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 2014  giugno 22 Domenica calendario

LOTITO: «POLITICA COME IL CALCIO. IO PRONTO A GIOCARE»


Scriveva Gabriele D’Annunzio, tentato dalla politica dopo anni di letteratura, memento audere semper . Ricordati sempre di osare. Chissà se lo ha letto il presidente della Lazio Claudio Lotito in questi giorni dove parla sempre più spesso di politica. Abbiamo deciso di chiederglielo.
Presidente Lotito, ma non è che ha voglia di far politica?
«Nell’accezione semantica, in qualità di espressione della Polis, sicuramente sì. Essendo io, al di là del presidente della Lazio, un ruolo - come dire - pseudo istituzionale, un cittadino come tutti gli altri. E penso di poter dare un contributo per cercare di imprimere un cambiamento di rotta ad un sistema che oggi ha bisogno di rinnovamento. Se mi viene richiesto un contributo, io con spirito di servizio sono disposto e pronto a darlo anche perché le regole del vivere civile non sono altro che le regole del mondo del calcio: la trasparenza, il rispetto del merito, lo spirito di sacrificio, il senso delle Istituzioni».
Il programma Lotito è?
«Il superamento degli steccati di carattere sociale, culturale, economico e razziale, son qualità che abbiamo perso. Io ricordo che negli anni ’50, ’60 si studiava sin da ragazzi educazione civica. Sono abituato a pensare che non bisogna rinunciare ad ottenere il contributo di tutti. Io penso che dall’esperienza della vita di tutti i giorni possano arrivare soluzione ai problemi. Secondo me chi rappresenta le istituzioni deve contemperare le esigenze di tutti, di chi li ha votati e di chi non li ha votati, e quindi deve creare le condizioni di una società che sia equa e rispettosa delle regole. E che metta tutti nelle condizioni di avere la stessa opportunità. Poi sta ai singoli trovare la soluzione ai problemi. È un po’ la parabola dei danari, dei talenti...»
Intende la parabola di Giuda, dei 30 danari?
«No, no, io sono un cattolico praticante. Parlavo della parabola dei talenti: c’è stato chi li ha messi sotto terra, chi a frutto e chi li ha dissipati. Io credo che chi rappresenta l’interesse pubblico abbia l’obbligo di tutelare l’interesse collettivo, facendo partire tutti alla pari. Tutti hanno diritto all’istruzione, ad esempio. Credo si possano trovare soluzioni che sposino il liberalismo di Smith con una società civile ideale. E questo attraverso fatti concreti: un sistema scolastico che funzioni, trasporti che funzionino, un fisco che sia equo, senza privilegi per alcuni e vessazioni per altri. Su questi temi qualsiasi persona, sia esso colto, con ruoli pubblici o no, vuole dire la propria per dare un contributo determinante».
Cosa pensa di Matteo Renzi e del Governo?
«Io sono abituato a misurarmi sui problemi e non sui proclami. Sicuramente Renzi ha dato una scossa ad un sistema che era dormiente, era consuetudinario. Insomma, consuetudo magna vis est , era diventata norma e si davano per scontate tante cose sbagliate. A Renzi va il merito di aver sollevato alcune criticità. Vede, ripercorrendo un po’ la storia e la filosofia, Bacone diceva tabula rasa . Però dopo l’azzeramento serve il momento della ricostruzione, altrimenti diventa un fatto teorico. In questo momento tutte le componenti politiche avvertono l’esigenza di un cambiamento, si tratta di capire quale sia l’elemento alternativo che consenta di fare i cambiamenti necessari senza creare scontri sociali o discriminazioni. La forza della politica deve essere quella di dettare le regole condivise da tutti che non siano compromesso ma la scelta migliore in quel momento».
L’intesa per la riforma del Senato prevede pure il ripristino dell’immunità parlamentare: che ne pensa? E delle preferenze?
«Penso che il cittadino abbia il diritto di scegliere i propri rappresentanti. Le preferenze all’epoca vennero abolite perché considerate fonte di malcostume. Ma rappresentano, in termini concreti e corretti, uno strumento democratico in mano ai singoli elettori. Io voglio essere rappresentato dalla persona che ritengo più giusta a farlo. E la designo. Quindi penso che i cittadini dovrebbero avere, da un punto di vista democratico, la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. Non penso che il sistema delle preferenze debba essere aborrito. Chiaramente condotto in modo corretto e non distorto. Per quanto concerne l’altro elemento, l’immunità parlamentare, anche questo era uno strumento nato con il presupposto che le persone dovessero essere autorevoli e non condizionabili nell’esercizio delle loro funzioni da parte di chicchessia all’esterno. Poi il suo utilizzo è stato distorto, ed è diventato un paracadute ed un ombrello, quasi una forma di privilegio per comportamenti personali sbagliati. Si tratta di normare in modo intelligente questo aspetto, perché non diventi un privilegio ed i cittadini non pensino che chi sbaglia poi non paga mai».
Le faccio nomi e cognomi e lei mi dice la frase latina che le ispirano. Sergio Marchionne?
«Marchionne incarna l’interesse "particulare" guicciardiniano attuato attraverso il dettame machiavellico del "fine giustifica i mezzi" ma ha la capacità di produrre effetti concreti e lo dimostrano i risultati che ha ottenuto. Appartiene alla categoria dei manager con la «M» maiuscola. Dal punto di vista del motto latino che si attagli a lui direi ad maiora , perché andrà verso sfide sempre più grandi».
Il ministro per le Riforme Maria Elena Boschi?
«Sicuramente si trova in una condizione non facile perché deve riuscire a coordinare posizioni politiche diverse, anche attraverso la supervisione del premier. Ma mi pare che sia una persona disponibile nei modi ma anche risoluta, ascolta tutti ma rivendica alla fine che sarà il Governo a decidere. Per lei direi dura lex sed lex .
Silvio Berlusconi?
«Ha avuto l’intuizione della necessità di ammodernare il Paese ed un contributo su questo lo ha dato. Ha riportato anche un certo orgoglio nazionale, vedi le bandiere tricolori nelle sedi istituzionali. Come in tutti i processi di cambiamento, poi, il largo consenso ricevuto ha portato - non la persona ma l’apparato - ad avere un distacco da quelle che poi son diventate le problematiche del Paese. Berlusconi ha avuto un grande senso di responsabilità dimettendosi durante la crisi dello spread e lo ha fatto guardando solo all’interesse del Paese, un interesse cui mi sembra guardi tutt’oggi con il supporto alle riforme in gestazione. Ed in questa voglia di appoggio al cambiamento c’è una continuità tra il Berlusconi del 1994 e quello di oggi. Quindi, in latino, perseverantia . La perseveranza. E anche credo ut intelligam».
Un motto per la politica?
«La massima benedettina, ora et labora».
Una domanda sul calcio: venderà Candreva?
«L’ho sempre detto e lo ripeto: Candreva non è in vendita».
Massimiliano Lenzi