Franco Bechis, Libero 22/6/2014, 22 giugno 2014
I MINISTERI NASCONDONO I DEBITI CON LE AZIENDE
Durante il suo primo mese di governo Enrico Letta ha fatto pagare alla Pubblica amministrazione 5 miliardi di debiti scaduti da tempo con le imprese. Durante il primo mese di governo Matteo Renzi ha fatto pagare alle imprese 700 milioni di euro, cifra quasi dieci volte inferiore a quella versata dal suo predecessore e per altro attinta proprio dai fondi che gli aveva lasciato a disposizione Letta. Perché Renzi di annunci e promesse ne ha fatti davvero tanti. Ma quando si passa ai fatti la sua sporta è piuttosto vuota.
È tutta in quelle due cifre i 5 miliardi di Letta e i 700 milioni di euro di Renzi la spiegazione della procedura di infrazione che l’Unione europea ha aperto nei confronti dell’Italia per i ritardi ormai colossali nei pagamenti dei debiti alle imprese. Non è una questione di antipatia politica, e poco c’entra che il titolare della procedura sia formalmente il commissario uscente Antonio Tajani, che è da poco stato eletto all’Europarlamento con Forza Italia. L’infrazione sarebbe stata contestata dalla Commissione con buona pace sia di Renzi che del suo ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, in automatico chiunque fosse stato il commissario delegato. Perché a Bruxelles fanno assai poca impressione le slides sui pagamenti alle imprese, le promesse del premier italiano di un pagamento “choc” di quei debiti fino a 68 miliardi di euro. Quel che contano sono i soldi effettivamente finiti in cassa alle imprese creditrici.
MINIMO STORICO
E lì davvero siamo al minimo storico. I dati ufficiali sono al momento fermi al 31 marzo scorso, ma è sui dati ufficiali che si debbono basare le decisioni della Commissione europea, e quelli disponibili indicano senza ombra di dubbio che con il governo presieduto da Mat-
teo Renzi si è profondamente rallentata la buona pratica dello smaltimento di quei debiti pregressi anche rispetto alle lentezze dell’esecutivo precedente.
Grazie a una video-inchiesta della web-tv di Libero (nella serie “La docu-prova” oggi su www.liberoquotidiano.it) si può scoprire che sul pagamento dei debiti proprio chi dovrebbe dare il buon esempio e cioè Palazzo Chigi e i suoi ministeri sono fermi al “caro amico”. Secondo i decreti legge emanati prima da Mario Monti e poi da Letta ogni sito Internet di ogni Pubblica amministrazione e in primis proprio quelli del governo dovrebbe avere nella sezione “amministrazione trasparente” un capitolo dedicato al pagamento dei debiti di quella amministrazione, con al suo interno un indicatore trimestrale sulla rapidità degli stessi. Non c’è molto da girarci intorno: c’è un solo ministero che ha rispettato le norme di legge e che paga pure a meno di 90 (e nella maggiore parte dei casi a meno di 70) giorni: è il ministero della Difesa oggi guidato da Roberta Pinotti.
È l’unica in regola, con la sola mezza eccezione del ministero dell’Ambiente dove i dati sono pubblicati e i tempi sembrano rispettati, ma si è Fermi a più di un anno fa. Tutti gli altri membri del governo Renzi in testa sono fuori legge. E se i tecnici della Commissione avessero controllato lo stato dell’arte proprio partendo dai siti Internet dei vari ministeri, la domanda da farsi non sarebbe sui motivi della procedura di infrazione, ma sul lungo ritardo con cui è stata aperta perché avevano non una, ma mille ragioni per farlo.
Renzi annuncia l’indicatore sui tempi di pagamento, ma poi non lo pubblica sul suo sito che non è aggiornato da mesi. Stessa cosa per il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che mette tutte le cose per bene nei titoli, ma poi non consente di aprire l’indicatore che è solo disegnato. È come se avesse messo lì un trompe l’oeil.
Sezione pagamenti in costruzione o sospesa per i ministeri delle Infrastrutture e i Trasporti e per quello dello Sviluppo Economico dove pure siede Federica Guidi, che come dirigente di Confindustria per anni ha fatto battaglia su quei pagamenti. Ora come ministro sembra che la questione manco la interessi. Risultato simile al ministero della Salute, dove al posto della sezione c’è un messaggio in cui ci si scusa con il pubblico per l’assenza dei dati sul pagamento, dovuta a un bug informatico indipendente dalla loro volontà. Il messaggio di scuse però è di 9 mesi fa. Un periodo in cui normalmente riesce a nascere un bambino, ma non sufficiente a fare arrivare da Beatrice Lorenzin un tecnico informatico in grado di risolvere il guasto.
DOCUMENTI ILLEGGIBILI
Angelino Alfano al suo ministero dell’Interno obbliga a fare una vera e propria gimkana per andare a trovare quei dati. Alla fine ci sono i titoli. Si clicca sopra e si aprono documenti illeggibili, pieni di geroglifici con tutti i browser più diffusi. O dei pagamenti dell’Interno frega poco a tutti, o anche qui il periodo di attesa di un tecnico informatico per risolvere il problema è assai elevato. Il ministero del Lavoro oggi guidato da Giuliano Poletti proprio in regola con la legge non è, ma almeno pubblica nel dettaglio i pagamenti effettuati fino alla fine del terzo trimestre 2013. Il dato è più sconfortante che mai: c’era una fattura del 15 dicembre 2006 da 1.964,49 euro? Il ministero ne ha pagati intanto 1.312,49. Solo un acconto. Così per tutte: c’è ne è un’altra ad esempio del 14 aprile 2008 da 5.040,38 euro saldata cinque anni dopo con un acconto di 2.298,85 euro. Sembra una presa in giro. E lo è a pieno titolo, in ogni ministero.