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 2014  giugno 25 Mercoledì calendario

PERISCOPIO


Tutto il resto è noia. Fortuna che ora c’è il Califano islamico. Maurizio Crippa. Il Foglio.



(mfimage) C’è in giro un pazzo che si crede Napolitano e invece è Prandelli. La Stampa.



Mick Jagger: «L’Italia vincerà a Mondiali». Stavolta il suo spacciatore si è superato. Spinoza. Il Fatto.



Salvini: «In questa nazionale ci sono troppi oriundi». Ha scoperto che Cassano non è di Parma. Il rompi-spread. MF.



In passato Casaleggio ha collaborato con Di Pietro. Oggi invece processa in proprio. Edelam. Il Fatto.



Renzi: «Noi l’immunità per i senatori non l’avevamo prevista, se diventa un problema la togliamo». Boschi: «Non l’ha voluta il Pd e nemmeno il governo: nel nostro testo non c’era». Berlusconi: «Quell’idea non è nostra». Romani. «Forza Italia non l’ha chiesta, non ci interessa, leviamola pure: l’abbiamo scoperta dai testi dei relatori Calderoli e Finocchiaro». Calderoli: «Aboliamola sia al senato che alla camera, e non se ne parli più». Finocchiaro: «Cosa vogliono da me? Perché l’immunità non va bene così neanche alla camera. Noi abbiamo raccolto il parere dei partiti e dei costituzionalisti, e il governo ha vistato due volte i nostri emendamenti. Sono disgustata dalla scaricabarile». Noi invece siamo più disgustati dal barile. Cioè dal fatto che non verrà abolito il senato, ma le elezioni per eleggerlo; i senatori, anziché dai cittadini, saranno nominati dai partiti (tramite i consigli regionali quasi tutti inquisiti, fra l’altro); saranno espropriati del potere legislativo (leggi costituzionali a parte) e di quello di sfiduciare i governi; saranno tutti consiglieri regionali o sindaci; però avranno l’immunità come i deputati, come se fossero eletti dagli elettori per fare le leggi, non per fare i sindaci o i consiglieri regionali. Marco Travaglio. Il Fatto.



La corrispondente di un quotidiano francese mi domandò: «Ha delle amanti monsieur D’Alema?». Le risposi: «Penso proprio di no». E lei, delusa, osservò: «Peccato. Sembra un capo ceceno che abbia incontrato un buon barbiere e un sarto decente. Per questo ha una bellezza così oscura e un po’ malvagia». Giampaolo Pansa, Tipi sinistri. Rizzoli, 2012.



Ho trovato sul blog di Federica Mogherini, ministro degli esteri del governo Renzi, e oggi da quest’ultimo candidata al ruolo di commissaria Ue, questa sua osservazione che ho trovato imperdibile. Risale appena al 2010 ed è stata fatta durante un viaggio in Libano: «Dal territorio libanese partono verso Israele dei razzi dimostrativi, artigianali, che non sono lanciati per colpire davvero ma solo per segnalare la (r)esistenza in vita». Cioè scagliati per scherzo, come coriandoli a Carnevale. Giancarlo Perna. Il Giornale.



Come editorialista, Alberto Cavallari era di una noia mortifera, una Barbara Spinelli in pantaloni. Come uomo, dimostrò a tutti di che pasta avariata fosse fatto, quando, dopo aver concluso il suo mandato al Corriere, nel 1984 traslocò alla corte del suo nemico storico, la Repubblica, che aveva combattuto fino al giorno prima. Nel frattempo io ero già andato a dirigere Bergamo Oggi, pur di non sottostare ai suoi ordini. Detto questo, se tornassi indietro non gli rifarei più la guerra. I direttori passano, le redazioni restano. Bastava aspettare. Vittorio Feltri e Stefano Lorenzetto, Buoni e cattivi. Marsilio.



Tra i personaggi che hanno più libertà di movimento dentro la Sacra Famiglia di Cesano Boscone c’è un vecchio signore che si aggira con un cappellino all’inglese, il borsello e una pipa. Non è di quelli che ti chiedono una moneta e ti sputano sulle scarpe se non gliela dai. Lui passeggia pensoso e sbuffante, come se fosse in perenne raccoglimento con se stesso. Si ferma solo se il fornellino della pipa si spegne, per riaccenderlo con gesti calmi. Lo chiamano Sandro Pertini. Se Berlusconi ne avrà voglia, potrebbe avere con lui un surreale incontro al vertice. Carlo Verdelli. la Repubblica.



Mario Calabresi, direttore de La Stampa, nel tentativo di arrivare primo al traguardo del cuore di Renzi, si avvolge nel giubbino di Fonzie, lo indossa a mo’ di burqa e si presenta al casting di Amici di Maria De Filippi per dimostrare di avere «la cultura del fare». Rode per il grande successo di Federico Geremicca e gli lancia contro un hastag: #geremiccanonsaunacicca. Il Foglio.



Era giugno. Però pioveva, e faceva ancora freddo. Battevo i denti, vestita da sposa. Ricordo di avere comprato un tailleur bianco solo due giorni prima delle nozze, entrando affannata in un negozio, in centro. «Ho bisogno di qualcosa per un matrimonio», ho detto, evasiva. «Su che colori vuole stare?», mi ha chiesto la commessa. «Sul bianco, naturalmente», ho risposto, seccata della domanda sciocca. La poveretta non capiva. «Senta», ho chiarito brusca, «la sposa sono io, e ho fretta, l’auto è in sosta vietata, sbrighiamoci, per favore». Siamo partiti non appena tagliata la torta, ultimo volo per Londra, e al ristorante dell’hotel, quella sera, non ci volevano neanche fare entrare, perché mio marito non aveva la cravatta (gliene prestò una, impietosito, il portiere). In questo giugno di ventitré anni dopo, siamo ancora qui, insieme; e tre figli ci testimoniano, anche nei giorni peggiori, che ha avuto un senso buono, quel mattino, con noi due un po’ spauriti all’altare. Certo, non è stata una passeggiata, mi dico mentre bevo il caffè in cucina, stamattina. Più che un sentiero, una strada ferrata, di quelle che in montagna fai assicurandoti con la corda, e non guardando di sotto; e poi alzi gli occhi e pensi: incredibile, dove siamo arrivati. Dei figli, oggi due ci superano di tanto così in statura, e che voci fonde, da uomini, hanno ormai. La piccola, somiglia a me nelle foto dei 16 anni; più lieta, lei, nello sguardo, però. Marina Corradi. Avvenire.



In un salone entra un cowboy trascinandosi dietro il cavallo. Si avvicina al banco e rivolto al barista: «Ehi, per piacere, un whisky!». «Subito, signore» e porge al cowboy un grande bicchiere di whisky. Questi lo prende e lo dà al cavallo che lo butta giù di un fiato. Sbalordito, il barista chiede: «E lei? Non beve?». «Non posso, sono io che devo guidare». Gino Bramieri, Barzellette. Euroclub.



Giving money and power to government is like giving whiskey and car keys to teenage boys. P.J. O’Rourke, Civil Libertarian.



Il denaro sporco lo guadagnano gli altri. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 25/6/2014