Guido Olimpio, Corriere della Sera 26/6/2014, 26 giugno 2014
L’AMORE SEGRETO ROVINA LAWRENCE D’AFGHANISTAN
WASHINGTON — Per due anni ha vissuto da afghano tra gli afghani. Ha costruito rapporti personali con i capi villaggio. Ha condiviso cibo e discussioni. La sua idea era quella di «una tribù alla volta», un modo per conquistare cuori e menti. Al suo fianco, una ex giornalista del Washington Post , che dopo averlo incontrato se ne è innamorata, ha lasciato il lavoro ed è rimasta con lui sui monti afghani.
Per due anni Jim Gant, un ufficiale dei Berretti Verdi americani, ha portato avanti la missione ottenendo onorificenze ed encomi, ma sopratutto grandi attestati personali. Almeno fino al 2012, quando un nuovo comandante decide che i metodi di «Lawrence d’Afghanistan» sono fuori delle regole: «Si è creato un suo mondo, ha abusato di alcol e sostanze mediche». Richiamato negli Usa, gli tolgono le medaglie e lo retrocedono al grado di capitano. Una chiusura brusca. Lenita dalla soddisfazione di aver fatto bene il proprio lavoro ma appesantita dalla depressione post bellica.
La vita di Jim Gant è raccontata in un libro scritto insieme alla moglie. Dettagli da romanzo. L’ufficiale, una volta nel teatro operativo, è tra i primi a capire che la strategia americana è destinata al fallimento. A meno di non conquistare la fiducia di parte degli afghani. Da questa visione nasce il suo manuale, «Una tribù alla volta», 45 pagine piene di consigli e tattiche per creare un rapporto diretto. E’ il 2009. I superiori, a cominciare dal generale David Petraeus, credono nella sua dottrina e invece di trasferirlo — come previsto — in Iraq lo spostano di nuovo in Afghanistan, regione di Kunar. E’ lì che il Pentagono ha più bisogno. Gant guida una piccola unità composta da una dozzina di militari con poca esperienza. Che, sotto il suo comando, «crescono». Abbandonano divisa e anfibi, indossano le tuniche locali e i sandali. Jim riesce a fare breccia nel capo di un potente clan locale, Malik Noor Afzhal, ribattezzato «Toro Seduto». E il villaggio di Mangwel diventa l’avamposto dal quale l’ufficiale e i suoi uomini partono per le missioni. Va a caccia di talebani, rischia la pelle, resta anche ferito, però non abbandona il suo posto. La rete di rapporti cresce, così come i vincoli con gli abitanti della zona.
E’ un’esperienza dura, dove è evidente che le regole della disciplina sono sostituite dal pragmatismo. Conta il risultato non la forma. E’ così che Jim si spinge oltre il limite. Conosce la reporter Ann Scott Tyson, si mettono insieme e lei accetta di restare per un lungo periodo a Mangwel. Una presenza segreta solo al comando. Jim e Ann si recano spesso insieme a incontrare gli abitanti. Un ruolo femminile che non disturba i soldati di Gant. L’avventura, però, è vicina all’epilogo. Ed arriva il richiamo.
All’inizio del 2012, un ufficiale prende di mira il Berretto Verde, apre un’inchiesta e lo accusa di «condotta immorale». Su Gant rovescia di tutto. Era spesso ubriaco — denuncia —, abusava di pillole contro i dolori, appariva strano e seguiva teorie bizzarre. Jim è costretto a rientrare. Sette dei suoi soldati si beccano una reprimenda. La carriera di Jim è fatta a pezzi da una burocrazia in divisa che non lo apprezza. Lo apprezzano, invece, gli amici di Mangwel che protestano invano per la sua cacciata. Lo temono i nemici. Non c’è la conferma ufficiale ma si dice che nel covo di Abbottabad dove è stato ucciso Bin Laden abbiano trovato una copia di «Una tribù alla volta».