Fabio Cavalera, Corriere della Sera 25/6/2014, 25 giugno 2014
SCAGIONATA REBEKAH. L’UOMO DI CAMERON CONDANNATO
Chi ne esce con le ossa rotte è David Cameron. Non avendo mai voluto ammettere che il suo fidatissimo Andy Coulson, l’ex capo della comunicazione dei conservatori e di Downing Street, fosse stato una delle pedine chiave dei tabloid-spioni, il premier britannico si trova ora nella imbarazzante posizione di dovere chiedere scusa pubblicamente. Già. Perché quel giovane ex prodigio del giornalismo, passato dalle direzioni delle testate popolari del gruppo Murdoch alla invidiabile posizione di consigliere del leader tory prima di finire arrestato e processato, è stato dichiarato colpevole di cospirazione e di avere messo i bastoni fra le ruote alla giustizia, in pratica di avere organizzato, coperto, favorito le intromissioni illegali nella vita privata di centinaia di cittadini, vip reali (William, Harry, Kate) vip dello spettacolo e gente comune, persino i genitori di un’adolescente rapita e uccisa. Sempre per arroganza e smania di scoop.
Adesso che la giuria ha emesso il verdetto di colpevolezza nei confronti di Andy Coulson, David Cameron ha una folgorazione e davanti alle telecamere si cosparge di cenere: «Chiedo scusa di averlo assunto, è stata una decisione sbagliata». Il garantismo è una gran bella virtù. Ma David Cameron, prima che le porcherie combinate dai tabloid venissero a galla, era stato messo sul chi va là e gli avevano spiegato che il suo potentissimo protetto aveva qualche scheletro, e che scheletro, nell’armadio. Ma lui aveva tirato diritto scortandolo in carrozza nelle stanze del potere. Salvo poi vederlo in cella per qualche ora e alla sbarra, in quanto da ex direttore di News of the World , il domenicale dei Murdoch, Andy Coulson aveva superato i recinti della legge assumendo detective privati per intercettare i telefoni e leggere i messaggi di quanti riteneva «oggetto» di pettegolezzo e di titolone da prima pagina.
Chiaro che oggi su David Cameron, nonostante il suo atto di prostrazione televisiva («me ne assumo la piena responsabilità»), pendano alcuni interrogativi: è stato solo superficiale? O ha confidato che la rete delle complicità funzionasse fino a salvare anche il numero uno (ex) della comunicazione di Downing Street? In entrambi i casi il premier ha peccato: di ingenuità, di eccessiva confidenza sulla intoccabilità di certe posizioni, di onnipotenza. Si inginocchia, è vero, ma a verdetti combinati. Un po’ tardi.
Ben più furbo di David Cameron è lo Squalo, il re dell’editoria Rupert Murdoch. Anche se ora il magnate dovrà vedersela con Scotland Yard: il Guardian riporta che gli investigatori vogliono interrogarlo come «sospetto» nell’inchiesta. Non appena scoppiato lo scandalo il magnate si era invece affrettato a salvare il salvabile, chiudendo l’amato domenicale News od the World , dispensando risarcimenti alle vittime dei giornalisti spioni, ammettendo ciò che era inconfessabile, allontanando i presunti colpevoli, sacrificando (con una liquidazione di alcuni milioni di sterline) la sua adorata Rebekah Brooks, fata dei salotti tory e dei salotti laburisti che animava con indiscutibile leggerezza e bellezza, in nome e per conto del padrone in cerca di alleanze strategiche. David Cameron andava a cavallo con Rebekah. E Tony Blair si offriva per aiutarla a uscire dai guai.
Ebbene, la giuria ha cancellato tutte le accuse nei confronti della signora Brooks (e del secondo marito Charlie il quale rabbiosamente urla: «Ci hanno trattato alla stregua di terroristi») che assunta nel gruppo Murdoch come aspirante cronista, grazie alla sua conclamata spregiudicatezza (si travestì da donna delle pulizie per entrare nella redazione di una testata concorrente e soffiare le anteprime), scalò l’impero occupandone le poltrone di direttrice del Sun , di News of the World e della società editrice, la News International. Il suo avvocato Angus McBride è riuscito nell’impresa di convincere la giuria che le prove erano scarse nei confronti di Rebekah e ha vinto su tutto il fronte.
Murdoch, nonostante l’interrogatorio pendente con Scotland Yard, appare in una posizione diversa rispetto a Cameron. Uno scarno comunicato, ieri da lui ispirato, suona come una lezione a Downing Street: «Lo avevamo detto molto tempo fa, e lo ripetiamo oggi, che atti illeciti sono stati compiuti e ce ne siamo scusati. Abbiamo risarcito, abbiamo cooperato con gli investigatori, abbiamo cambiato linee di business in modo che non accada mai più». Il processo, uno spaccato inedito delle relazioni deviate e perverse fra mondo della politica e dell’editoria, ha certificato l’esistenza dello spionaggio illegale ma ha assolto Rebekah Brooks e condannato Andy Coulson (i due erano fra l’altro amanti). Murdoch sorride per la sua «cocca» che ne esce graffiata ma non affondata, forse riabilitata. David Cameron scivola sulla colpevolezza del suo protetto. Ha sbagliato strategie e conti.