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 2014  giugno 22 Domenica calendario

UN’ITALIANA PER LA POLITICA ESTERA


A Bruxelles li chiamano i «big five», come i grandi animali della savana africana: sono i cinque incarichi al vertice dell’Unione e stavolta — Renzi ne è convinto — anche l’Italia può aspirare a un posto nella cabina di regia europea.
Quale? L’obiettivo è indicare il prossimo Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la sicurezza. «Penso — è la “profezia” che si lascia sfuggire il premier con i suoi — che il prossimo Alto rappresentante sarà un italiano anzi... penso che potrà essere un’italiana».
Al vertice di Parigi dei leader socialisti, convocato da François Hollande, si sono intanto definitivamente chiariti i nomi di altri due “big five”: il presidente della Commissione sarà il lussemburghese Jean Claude Juncker, quello del parlamento europeo il tedesco Martin Schultz. I socialisti europei, ha detto François Hollande al termine del summit informale a Parigi, «rispettano l’indicazione di Juncker» alla Commissione «in quanto candidato del Ppe, primo partito dell’Europarlamento». Chiaramente il Pse ora vuole molto in cambio. I dieci leader riuniti a palazzo Marigny, ha puntualizzato il vicecancelliere tedesco, Sigmar Gabriel, «si aspettano che altre posizioni che si libereranno vadano ai socialisti».
Prima dell’incontro informale Hollande e Renzi discutono un quarto d’ora da soli. E confermano l’intesa per una rapida «accelerazione sulla crescita, l’occupazione e gli investimenti» in Europa. Ma senza toccare il patto di stabilità, che va rispettato cosi com’è, secondo le indicazioni della Merkel. Va tuttavia applicato in tutte le sue parti, sfruttando i margini di flessibilità esistenti. Insomma, il via libera dei socialisti al “rigorista” Juncker è condizionato alla politica che il nuovo presidente della commissione Ue si impegnerà a portare avanti. E su questo varrà il documento programmatico che sta elaborando Van Rompuy. «L’importante è il documento — ripete Renzi — i nomi vengono dopo. E quel programma lo cambieremo ulteriormente, si può ancora migliorare». La piattaforma di lavoro della nuova Commissione dovrà rispondere a quell’esigenza di “cambiare verso” all’Ue. Ieri Renzi lo ha ripetuto ai colleghi del Pse: «Serve una svolta di mentalità, di cultura, in grado di rispondere ai cittadini». E Hollande sembra sposarne le tesi quando ribadisce la sua «fiducia» nel premier italiano, che «porterà la sua energia e il suo dinamismo» nel prossimo semestre.
Se Schulz ha confermato di voler succedere a se stesso alla guida dell’Europarlamento e la Merkel ha promesso il sì dei popolari, resta ancora aperta la trattativa sul nuovo presidente del Consiglio Ue. Al momento la candidata più forte è la premier danese Helle Thorning-Schmidt, benché lei stessa ieri abbia detto voler restare al suo posto a Copenaghen. La sua posizione, in effetti, si è indebolita nelle ultime ore anche perché sul suo capo pesano alcuni «dubbi » della Francia, forse legati alla sua eccessiva vicinanza alla Cancelleria tedesca. Il criterio di dare più spazio alle donne, proposto da Renzi, è comunque passato. E questo si rifletterà anche sull’obiettivo di accaparrarsi il posto di ministro degli esteri Ue. Se ha già in mente dei nomi, Renzi se li tiene per sé. E tuttavia, gli indizi portano a restringere la rosa a pochi petali. Nel caso debba essere una donna, la più quotata per succedere alla baronessa Catherine Ashton al momento è il ministro degli esteri italiano Federica Mogherini. In alternativa c’è il ministro della Difesa Roberta Pinotti. Entrambe ben viste da Renzi. Sfuma invece l’ipotesi Emma Bonino, che pur avendo la caratura internazionale adatta sconta una totale assenza di rapporti con il premier. Ma se invece dovesse andarci un uomo? In quel caso l’unico nome che circola è quello di Massimo D’Alema.
Se l’Italia dovesse mancare l’obiettivo “Alto rappresentante” potrebbe anche aspirare alla presidenza dell’Eurogruppo per il ministro Padoan. È la carta di riserva di Renzi, convinto che non ci sia incompatibilità per un italiano nonostante la presenza di Mario Draghi alla guida della Bce. Comunque, che sia l’Alto rappresentante, la presidenza dell’eurogruppo o un commissario con una delega pesante, il premier è determinato a scegliere il candidato a Roma e non altrove: «È chiaro che, chiunque sia, lo sceglie il governo italiano. Nessuno ce lo imporrà».

Francesco Bei, la Repubblica 22/6/2014