Vincenzo Nigro, la Repubblica 26/6/2014, 26 giugno 2014
TRA LE GUERRIERE DELLA CITTÀ ASSEDIATA “BAGDAD HA PAURA MA LA DIFENDEREMO”
BAGDAD.
La paura di Bagdad è già dentro la città, già dentro il suo popolo. Nella testa di ogni uomo e donna di questa distesa di asfalto e cemento tagliata dalle acque marroni del Tigri. La paura è figlia di una certezza: la guerra non ha bisogno di entrare dentro la città, i miliziani dell’Isis non hanno bisogno di attaccare con una colonna di blindati, con le bandiere nere al vento. La città ormai è già divisa in due, fra sciiti e sunniti. È la gente è spaventata dall’avanzata dei miliziani jihadisti, che stanno seminando il terrore poco più a nord.
La guerra è già dentro la città, colpita da una raffica di attentati. Il più grave nel quartiere sunnita di Mahmudiyah, a sud di Bagdad, dove un kamikaze si è fatto esplodere uccidendo 12 persone. E per la prima volta da quando è sotto il controllo dei Peshmerga curdi, anche Kirkuk, nel nord del Paese, è stata colpita dagli attacchi degli islamisti.
Gli uomini che ci avevano portato a Sadr City, il mega-quartiere popolare sciita, ci presentano una donna: è venuta da Najaf, dove ha creato una Ong che si occupa di donne nel cuore dell’Iraq sciita. Najaf è una città santa, la base di Moqtada Sadr, il religioso che ha appena ricostituito il suo esercito battezzandolo “l’Armata della Pace”. Lei lavora con donne vedove o divorziate per aiutarle a sopravvivere e mandare avanti le loro famiglie. Shukria Kadum ha 45 anni, la sua fondazione si chiama “El Foudala”. E’ venuta a Bagdad spinta dalla macchina di propaganda dei sadristi per dire che lei e molte sue compagne non hanno paura, sono pronte a imbracciare il kalashnikov per difendere «il popolo (sciita) contro i terroristi (sunniti) che ci minacciano». «Sono quasi professionale nell’uso delle armi leggere», afferma la donna col chador nero senza nessun imbarazzo, «perché quando ero giovane e c’era ancora Saddam, il nostro movimento ci preparò a difenderci dal dittatore».
«Siamo pronte a combattere, nella mia Ong ci sono 3000 donne, e già 45 si sono dette volontarie».
Quindi: una donna vedova, che aiuta le sue compagne a sopravvivere in una società conservatrice dura e difficile come quella sciita. Che viaggia senza paura fino a Bagdad per propagandare la sua voglia di combattere in una guerra civile.
Nella hall del Baghdad Hotel due avvocati sciiti commentano invece i due fatti del giorno, il premier Al Maliki che ha detto di non essere assolutamente disposto a varare un governo di unità nazionale. E poi i terroristi di Al Qaeda in Siria (Al Nusra) che chiedono alleanza ai colleghi dell’Isis vittoriosi in Iraq. Col particolare che fino a ieri Al Nusra e Isis in Siria si combattevano e si tagliavano le teste fra loro peggio di quanto provavano a fare con il regime di Assad. L’accordo sembra essere tattico, e mira a saldare il fronte jihadista nella battaglia contro le forze governative irachene e siriane.
Ebbene, i due civili avvocati sciiti quasi esultano per il “tanto peggio tanto meglio”. «Dobbiamo arrivare alla resa dei conti, dobbiamo preparaci allo scontro finale, non ci sarà altra soluzione, con i sunniti non dobbiamo fare nessun governo, e se il mondo vede che sono tutti inquadrati sotto il segno di Al Qaeda forse ci aiuterà!».
In sé la sparata di Al Maliki è quella di un politicante prevedibilmente aggrappato alla poltrona: vede che il fallimento dei suoi 8 anni di governo viene denunciato da tutti, innanzitutto dagli altri partiti sciiti, poi dagli americani che lo aiutarono a salire al potere, vede la freddezza e la cautela degli stessi iraniani. Ma anche lui ha paura, di esser fatto fuori, prima politicamente e poi chissà cosa. Per questo attacca, denuncia che «il tentativo creare un governo nazionale è un golpe contro la Costituzione ». Questo mentre i miliziani dell’Isis continuano a colpire il suo esercito.
Altro segnale che la confusione aumenta è il racconto di due dottori, due specialisti che si occupano di oncologia pediatrica. Sono molto vicini all’Italia, il loro progetto nella Medical City di Bagdad è stato rafforzato dalla Ong italiana Intersos che dopo il 2003 ha mandato qui il suo leader per un progetto di collaborazione anche con strumenti di telemedicina sponsorizzati dalla Telecom. Verificano a distanza le diagnosi del cancro ai bambini e si scambiano informazioni e protocolli sul modo migliore per curarli. «Ringraziamo la Sapienza di Roma, ha aiutato anche me quando sono stata colpita da un cancro al seno », dice la dottoressa Salma Abbas. Parla della cooperazione sanitaria anche il dottor Walid Abdul Kasam che con lei partecipa al progetto di Intersos. Ma improvvisamente il discorso si sposta su Bagdad e sui suoi cittadini. Innanzitutto sul fatto che più della metà degli iracheni da anni avrebbe bisogno di massicce cure psichiatriche. «Abbiamo paura, mille paure. Dal 2003 in poi è stato devastante per tutti noi», dicono i due medici, «e adesso c’è questo ritorno annunciato della guerra settaria che devasta le famiglie, gli amici, le nostre coscienze, i nostri cervelli».
Da qualche anno la dottoressa Salma si è spostata dalla casa in cui aveva sempre vissuto, da un quartiere sunnita a una zona sciita, che è la confessione a cui appartiene. «Ma noi per anni ci siamo incrociati nei matrimoni, abbiamo vissuto insieme, abbiamo famiglie miste… il fatto è che i sunniti non vogliono accettare di dividere il potere, non voglio accettare che noi siamo il 60 per cento di questo paese, vorrebbero continuare a comandare solo loro come è avvenuto per centinaia di anni… non abbiamo paura che la guerra arrivi da fuori, ma che esploda qui, dentro la città, fra tutti noi».
Vincenzo Nigro, la Repubblica 26/6/2014