Paolo Valentino, Corriere della Sera 26/6/2014, 26 giugno 2014
WASHINGTON E L’ECCESSO DI OTTIMISMO
Nel primo trimestre del 2014 il Prodotto interno lordo degli Stati Uniti è diminuito del 2,9 per cento, cioè tre volte quanto annunciato in precedenza. È la più grossa contrazione nello stesso periodo dell’anno dal 2009, che segnò l’apice della Grande Recessione. E se è vero che l’economia americana ha ripreso a crescere da aprile a maggio a un ritmo superiore al 3%, la revisione al ribasso resa nota ieri dal Dipartimento per il Commercio di Washington alimenta preoccupazioni e qualche dubbio sulla solidità e sostenibilità della recovery in atto. A pesare negativamente sulla congiuntura economica sono stati un inverno particolarmente freddo, la fine dei sussidi alla disoccupazione di lungo periodo e il taglio ai buoni alimentari, che hanno ridotto la spesa per i consumi. Ha fatto da freno anche il rallentamento nella ricostituzione delle scorte da parte di molte aziende. Secondo gli analisti, la caduta è stata quindi dovuta a fattori stagionali e temporanei, come dimostra lo slancio ripreso dall’economia statunitense a partire dalla primavera: «È una contrazione che non riflette i fondamentali», ha spiegato Sam Coffin, economista alla Ubs Securities Llc, che negli ultimi due anni ha prodotto le più puntuali previsioni sul Prodotto interno lordo americano. Per il secondo trimestre, quasi tutti gli osservatori concordano su una espansione del 3,5%, che dovrebbe assestarsi poi intorno al 3% nel periodo da luglio a dicembre. A spingere il Pil sono gli ordini nell’industria manifatturiera e l’aumento delle vendite di automobili. Ma il risultato del primo quarto finirà per incidere negativamente sul dato finale della crescita americana nel 2014, confermando che le previsioni formulate inizialmente dal governo federale peccavano di un eccesso di ottimismo.