina con autista. Oppure che ha percepito un compenso di oltre 100 mila euro l’anno mentre la maggior parte dei presidenti di federazione lo fanno a titolo gratuito o con emolumenti molto inferiori. Sull’altro fronte (quello della Dallari) si è parlato di una società di servizi, la Touch of Class, che gestisce l’attività equestre in Emilia-Romagna e che è di proprietà di Alberto Zecchini, compagno della Dallari. Oppure si ricorda che, una volta diventata presidente della Fise (prima donna presidente di una federazione sportiva), ha messo a capo del potente comitato regionale dopo regolari elezioni una persona di sua fiducia. Peccato che, dopo la Fise, è stato commissariato anche il comitato regionale dell’Emilia ed è così stata tagliata anche la Touch of Class. Per capire il potere che dà l’essere presidente di una federazione sportiva, e la conseguente lotta per conquistarlo meglio due parole su come avviene l’elezione del presidente. Hanno diritto di voto i centri ippici con almeno un anno di affiliazione che in Italia al momento delle elezioni del 2012 erano 1.778. Ogni centro ippico ha quattro persone con diritto di voto: il presidente, il rappresentante dei cavalieri, quello dei tecnici e quello dei cavalieri proprietari di cavalli. Ma la cosa clamorosa è che il voto del presidente vale sette voti e che ogni presidente può portare con sé sei deleghe di altrettanti presidenti di società. Questo significa che in teoria ogni presidente esprime 49 voti.
Ma c’è di più: il numero delle deleghe ammesse per presidente aumenta se cresce il numero dei centri ippici e se questo supera i 10 mila, ogni presidente può portare un massimo di 40 deleghe, ovvero 280 voti. Un meccanismo non proprio trasparente, che si presta alle manovre dei grandi elettori che raccolgono deleghe da distribuire ai presidenti più fidati. Alle ultime elezioni del 2012 sono andate a votare 2.035 persone che hanno espresso la bellezza di 10.090 voti grazie all’assurdo numero di deleghe ammesse.
Si racconta anche di deleghe «comprate». Un comitato regionale importante avrebbe addirittura noleggiato un charter per portare al voto, tutto pagato, s’intende, gli elettori della regione. E se uno si fa quattro giorni al mare, con aereo, albergo, vitto e ombrellone, magari nel segreto dell’urna è più incline a votare l’amico indicato dal mecenate.
Dice Alberto De Nigro, commercialista e vicecommissario della Fise per la parte amministrativa (quello che ha materialmente redatto il bilancio): «Il prossimo passo sarà la presentazione del bilancio 2013 entro luglio. Poi, visto che a novembre il nostro mandato scadrà, metteremo mano allo statuto della federazione e cambieremo il sistema delle deleghe». Si va verso un massimo di due deleghe per ogni presidente e questo potrebbe stroncare l’attuale suk del voto. Dal prossimo bilancio ci sarà anche la certificazione di Pricewaterhouse & Coopers (in questo appena presentato c’è solo una consulenza perché il lavoro sugli anni passati era troppo imponente).
Un’altra cosa che dovrà essere chiarita nello statuto è l’autonomia dei centri regionali. Il giorno dell’insediamento di Ravà e della sua squadra, alla presenza dei presidenti di tutti i comitati regionali, il commissario avrebbe detto: «Domani ognuno di voi bonificherà sul conto corrente della Fise tutti i soldi che ci sono a oggi nei conti di ogni comitato regionale, perché le spese saranno centralizzate». Nessuno l’ha presa bene, ma alla fine hanno obbedito.
Il lavoro del commissario sarà ancora molto duro. Dopo un anno di lavoro e altri sei mesi di proroga saranno indette nuove elezioni e vedremo se con le modifiche allo statuto su cui si sta lavorando la votazione sarà più trasparente. Chi saranno i nuovi candidati? Probabilmente si presenterà di nuovo Antonella Dallari, perché lei è convinta che quel posto le spetti (e su questo il Tar le ha dato ragione) dopo una regolare elezione tenutasi il 10 settembre 2012 a Forte dei Marmi, nella tana del lupo Paulgross che è di Viareggio. La Dallari ha preso 5.088 voti e Paulgross 4.998.
Un altro possibile candidato, che potrebbe avere l’appoggio del pur sempre potente Andrea Paulgross, è l’avvocato Marco Di Paola, già consigliere Fise. Ma l’unico che ha già ufficializzato la candidatura è il cavaliere Vittorio Orlandi, 77 anni, medaglia di bronzo nel salto a ostacoli alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Orlandi conterebbe già sull’appoggio dei comitati regionali di Lombardia, Piemonte, Liguria e Sardegna. Potrebbe essere lui l’uomo della svolta.