Damiano Aliprandi, Il Garantista 27/6/2014, 27 giugno 2014
FINI GIOVANARDI ADDIO, MA LA GALERA RESTA
Anche dopo la sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato illegittima l’equiparazione tra droghe pesanti e leggere, “la strage continua”. È il verdetto del V Libro bianco sulla legge Fini-Giovanardi, de La società della ragione. Forum Droghe, Antigone e Cnca; un bilancio finale dei risultati dell’inasprimento introdotto nel 2006 dall’allora governo Berlusconi, che continua ad avere effetti sul sistema penale anche di incostituzionalità. Una legge fortemente “carcerogena”, come emerge dai dati illustrati dagli autori del testo, Stefano Anastasia e Franco Corleone. Se, infatti nel 2006 gli ingressi in carcere per violazione dell’articolo 73 del testo unico sugli stupefacenti erano il 28% del totale, nel 2013 sono stati il 30, 5%, con un picco del 32,4 % nel 2012. Ma non è tutto. Sono quattro su dieci (il 38,6% del totale) i detenuti imputati o condannati per reati di droga. Cifre che servono a spiegare lo stato di sovraffollamento delle galere italiane. Inoltre il 23,7% dei presenti in carcere è tossicodipendente. Passati gli effetti dell’indulto, si legge nel Libro bianco, siamo tornati alla “normalità” del carcere come risposta alla tossicodipendenza, con un trend stabile: 23,9% nel 2010, 24,4% nel 2011, 23,8% nel 2012. Il più grave indice di fallimento per una legge che si proponeva di «non tenere in carcere tossicodipendenti».
La strage continua, dunque, con criminalizzazione dei consumatori – solo attenuata dal ritorno a pene più miti per la detenzione di droghe leggere – e con la scandalosa detenzione di condannati a pene giudicate illegittime dalla Corte costituzionale e che meriterebbero, secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, di vedersi rideterminata la pena dal giudice dell’esecuzione. Secondo Stefano Anastasia, presidente de La società della ragione, occorre ridisegnare una legge sulla droga che faccia i conti con la realtà di cui si discute anche fuori dal nostro Paese. «Fortunatamente la sentenza della Corte costituzionale è intervenuta nel momento in cui in gran parte del mondo si sta mettendo in discussione quella filosofia della guerra alla droga che ha invece segnato le politiche proibizioniste negli ultimi 30 anni di cui la legislazione italiana è un esempio», spiega. «Spero che il governo italiano, in vista dell’Assemblea delle Nazioni unite che si terrà nel 2016 per discutere delle politiche sulle droghe a livello mondiale, possa scegliere da che parte stare».
Il ritorno alla legge precedente “Iervolino-Vassalli” modificata con l’approvazione del decreto Lorenzin che prevede pene più basse per le droghe leggere, quindi non basta. «Si sarebbe dovuto intervenire per decreto – osservano Corleone e Anastasia – o addirittura approvare un indulto ad hoc, e invece i singoli detenuti sono stati lasciati a se stessi, con il risultato che o gli uffici giudiziari saranno intasati dal ricalcolo delle pene o molte persone finiranno di scontare in carcere la loro pena ingiusta».
Quello che serve allora – secondo i promotori del quinto Libro bianco sulla Fini-Giovanardi – è un radicale mutamento delle politiche sulle droghe nel nostro Paese che distingua nettamente le politiche sociali e sanitarie da quelle penali. Serve una compiuta depenalizzazione del possesso e della cessione gratuita di piccoli quantitativi di sostanze destinati all’uso personale, anche di gruppo. Serve poi una regolamentazione legale della produzione e della circolazione dei derivati della cannabis e della libera coltivazione a uso personale. Serve il rilancio dei servizi per le dipendenze e delle politiche di riduzione del danno. Serve il superamento del fallimentare modello autocratico del Dipartimento Antidroga, con una gestione partecipata che abbia come primo obiettivo la convocazione entro l’anno della Conferenza nazionale prevista dalla legge e cancellata da troppi anni. Sarebbe ora che il parlamento intavoli una grande discussione per un disegno di legge che non si basi più sulla repressione e criminalizzazione.