Maria Elena Vincenzi, la Repubblica 23/6/2014, 23 giugno 2014
IL PREFETTO DELLA FRASE SHOCK “SULLA DROGA HO SBAGLIATO VOLEVO DARE UNA SCOSSA”
[Intervista a Antonio Reppucci] –
ROMA.
«Ho sbagliato, non c’è molto altro da aggiungere. Non volevo dire quello che ho detto. Meglio, volevo dirlo ma non intendevo in senso letterale, era solo un modo per scuotere le coscienze». Antonio Reppucci, già ieri era l’ex prefetto di Perugia, rimosso nel giro di 24 ore per avere detto, durante una conferenza stampa, che le madri che non si accorgono che il figlio si droga sono delle fallite e farebbero bene a suicidarsi. Parole riprese dalle telecamere che sabato hanno fatto il giro del web e, in poche ore, scatenato l’indignazione del premier e l’immediato annuncio del ministro Alfano: «Prenderò immediati provvedimenti. Quel prefetto non può stare né lì né altrove».
Signor prefetto. Una brutta giornata.
«Guardi, oggi non ho nemmeno letto i giornali, per cui non so bene cosa è stato scritto. So che ieri le mie parole sono state interpretate nel modo sbagliato e che questo ha creato un po’ di confusione».
Beh, dire che una madre che non capisce che il figlio si droga si deve solo suicidare come altro deve essere interpretato?
«Allora, innanzitutto sono frasi estrapolate dal contesto. Io non ho detto questo. Anzi, l’ho detto ma non volevo dire quello che lascia intendere il senso letterale. Io sono cattolico e praticante, figuriamoci se posso mai davvero istigare una persona a suicidarsi. Non mi passa nemmeno per l’anticamera del cervello. Mentre le parlo ho qui accanto mia moglie, figuriamoci se posso mai dire che una madre si deve togliere la vita. È una cosa assurda. Un paradosso per essere incisivo, per farmi capire, per scatenare una reazione. In Umbria la droga è un problema molto serio e molto diffuso. E forse per questo ero così infervorato».
Ma lo ha detto, prefetto, è stato ripreso dalle telecamere. Nessuno si è inventato nulla.
«Sì, ma è un modo di dire. Che peraltro a Napoli si usa spesso per esprimere disappunto».
E quindi lei crede che la colpa della tossicodipendenza sia solo delle madri?
«Assolutamente no. Sono state prese delle frasi. Io so come si fa il vostro mestiere, me ne intendo di comunicazione. E voi avete preso qualche parola e ricostruito un pensiero che non corrisponde al mio. Io ho parlato di fare squadra, di lavorare insieme. Mi sono rivolto alle scuole, alle istituzioni. Non credo, e non lo ho detto perché non lo credo, che la colpa sia solo delle mamme».
Lo ha detto, in realtà.
«Senta, io mi occupo di droga da tanti anni. Quando stavo in Calabria frequentavo anche alcune comunità per il recupero dei tossicodipendenti. So bene quali sono i problemi e le dinamiche. E so bene che la colpa non è solo delle famiglie ma di tutta la comunità. Lo ho anche detto ma nessuno lo ha registrato».
Prefetto, ma è stato registrato tutto.
«Non è vero. E se è così è stato tagliato».
Quella frase le è costata cara. Ora che cosa succede?
«Non lo so. Sono a disposizione del ministro che farà quello che vuole di me. Sono come i carabinieri: usi obbedir tacendo. E forse è giusto così: ho sbagliato».
Il presidente del Consiglio Matteo Renzi ha definito le sue parole «inaccettabili per un servitore dello Stato».
«Lo capisco e ha ragione. Chissà come sono rimbalzate a Roma».
Ma signor prefetto, era una registrazione.
«Sì ma tagliata ad arte. Avete fatto il vostro mestiere e lo avete fatto bene. Io vi ho fornito l’occasione. Ma io sono così. Sono una persona appassionata in tutto quello che faccio».
Alfano dice che la rimuoverà.
«Ha ragione. Ho sbagliato. È la vita. Una volta sei incudine e una volta martello. Ora io sono incudine. Nonostante la mia carriera parli per me».
Signor Prefetto, come si sente oggi?
«Ho ricevuto tante chiamate di persone che mi conoscono e mi stimano. Gente che ha lavorato con me e ha capito il senso delle mie parole perché mi conosce e sa come la penso. Certo, sono arrabbiato. Deluso. Come mi devo sentire secondo lei?».
Vorrebbe tornare indietro?
«Magari. Ma purtroppo non si può».
Maria Elena Vincenzi, la Repubblica 23/6/2014