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 2014  giugno 21 Sabato calendario

MA PER VINCERE A FOOTBALL CI VUOLE UNA LAUREA?


Durante la scouting combine di Indianapolis, gli iscritti al draft Nfl hanno anche una prova scritta. È il test Wonderlic, 50 domande che misurano il quoziente di intelligenza: ne prendi 20 e sei nella media nazionale; 21 è invece la media dei giocatori di football; l’unico 50 è stato realizzato da Pat McInally, punter e wide receiver dei Bengals fra ’76 e ’85. Ma alla fine chi entra nella Lega è scelto in base ai chili sollevati alla panca piana, ai metri saltati in lungo a piedi uniti, ai centimetri superati in elevazione e ai secondi impiegati per correre 40 yard. C’è un solo libro che è obbligatorio conoscere: quello degli schemi. Non a Philadelphia.
Gli Eagles prendono quasi solo laureati (quest’anno, 6 su 7). Il motivo? «Se guardi chi ha successo in qualsiasi lavoro, scopri che ha finito l’università», dice il gm Howie Roseman. «E in Nfl non è diverso». Esaminando le squadre dei playoff, Roseman ha trovato una costante: maggiore è il numero dei laureati nel roster, più avanti una squadra va,.
Quando, due anni fa, assunse come head mach Chip Kelly, non faticò per convincerlo. A Oregon, Kelly era stato folgorato da Tony Dungy, ex coach dei Colts. La prima decade del XXI secolo, aveva detto Dungy, è stata dominata da Colts e Patriots, le squadre col maggior numero di laureati: «Non è solo questione di intelligenza. Chi finisce gli studi dimostra di fare il possibile per raggiungere un obiettivo».
L’ultimo Super Bowl è stato giocato da Seahawks e Broncos, che hanno il maggior numero di giocatori con 5 anni di college (quindi laureati). Quello minore è dei Jaguars (record stagionale: 4-12). I Giants sono la squadra che al draft prende più atleti che escono dopo 3 anni (non laureati): hanno mancato i playoff gli ultimi due anni mentre Colts, Patriots e Redskins, che ne prendono meno, hanno totalizzato 5 presenze.
Chiaro? Non proprio. Il rapporto causa-effetto non è così automatico. Nel 2012 e nel 2013, gli Steelers avevano il 53% di laureati, contro una media del 45%. Ma sono andati 8-8. Sono però esempi isolati e non se ne può ricavare molto. È a questo punto che entra in scena Chase Stuart, uno di quelli che fanno analisi statistiche. Ha preso i primi 250 scelti al draft fra 1990 e 2009 e ha calcolato il loro Valore Approssimato (parametro che prende in considerazione una quantità di dati) nei primi 5 anni della carriera. Il risultato è che l’A.V. diminuisce col passare degli anni. Dunque, la teoria-Eagle non solo non è vera: è controproducente.
Di più. Stuart ha eliminato i giocatori che non sono entrati in Nfl e ha diviso i 4.234 rimasti in 23 gruppi di 188, con un ordine dall’A.V. migliore a quello peggiore. È venuto fuori che il gruppo migliore è anche il più giovane (22,8 anni d’età media). Sfortunatamente non è dato sapere quanti fra i giocatori esaminati hanno la laurea. Ma l’evidenza statistica dice una cosa: prima entrano in Nfl e meglio fanno.