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 2014  giugno 22 Domenica calendario

EGITTO, PENA CAPITALE PER 183 SOSTENITORI DI MORSI

Il tribunale egiziano di Minya ha confermato le condanne a morte di oltre 183 islamisti, incluso il leader dei Fratelli musulmani Mohammed Badie. La decisione della Corte penale di Minya è la più grande sentenza di condanna a morte di massa comminata in Egitto in anni recenti, e arriva dal giudice Judge Said Youssef, che in precedenza aveva presieduto il processo. Si tratta della seconda condanna a morte per Badie, guida suprema dei Fratelli musulmani, da quando è cominciata la repressione contro il suo gruppo. La Corte ha assolto altri 486 imputati e ha commutato la pena nell’ergastolo per 4 di loro, tra cui due donne. Il caso è nato da un attacco a una stazione di polizia nella città di el-Adwa vicino alla città meridionale di Minya, lo scorso 14 agosto, attacco che ha causato la morte di un poliziotto e di un civile. Lo stesso giorno in cui circa 700 manifestanti pro-Morsi cadevano sotto i colpi di soldati e poliziotti al Cairo.
Le accuse variavano da omicidio, partecipazione a organizzazione terroristica, sabotaggio, possesso di armi. Inizialmente il giudice aveva condannato a morte 683 persone per l’attacco, poi ha rinviato il caso al Gran Muftì, leader spirituale del Paese che ha espresso il suo parere non vincolante. Gli avvocati degli accusati hanno fatto sapere che ricorreranno in appello.
Degli iniziali 683 imputati, solo 110 non sono stati processati in contumacia. Ciò significa che nel caso in cui venissero catturati, affronteranno un nuovo processo. L’udienza di ieri è durata meno di 15 minuti. Solo 75 prigionieri sono stati portati in una prigione attaccata alla Corte, ma non hanno partecipato alla sessione. Badie, che viene detenuto in una prigione del Cairo, non era presente. Youssef è arrivato in tribunale con un veicolo blindato ed è stato scortato all’interno da funzionari della sicurezza.
Alcune parenti degli imputati assolti hanno esultato e cantato slogan filomilitari. I familiari dei condannati a morte hanno espresso il loro dolore e urlato insulti al fratello del poliziotto ucciso nell’attacco del 14 agosto. I parenti ritengono che la polizia abbia colpito l’agente come parte di una cospirazione contro i loro cari. Ashour Qaddab, fratello del poliziotto ucciso, dopo il verdetto è scoppiato in lacrime. «Questa è la giustizia di Dio... per i cinque orfani di mio fratello», ha detto Qaddab. Sentendolo, i familiari degli altri imputati hanno urlato: «Tuo fratello è stato ucciso dalla polizia».
Sulla decisione della Corte penale di Minya di confermare le condanne a morte per i 183 oppositori e «presunti» sostenitori del presidente islamico deposto Mohamed Morsi, ha preso di posizione Amnesty International. L’istituzione umanitaria ha chiesto alle autorità egiziane di annullare le condanne alla pena capitale emanate. «Le autorità egiziane devono annullare queste condanne e ordinare un nuovo processo, equo e senza ricorso alla pena di morte» ha dichiarato Hassibà Hadj Sahraui, vice direttore dell’ong per il Medio oriente e l’Africa del nord. «Il sistema giudiziario egiziano è chiaramente guasto e non è più in grado di rendere giustizia. La pena di morte – ha continuato – è spietatamente usata come arma per eliminare gli avversari politici». Per Amnesty International «il sistema ha perso imparzialità e credibilità nel momento in cui le forze di sicurezza, accusate di gravi violazioni dei diritti umani, sono libere e migliaia di dissidenti sono in stato di fermo».