Guido Ruotolo, La Stampa 23/6/2014, 23 giugno 2014
IMMIGRATI, BOOM DI SBARCHI MA POCHI RESTANO IN ITALIA
E adesso che sta per iniziare il semestre italiano di presidenza europea, davvero convinceremo gli inquilini della casa europea a moltiplicare Mare nostrum, a finanziare le operazione di trasferimento di irregolari, richiedenti asilo, rifugiati economici? E a prendersi una quota di cittadini dell’Africa subsahariana, del Corno d’Africa. E poi della Siria? E a ridiscutere il Trattato di Dublino che impone che la richiesta d’asilo sia fatta nel paese europeo dove si arriva? E di potenziare Frontex, la polizia europea di frontiera?
Nell’estate in cui si stanno polverizzando tutti i record di sbarchi, con quasi 60.000 arrivi (58.487 al 20 giugno, venerdì scorso), 300 in media al giorno dal primo gennaio, l’Italia è sempre più sola (e disperata) nel fronteggiare un esodo che non sembra arrestarsi.
È questa l’angoscia romana, e cioè la consapevolezza, la certezza che gli arrivi continueranno fino a quando non si stabilizzerà la situazione politica e dell’ordine pubblico in Libia. Ma la schizofrenia italiana che fa innervosire l’Europa è il passaggio da un estremo all’altro senza che nell’uno e nell’altro caso Roma abbia concordato il da farsi con Bruxelles, con Strasburgo.
Ricordate i respingimenti in mare? Con la consegna dei barconi di irregolari alle autorità libiche ai tempi di Gheddafi? Uno scandalo internazionale, censurato dal Tribunale internazionale dei diritti dell’uomo. E adesso c’è Mare nostrum, il dispositivo di salvataggio di irregolari in atto nelle acque internazionali molto vicine ai confini libici, attuato all’indomani della ecatombe di immigrati a pochi metri dalla costa italiana. Prova a ricordare in questi giorni il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che Mare nostrum è a tempo, come se i naufragi saranno poi scongiurati per qualche misteriosa congiuntura astrale.
Al di là della dimensione umanitaria dell’intervento (la vicinanza del Vaticano, della Chiesa si fa sentire), la questione Mare nostrum è terreno di scontro ideologico-politico. Un vecchio ministro dell’Interno amava ripetere che l’Italia doveva adottare nei confronti dell’immigrazione la politica «del cane che abbaia e non morde». Insomma, far vedere che i confini nazionali esistono e che non tutti possono superarli come se nulla fosse. E nello stesso tempo dare opportunità di accoglienza, di lavoro per chi ne ha bisogno.
E’ giusto rivendicare con orgoglio che l’Italia non è la Spagna che spara contro gli immigrati che provano a sfondare le porte d’ingresso in Europa delle enclaves di Ceuta e Melilla. O Malta che fa finta di non vedere i barconi inzuppati di acqua o la Grecia che si ritrova sotto osservazione e in punizione (sospeso Trattato di Dublino).
No, l’Italia è un’altra cosa. Accoglienza, lavoro. E una terza opportunità, il transito, che è la più praticata. Se provate a chiedere dove sono finiti i 60.000 sbarcati dal primo gennaio ad oggi, troverete delle risposte stupefacenti o imbarazzate.
Ricordate i Cie? I Centri di identificazione ed espulsione? Più che dimezzati oggi. Erano 11 sono diventati 5. Prima potevano ospitare fino a 1200 immigrati, oggi sono disponibili solo 450 posti letto. Inizialmente ospitavano persone da identificare per 30 giorni, poi raddoppiati e infine portati a sei mesi. Un carcere, nei fatti. Un terzo dei profughi sbarcati nel 2014, circa 22.000 persone, ha fatto richiesta di asilo politico. Non i 17.000 eritrei che puntano dritti alla Svezia, e che per il Trattato di Dublino non chiedono asilo politico in Italia perché dovrebbero rimanere poi nel nostro Paese, preferendo «evadere» per raggiungere parenti e amici nel Nord Europa. E chissà se i comuni solidali della rete Sprar effettivamente assistono tutti e 18.000 immigrati, così come risulta ufficialmente. Insomma, qualcuno suggerisce una inchiesta a campione, magari scoprendo poi che qualche comune prende i fondi anche se non ci sono più gli «assistiti».
Il paradosso della situazione italiana è che non esistono più le sanatorie. Le ricordate? Dini, Martelli, Turco-Napolitano, Bossi-Fini. Negli ultimi trent’anni tra sanatorie ed emersione dal lavoro irregolare, ci ritroviamo con un milione e mezzo di extracomunitari regolarizzati. Nell’86, 140.000; 1990, Martelli, 220.000; con il decreto Dini del 1995, 246.422; Turco-Napolitano del ’98 216.000. Con la Bossi-Fini, 693.937. Trent’anni, un milione e mezzo di clandestini regolarizzati. Oggi (31 maggio 2014) i soggiorni validi sono 73.590, un dato che non comprende i soggiorni scaduti in attesa di rinnovo.
Le sanatorie dunque. Gran parte dei beneficiari sono stati gli «overstayers», cioè stranieri entrati con un visto turistico o temporaneo e poi si sono inabissati. A fronte di questo dato, dall’ultima sanatoria (2004) ad oggi, via mare sono arrivati complessivamente 288.891 irregolari (dal primo gennaio del 2004 al 20 giugno del 2014). Che fine hanno fatto? Negli ultimi anni le espulsioni si sono ridotte a poche centinaia. Quanti hanno varcato i confini italiani per raggiungere gli altri Paesi della Unione europea? E l’Europa come reagirà a un nuovo programma che il governo Renzi presenterà a Bruxelles, e che vede aiuti economici ai paesi d’origine dei flussi migratori condizionati al blocco dei flussi? E la programmazione di interventi umanitari nei paesi di transito e la trasformazione di Mare nostrum da mero soccorso a una Frontex rafforzata?
Guido Ruotolo, La Stampa 23/6/2014