Giancarlo Perna, Lettera43 23/6/2014, 23 giugno 2014
DIVERSAMENTE ROTTAMATORE
Se c’è uno travolto dal ciclone Matteo Renzi, quello è Pippo Civati. Le due giovani promesse del Pd (sono entrambi del 1975) debuttarono insieme organizzando la prima Leopolda nel 2010 e dandosi l’etichetta di «rottamatori». Poi, uno è decollato e l’altro è rimasto a terra. Alcuni episodi illustrano il vantaggio preso da Renzi e il distacco inflitto a Civati.
Pippo era stato il primo ad avvicinare i 5 stelle quando non volevano saperne del Pd. Ma, invece di apprezzare, Beppe Grillo lo snobbò dandogli del «cane da riporto di Bersani» e accusandolo di mobbing verso i propri deputati. Renzi, al contrario, lesto a capire che Grillo doveva prima cuocere nel suo brodo, lo mandò subito all’inferno. Ora che però, i grillini vogliono dialogare col Pd, a chi si sono rivolti per avere udienza? Non al povero Civati che aveva teso loro la mano, ma allo spicciativo Renzi che li aveva presi a sberle.
Analogamente è successo con la Fiom di Maurizio Landini, costola estremista della Cgil, indigesta tanto ai vertici sindacali che alla grande maggioranza del Pd. Appunto per questo, Civati, che è molto di sinistra e dispettoso per temperamento, aveva sempre appoggiato la Fiom ed esaltato Landini. Renzi, al contrario, si era tenuto lontano dai metalmeccanici, come dal sindacato in genere. Poi, furbescamente e sottobanco, si è incontrato più volte con Landini e lo ha intortato.
Oggi, il sindacalista è di casa a Palazzo Chigi e il governo ha nel cosiddetto estremista un alleato. Anche qui, Civati è stato strabattuto da Renzi. Non solo Matteo ha giocato lui la carta Landini ma l’ha fatto alle proprie condizioni. In sostanza, mentre per Pippo la Fiom andava presa a scatola chiusa, col suo corteo di pretese anti-industriali e premoderne, Renzi l’ha indotta a più miti consigli, portandola sul suo terreno.
Per finire, la vicenda Sel. Civati ha sempre detto che il Pd doveva orientarsi più a sinistra e mettersi fianco di Nichi Vendola. Alla base, anche un influsso familiare: la moglie di Pippo, l’esigentissima Giulia, è un’elettrice di Sel. Bene: anche qui Renzi ha tolto il pallino all’ex sodale e scombinato i giochi. Infatti, Sel si è scissa e buona parte, a cominciare dal capogruppo, Gennaro Migliore, appoggia Renzi.
Mentre Civati voleva conquistare Sel andando a sinistra, Renzi l’ha espugnata portandola a destra. La vicenda fotografa la diversità degli ex gemelli della Leopolda: Civati accetta cose come sono e ci si adatta; Renzi le plasma a suo modo e detta le regole del gioco.
Pippo non è tipo da riconoscersi sconfitto. È probabile che sia roso dall’invidia ma si consola considerandosi incompreso per l’eccellenza del pensiero. Civati ha un look intellettuale ispirato al bel tenebroso. Figura graziosa («ha occhi bellissimi», disse di lui Berlusconi), porta capelli al collo e barba di cinque giorni. Di aspetto generale è un po’ «scaciato», come dicono nel romano Transatlantico lungo il quale cammina solitario con l’aria dolente di chi è afflitto da cupi pensieri. Sembra l’incarnazione del cartello: «Il mondo va a ramengo perché non mi dà retta».
In realtà, è meno compenetrato di quanto appaia perché accetta il dialogo con qualsiasi giornalista e risponde a ogni domanda pur di apparire. Enrico Letta, quando era premier, stufo della sua opposizione interna (Civati e due suoi seguaci uscirono dall’Aula per non votargli la fiducia), lo classificò tra «i fighetti» rompiscatole per prendere applausi a sinistra. Un esperto di Pd, l’ex dalemiano Fabrizio Rondolino, ha analizzato la tecnica civatiana: dichiararsi in dissenso per conquistare un’intervista sul Corsera o su Repubblica e abbandonare subito dopo la questione per piantare un’altra grana e andare nei talk show.
Una volta, offeso perché Fabio Fazio non l’aveva invitato a Che tempo che fa, unico tra i candidati alla segreteria Pd 2013 (arrivò terzo, dopo Renzi e Cuperlo, col 14% dei voti), allestì, durante un comizio elettorale, una finta intervista. Usando la registrazione della puntata con uno dei suoi avversari, proiettò su un maxi schermo solo le domande di Fazio e, seduto su una poltrona come fosse stato lui nello studio tivù, dette le proprie risposte.
Milanese di Monza, dottore di ricerca in Filosofia, Giuseppe, detto Pippo, Civati è uno studioso di Giordano Bruno («di qui, il mio gusto per il martirio», dice) che ha abbandonato le ambizioni accademiche per la politica.
A 20 anni, nel 1995, era nei comitati per Romano Prodi premier, entrò poi nei Ds e nel 2005 fu consigliere regionale lombardo. Dal 2013 è deputato. Poiché, come detto, accetta qualsiasi domanda giornalistica, si sforza di essere originale con risultati da brivido.
Richiesto di cosa pensasse di Moana Pozzi, rispose: «Mi fa venire in mente Bettino Craxi». «Craxi?», disse stupito l’altro. «Una figura che ha tradito una grande tradizione politica», replicò Pippo sorvolando sul nesso con Moana e tradendo a sua volta la logica aristotelica in cui era stato allevato.
Pippo infine è un twittatore forsennato e ha un suo blog molto seguito. Si chiama Ciwati e ha come slogan Civoti. Chiama i suoi follower «civapopolo», la sua agenda «civacalendar» e «civamondo» questo insieme virtuale.
L’essenziale è detto. Chi vuole, tiri le somme.