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 2014  giugno 25 Mercoledì calendario

BASTA ALIBI È UN CALCIO DA CAMBIARE

Qualunque cosa abbia fatto l’arbitro, chiunque sia Suarez, che ha comunque confermato di dover continuare le sue sedute con lo psicologo, questa contro l’Uruguay non è solo una partita persa, è il crollo del calcio italiano. Avevamo avuto molti segnali. Non siamo solo eliminati, cambia profondamente il nostro status di vecchia potenza. In Sudafrica poteva esserci stata l’eutanasia di una generazione carica di gloria, ma uscire per la seconda volta al primo turno è un limite sconosciuto alla nostra storia. È su questo che dobbiamo riflettere, non sulle piccole fasi di una partita lungo la quale, di nuovo, non abbiamo fatto un tiro in porta. Questa è la crisi di tutto: di Prandelli, certamente, che non ha mai trovato una squadra, è arrivato senza attaccanti in rosa fino a dover chiudere il mondiale con Chiellini centravanti. Ma ridurre tutto all’allenatore sarebbe come non voler vedere il buio nella notte. La nazionale è il risultato di un’intera organizzazione. Perdere quasi senza gareggiare per due Mondiali di fila significa non aver organizzato niente, aver travolto una macchina industriale che ha sempre funzionato. Succede raramente che i protagonisti abbiano la dignità di prendersi al volo le loro responsabilità. Di questo va dato atto agli uomini. Ma non c’è dubbio che le colpe, soprattutto della presidenza federale, siano troppe e da troppo tempo evidenti. Siamo senza soldi, senza pubblico, senza stadi, senza giocatori e senza giovani. Non abbiamo campioni e non sappiamo più costruirne. Non abbiamo certezza delle regole in nessun campo, dalla giustizia sportiva a quella televisiva. Abbiamo solo 80 mila ultrà schedati dalla polizia di cui siamo in discreta balìa. L’errore è così evidente da essere ovunque. Servono nuovi slanci, nuovi uomini che li sappiano imporre. Il calcio italiano è un’azienda enorme e riguarda tutti. Non c’è una sola società, un solo popolo tifoso, che possa permettersi una crisi di sistema di queste proporzioni. Rendiamo grazie a Prandelli che, venendo travolto, ha avuto almeno il merito di farci vedere la nostra agonia in diretta. Ora non ci sono più alibi. Il vecchio calcio italiano è finito. Bisogna tornare ad avere interessi comuni, non a tentare soltanto di ingannarsi sugli arbitri e sul mercato. Il livello è troppo basso per tutti. E ormai insopportabile.