Giulia Zonca, La Stampa 26/6/2014, 26 giugno 2014
IL CANNIBALE
Il primo a muoversi è l’avvocato, Alejandro Balbi, l’uomo che deve provare a salvare Luis Suarez dal bando. Missione impossibile a cui l’Uruguay si prepara malissimo ignorando l’evidenza fino alla tarda mattinata quando appunto arriva lui, il signore dei contratti. Fino al giorno prima trattava con Real Madrid e Barcellona per alzare il prezzo del suo pupillo e oggi si ritrova senza offerte e con una condanna inevitabile. L’obiettivo è la riduzione della pena.
Il morso a Chiellini c’è e si vede pure, la commissione indipendente della Fifa, presieduta dallo svizzero Claudio Sulser, ieri sera si è riunita davanti ai filmati. Ne hanno parecchi, da ogni angolatura e ci sono montaggi con l’ingrandimento al rallentatore tanto nitidi da togliere ogni dubbio. Da una parte le immagini e dall’altra il fascicolo della difesa, l’Italia non è rappresentata, non ce n’è bisogno perché non siamo noi a sporgere denuncia, è il calcio, solo che gli uruguaiani non sembrano convinti: «Tutto questo caos perché gli azzurri hanno fatto un sacco di pressione. È una cospirazione dell’Europa». L’Italia, con un sistema dimissionario e il morale a pezzi, in realtà non pensava di avere tanto potere, solo che siamo l’unica scusa che ha trovato l’Uruguay: concentrarsi sulla provocazione, una strategia disperata. La tesi sarebbe che c’è una lunga storia di gomiti alti e manate tra Chiellini e Suarez, già impegnati in un corpo a corpo l’anno scorso durante la Confederations Cup. La sfida decisiva del girone mondiale ha rianimato il contrasto. Oppongono alla foto dei denti sulla spalla, l’occhio nero di Suarez, convinti che sia stato provocato. Dentro il dossier ci può essere solo materiale legato a Italia-Uruguay ma fuori, nella presentazione del caso, c’è pure il tentativo di descriverci come stuzzicatori seriali. Vedi testata di Zidane. L’unico altro appiglio è la cattiva pubblicità: «Si sono accaniti, i media ce l’hanno con Luis e ora sarà giudicato per come lo descrivono, non per come è».
Suarez è uno che morde, impossibile negarlo. Oltre ai mozzichi ufficiali ci sarebbe pure un’azzannata giovanile che poteva costargli subito l’esclusione dal calcio che conta. Solo che già allora il talento ha mascherato i vizi. Pure in Olanda, il Paese dove è diventato importante, raccontano che ben prima della dentata a Otman Bakkal (Psv), punita con sette giornate di sospensione, avesse tentato un morso nel bel mezzo di una rissa uscita da Ajax-Feyenoord. Leggende riprese da psichiatri e criminologi che spiegano la tendenza all’autodistruzione, ipotizzano il bisogno di marcare la superiorità. Troppo ipotetico, come precedenti bastano i casi certi, tre, Chiellini compreso. Materiale sufficiente per una punizione severa tanto che si è parlato anche di 24 partite o due anni, il massimo della pena.
La Fifa ha la facoltà di negargli la nazionale e proibirgli di giocare pure con il club anche se fino a oggi non ha mai usato tanta veemenza. Dentro al torneo Suarez non ha diritto all’appello però può rivolgersi al tribunale arbitrale dello sport e le variabili finiscono qui.
La squalifica è sicura, si dibatte solo sulla durata e l’Uruguay ha già fatto uscire il suo campione dalla porta di servizio. Non si è allenato con gli altri a Natal, non si è visto nell’ora di relax in piscina e prima ancora di salutare la nazionale ha iniziato a perdere sponsor, mercato e faccia. Il sito di poker che lo ha scelto come testimonial (post squalifica per comportamento razzista, tanto per dire) lamenta il danno di immagine, la Adidas dà evidenti segni di insofferenza, lo ha già riabilitato troppe volte, persino Bruce Springsteen gli ricorda che «è meglio tenere la bocca chiusa in campo». In Spagna non hanno più fretta di comprarlo e l’inglese Jim Boyce, vicepresidente Fifa, chiede «una punizione che sia di esempio». Per ora il bad boy del Mondiale è ancora Tassotti, 8 giornate per la gomitata a Luis Enrique datata 1994. Vent’anni dopo c’è un nuovo cattivo, il pistolero mordente.
Giulia Zonca, La Stampa 26/6/2014