Sergio Romano, Corriere della Sera 25/6/2014, 25 giugno 2014
LA GRAN BRETAGNA NELL’UE FIDANZAMENTO DI CONVENIENZA
L’articolo di David Cameron pubblicato sulCorriere del 13 giugno si può considerare il manifesto dei nemici dell’Europa. Egli rileva che ciò che occorre all’Ue è una leadership forte, fatta di persone pronte a dare ascolto alle preoccupazioni degli elettori, ma appare scandalizzato che il Parlamento europeo testé rinnovato richieda di nominare presidente della Commissione il leader della coalizione che ha vinto le elezioni a livello continentale. «È un sistema cui il Consiglio europeo non ha mai dato il proprio assenso» obietta Cameron e non stento a crederlo. Il Consiglio europeo vuole tenere tutto il potere per sé, con ogni singolo governo che si batte per i propri miopi interessi. «Questo sistema finirebbe per politicizzare la Commissione europea» rileva Cameron. È vero. Ed è quello che deve succedere: le politiche europee vanno decise a livello politico dai partiti europei e non a livello diplomatico tra cancellerie e salotti al riparo dell’opinione pubblica. «Il futuro dell’Unione è in bilico: o si cambia o ci si rassegna a un ulteriore declino»: lo dice Cameron stesso, che però vuole continuare ad avere una commissione fantoccio, ridotta al ruolo di passacarte tra il Consiglio e il Parlamento. Se c’è del vero che le campagne elettorali nazionali di oggi sono ancora distanti da quelle di veri partiti continentali che competano su programmi europei e vadano a chiedere voti in ogni angolo dell’Unione, si potrebbe pensare a un compromesso: per ora scegliere il presidente della Commissione in un modo concordato tra Parlamento e Consiglio, ma formalizzare con un nuovo trattato la norma che a partire dalla prossima elezione europea il presidente della Commissione sia il leader del partito vincente. Allora sì l’Europa avrebbe
una leadership forte e rappresentativa. Più di qualunque leader nazionale di oggi.
Vermondo Brugnatelli
Caro Brugnatelli,
Alla Gran Bretagna si possono muovere molti rimproveri fuorché quello di averci ingannati o illusi. Sapevamo che aveva risposto alla nascita del Mercato comune con la creazione di un’altra istituzione (l’Efta, European Free Trade Association) destinata, nelle sue intenzioni, a soppiantare la prima. Sapevamo che aveva aderito alla Comunità economica europea quando si accorse che l’Efta stava dando mediocri risultati e che il Mercato comune registrava invece un invidiabile tasso di sviluppo. Sapevamo che aveva favorito l’allargamento dell’Unione a tutti gli Stati europei emersi dal crollo del blocco sovietico perché l’aumento del numero dei soci le avrebbe permesso di frenare qualsiasi progresso verso un’Europa federale. Sapevamo che la sua politica estera era alquanto diversa da quella dei fondatori della Comunità. Voleva essere il partner indispensabile degli Stati Uniti nel mondo e promuovere la formazione di una Comunità atlantica di cui Londra sarebbe stata il perno politico e finanziario.
La designazione di Jean-Claude Juncker alla presidenza della Commissione sconvolgerebbe i piani della Gran Bretagna. Se il presidente della Commissione avrà una duplice legittimità (il voto degli elettori europei e quello dei deputati di Strasburgo), la Commissione smetterà di essere un organo burocratico per diventare un organo politico. Quanto al Consiglio europeo, l’istituzione in cui siedono tutti i capi di governo o di Stato, non avrà più di fronte a sé un interlocutore tecnico, privo di autorità politica. Non è tutto. Se la scelta del presidente della Commissione dipende interamente dal Parlamento, l’Assemblea avrà una maggiore autorità.
In una situazione in cui tutte le maggiori istituzioni dell’Ue avranno subito un forte cambiamento, non mancheranno problemi e qualche crisi. Ma le crisi istituzionali sono necessarie, come gli scandali secondo la Bibbia, e potrebbero servire a fare dell’Unione una entità più organica e coerente.