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 2014  giugno 25 Mercoledì calendario

TORNA L’ORO NEL GRANDE PATRIMONIO


Novecentotrentasei miliardi di euro, quasi mille miliardi: a tanto ammontava, a fine 2013, la ricchezza delle 615.847 famiglie italiane più ricche. Un patrimonio immenso, metà del quale (467 miliardi, il 49,9%) gestito dal private banking, l’insieme di servizi bancari e finanziari offerti ai Paperoni d’Italia che possono contare su sostanze per almeno mezzo milione di euro. E che, anche negli anni della crisi, hanno continuato a fidarsi dei propri private banker, ottenendo risultati di tutto rispetto: la ricchezza media, infatti, ha continuato a crescere
PORTAFOGLI MENO BILANCIATI
A cambiare sono state soprattutto le abitudini dei clienti, le loro strategie di investimento e le aspettative. Se nel 2009 un portafoglio medio era composto da un mix bilanciato di gestioni patrimoniali, fondi comuni, azioni, titoli di Stato, obbligazioni e liquidità, oggi l’attenzione si è spostata molto di più sui prodotti assicurativi e sui fondi comuni, mentre sono calate di molto le obbligazioni e hanno perso peso azioni e titoli di Stato. Segno che, anche se le cose sono andate abbastanza bene negli anni della crisi, ora che siamo al punto di svolta le famiglie più ricche del Paese chiedono di più. Magari non tanto e non solo in termini di rendite, quanto come possibilità di diversificare e innovare per essere in grado di affrontare il futuro.
L’AVANZATA HIGH TECH
Non per niente Maurizio Zancanaro, presidente dell’Associazione italiana private banking alla quale aderisce quasi l’80% degli operatori, sottolinea che ogni settore vitale considera l’innovazione un ingrediente importante per il miglioramento dell’offerta. Il private banking non fa eccezione, anche se il cliente cui si rivolge è caratterizzato mediamente da un’età elevata e preferisce, nel rapporto con il proprio istituto, una buona proporzione tra high tech e high touch (cioè tra tecnologia e contatto umano)». La tecnologia, dunque, diventa strumento per facilitare il rapporto tra cliente e consulente e per rendere più efficaci i suoi investimenti: «Se il prestigio della sede, la competenza del referente e la qualità delle informazioni messe a disposizione per le scelte in materia di in vestimento sono elementi che continuano a connotare il servizio private – prosegue Zancanaro – una rilevanza crescente delle web conference e una maggiore interazione via smartphone stanno facendo evolvere la modalità con cui ormai si gestiscono i contatti tra investitore e private banker».
I SUPERDIGITALI
Tanto che, secondo i dati Aipb, il 10% della clientela è ormai superdigitale e si reca in filiale solo se necessario, mentre il 30-40% ha un utilizzo intermedio (opera anche a distanza senza però distaccarsi completamente dalla banca fisica). Di conseguenza il 60% delle banche programma di potenziare le modalità di contatto a distanza, e il 40% degli operatori ha in progetto di potenziare le funzionalità informative e dispositive.
Del resto, l’innovazione tecnologica pare essere uno dei modi più semplici per avvicinare la banca agli utenti: tra i clienti private, il 91% usa un computer e l’87% di questi lo utilizza per operazioni finanziarie, il 59% ha uno smartphone e il 63% di loro vi compie anche operazioni finanziarie. Più bassa, invece, la confidenza con i tablet, i social e la web conference (sistema simile alla videoconferenza).
CORSA AL METALLO GIALLO
La tecnologia non è però l’unico fattore di innovazione: i nuovi servizi e i nuovi orientamenti di investimento lo sono altrettanto. E, per quanto anacronistico possa sembrare, una novità del 2014 è la nuova corsa all’oro per gli investitori private. Da sempre bene rifugio durante i periodi di crisi per la duplice natura di materia prima e moneta esente da inflazione, l’oro ha suscitato un rinnovato interesse grazie anche alla sempre più ampia diffusione di strumenti di investimento diretto quali etc, depositi in oro e conti in oro. Ma anche grazie al fatto che la produzione mondiale è sempre più scarsa e, con l’aumento dei costi di estrazione, molti giacimenti potrebbero essere chiusi perché il loro sfruttamento sarebbe antieconomico. A questo punto la domanda spingerebbe ancor più verso l’alto il prezzo, trasformando gli investimenti in vere miniere d’oro.