Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 25 Mercoledì calendario

CALCIO E SPAGNA, ULTIME BATTAGLIE DI CONFALONIERI PER MEDIASET

Il presidente di Mediaset Confalonieri, Fedele di nome e di fatto da sempre all’ex premier Silvio Berlusconi, in questi giorni è alle prese con più dilemmi. Insieme con il suo vice Pier Silvio Berlusconi, figlio del leader di Forza Italia e di Carla Dall’Oglio, e con il consigliere delegato Giuliano Adreani, il quasi settantasettenne dovrà decidere quale direzione imprimere agli affari di Mediaset. E dovrà farlo in un periodo delicato come quello attuale, in cui la stella politica dell’ex premier, ora ai servizi sociali dopo la condanna definitiva per frode fiscale, non brilla più come qualche anno fa.
IL DILEMMA SPAGNOLO
Il dilemma di Confalonieri ruota intorno alla televisione a pagamento, la pay-tv, dopo che nei giorni scorsi gli spagnoli di Telefònica hanno offerto fino a 355 milioni per rilevare dalla società italiana controllata dalla Fininvest il 22 per cento di Digital Plus. Il gruppo capitanato daCesarAliertahagiàmessosul piatto 750 milioni per comprare il 56 per cento messo in vendita da Prisa e salire al controllo della pay-tv spagnola con il 78 per cento.
Mediaset ha tempo fino al 4 luglio per decidere che fare, ma è a un bivio. Accettare l’allettante proposta significherebbe, da una parte, incassare fino a 355 milioni, ma, dall’altra, mandare a monte parte del progetto, annunciato alla fine del 2013, di creare un nuovo polo della tv a pagamento con l’unione delle attività italiane e spagnole. Se, invece, il Biscione rifiutasse l’offerta, avrebbe poco senso restare in Digital Plus in minoranza. Nello stesso tempo, però, per salire al controllo della pay-tv spagnola, Mediaset dovrebbe presentarsi da Prisa con un assegno più sostanzioso dei 750 milioni di Telefònica. Troppo per una società che ha chiuso il bilancio del 2013 con un utile consolidato risicato di 8,9 milioni, contro la perdita da 287 milioni del 2012, la prima nella sua storia, lasciando la controllante Fininvest a bocca asciutta di dividendi per due anni di fila. Anche nel primo trimestre del 2014, con una perdita di 12,5 milioni, Mediaset ha dato segnali di cedimento.
Soprattutto, però, più di 750 milioni per la pay-tv spagnola sono troppi per una società che si è già svenata offrendo 700 milioni per strappare ai concorrenti di Sky i diritti televisivi per le partite di calcio del prossimo triennio di Champions League. Su questo terreno si gioca l’altra partita di Mediaset che agita i sonni di Confalonieri e Adreani. È attesa per oggi la decisione della Lega Calcio sui diritti tv della Serie A per il prossimo triennio. Sullo sfondo, la battaglia a colpi di diffide e controdiffide che stanno combattendo le società delle famiglie di Berlusconi e di Rupert Murdoch. Si dovrebbe andare verso una soluzione mista quanto paradossale, che vedrebbe Sky mettere le mani sul pacchetto di diritti per il digitale terrestre, e Mediaset aggiudicarsi, per 350 milioni (senza contare gli ulteriori 306 milioni da sborsare per le restanti partite delle squadre minori), quelli per il satellite. In attesa di capire se questa sarà la decisione, il gruppo di Murdoch ha già affittati da Telecom Italia cinque canali di trasmissione del segnale televisivo terrestre.
Se si considera che Telefònica è prima socia con quasi il 15 per cento di Telecom, si capisce perché le due partite di Mediaset, quella sulla pay-tv spagnola e quella sui diritti per la Serie A, siano più complesse e intrecciate di quanto sembri. Di più: dal loro esito dipenderà l’ingresso di un nuovo azionista nel polo della tv a pagamento a cui il gruppo di Cologno Monzese sta lavorando. Sono stati avviati contatti sia con gli arabi di Al Jazeera sia coi francesi di Vivendi, che però, prima di aprire il portafogli, vorranno capire se nella nuova società confluiranno o meno le attività spagnole e se si potranno trasmettere le partite della Serie A. Con la creazione del polo della tv a pagamento, Mediaset sta cercando di dare una sterzata a un business che a oggi non ha reso quanto il gruppo avrebbe sperato.
IL DUOPOLIO STA FINENDO
Ma la pay-tv non è l’unico dei problemi di Confalonieri. L’asse di ferro cui Mediaset e la Rai, la televisione pubblica, hanno dato vita negli d’oro della tv analogica si sta sfaldando. Un duopolio di fatto che, come spiega Francesco Siliato, docente di sociologia della comunicazione al Politecnico di Milano, “è stato favorito da una serie di leggi che hanno permesso a Rai e Mediaset di trasferire il loro dominio dall’analogico al digitale terrestre, ma che ora è sempre di più scalfito dall’ingresso di operatori come Sky e Fox”. “La rendita di posizione di Mediaset – aggiunge Michele Polo, professore ordinario di economia politica all’università Bocconi – ha il fiato corto sia per la regolamentazione del settore, che non è detto resti ancora per molto basata sulla legge Gasparri, molto favorevole alla società della famiglia Berlusconi, sia per la contrazione della pubblicità”. Il grosso problema di Mediaset, in questo momento, nota un analista finanziario che segue il settore dei media, “è proprio quello della raccolta: sono passati i tempi in cui Berlusconi era premier e molte società facevano a gara per dare pubblicità alla sua società”.
Come se non bastasse, aggiunge Polo, “la decisione della tv pubblica di cedere le torri terrestri e satellitari di Rai Way rende più concorrenziale il settore della trasmissione, finora praticamente monopolio di Mediaset, che di fatto era l’unica a offrire a terzi l’utilizzo della struttura, attraverso Ei Towers”. Meno male che, almeno in questo caso, l’ex assistente di Silvio Berlusconi, Urbano Cairo, voltando le spalle alla Telecom Italia che gli ha venduto La7, ha appena siglato un accordo con l’azienda delle torri televisive del Biscione. Ei Towers, che all’inizio riceverà 14 milioni l’anno destinati a salire a 18, permetterà a Cairo, unico partecipante all’asta, di trasmettere la rete che dovrebbe nascere sulle frequenze messe in vendita dal ministero dello Sviluppo. Per fortuna c’è ancora qualcuno che accorre in soccorso di Mediaset in un momento difficile come questo.

Margherita Barbero, Il Fatto Quotidiano 25/6/2014