Fiorenza Sarzanini, Corriere della Sera 23/6/2014, 23 giugno 2014
C’È ALTRO DNA, L’ESAME SI POTRÀ RIPETERE VERIFICHE SUI COMPUTER DELL’ARRESTATO
DALLA NOSTRA INVIATA BERGAMO — Oltre sessanta investigatori impegnati nelle indagini, centinaia di filmati da visionare, decine di testimoni da interrogare, migliaia di dati telefonici da incrociare. E piccolissime tracce da analizzare. Macchie minuscole che possono fornire nuova svolta all’indagine sull’omicidio di Yara Gambirasio. Perché è questa la novità emersa nelle ultime ore rileggendo il fascicolo processuale, soprattutto riesaminando i reperti. Sugli indumenti della ragazzina rapita, seviziata e abbandonata al gelo in un campo il 26 novembre 2010 ci sono altri residui lasciati da «Ignoto 1». Mentre la difesa di Massimo Giuseppe Bossetti mette a punto la strategia valutando l’ipotesi di ricorso al Tribunale del Riesame, l’accusa stringe i tempi per cercare di arrivare al giudizio immediato. E fa i conti con gli elementi raccolti in quasi tre anni e mezzo di inchiesta.
Le altre provette
Più volte in questi giorni si è detto che una delle questioni da affrontare in un’eventuale processo sarebbe stata la ripetibilità del test sul Dna estratto dalla traccia trovata all’interno degli slip della vittima e sui leggings. Quel fluido che ha consentito di tracciare il profilo genetico di «Ignoto 1» è infatti ormai deperito e non più utilizzabile, dunque le comparazioni devono essere effettuate con la cosiddetta «stringa».
Il controllo delle provette e del materiale custodito nei laboratori ha comunque aperto un nuovo spiraglio. Tra i reperti archiviati dal Ris dei carabinieri a Parma, durante l’ispezione effettuata dopo il ritrovamento del corpo, ci sono altre tracce. Il fluido a disposizione è certamente meno «puro» di quello già analizzato nel febbraio del 2011, la quantità è davvero modesta ma gli esperti ritengono sia comunque sufficiente per effettuare nuovi test se si dovesse arrivare al confronto in aula con l’indagato.
La riunione del «pool»
I dettagli saranno messi a punto questa mattina quando a Bergamo si riunirà il pool investigativo composto da polizia e carabinieri. Si tratta di oltre 60 uomini coordinati dal Ros e dallo Sco che formeranno squadre miste di intervento e si divideranno il lavoro di verifica su quanto già raccolto e sui controlli che ancora bisognerà fare. E non a caso alla riunione parteciperanno proprio gli specialisti del Ris guidati dal colonnello Giampietro Lago.
La «lettura» dei cinque computer portati via dalla casa di Bossetti è già cominciata. Adesso bisogna riguardare i filmati delle telecamere sequestrati dopo la scomparsa di Yara che si trovano a Brembate Sopra (dove la ragazzina è stata vista l’ultima volta), a Mapello (dove abita Bossetti) e a Chignolo d’Isola (dove la vittima è stata abbandonata ormai agonizzante). L’obiettivo è evidente: verificare se la Volvo V40 oppure il furgone Iveco dell’indagato siano transitati in uno di questi luoghi, se ci siano immagini che mostrano l’uomo in uno dei momenti successivi alle 18.40, quando la ragazzina di fatto sparisce nel nulla. Gli accertamenti sulle celle telefoniche hanno già mostrato che Bossetti era nella zona almeno fino alle 17.45 e che anche nei giorni precedenti, quando Yara era in palestra per le lezioni di ginnastica artistica, lui si trovava nei paraggi. «L’aspettava, la spiava», è la convinzione dell’accusa. Ora si cerca di andare oltre, tracciando il «percorso» del cellulare effettuato quel pomeriggio: da quando diventa «muto», fino alle 7 della mattina del 27 novembre 2010, momento in cui effettua una nuova chiamata.
Il ricorso al Riesame
Il termine scade lunedì 30 giugno: entro quella data l’avvocato Silvia Gazzetti dovrà decidere se presentare ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la scarcerazione di Bossetti. L’uomo giura di essere innocente, appare logico che voglia tentare ogni strada per tornare libero. Ma l’avvocato sta valutando l’opportunità di sottoporsi al giudizio di un collegio, consapevole che una eventuale conferma dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Ezia Maccora mercoledì scorso, potrebbe rappresentare un colpo durissimo alla strategia difensiva.
Entro qualche settimana anche l’accusa dovrà decidere le prossime mosse. Giovedì scorso, nel corso della conferenza stampa organizzata dal procuratore di Bergamo, il sostituto Letizia Ruggeri — titolare del fascicolo — non ha escluso l’ipotesi di procedere con il rito immediato. Si tratta di andare direttamente al processo saltando l’udienza preliminare, per ridurre i tempi. La legge concede al pubblico ministero 90 giorni per poterlo chiedere quando ritiene di avere in mano prove «evidenti». E dunque già su questo si potrà misurare come intenda procedere in una battaglia tra le parti dagli esiti ancora imprevedibili.