Fabio Tamburini, Corriere Economia 23/6/2014, 23 giugno 2014
SORGENIA, L’OBIETTIVO È UN MATRIMONIO A TRE
Come recuperare almeno parte del valore andato in fumo con il crollo della Sorgenia sotto una montagna di debiti? La missione, secondo opinioni pressoché unanimi degli addetti ai lavori, è pressoché impossibile perché la débacle della società controllata dalla Cir dei De Benedetti è parte di una tempesta perfetta che ha travolto l’intero mondo dei produttori di energia termoelettrica, messi spalle al muro da capacità installate più che doppie rispetto alla domanda (vedere riquadro). Sia in Italia sia in Europa. Per questo, un minuto dopo l’accordo con le banche che porterà all’uscita della Cir e dell’alleato austriaco Verbund, partiranno le verifiche sull’esistenza di acquirenti della società andando a scandagliare, in particolare, i grandi gruppi cinesi, russi o perfino turchi.
Obiettivi
Un incarico che, molto probabilmente, potrà essere affidato alla banca d’affari Rothschild, l’advisor delle banche nelle trattative per la ristrutturazione del debito. Ma, qualunque sia l’investment bank che se ne occuperà, nessuno ci spera troppo perché alle condizioni di mercato attuali la ricerca di un compratore per centrali termoelettriche in Europa viene considerato un obiettivo impossibile. «Non ci sono acquirenti perché i margini di guadagno sono pressoché inesistenti o troppo risicati», commenta uno dei protagonisti del settore.
Per questo lo scenario che le banche stanno immaginando, e di cui alcuni banchieri stanno verificando la fattibilità concreta, prevede interventi in due tempi: prima il consolidamento dei principali produttori, cioè una forte concentrazione, e subito dopo una altrettanto forte razionalizzazione con la chiusura di un discreto numero di centrali. L’intenzione è cambiare le carte in tavola con una operazione di carattere straordinario: la nascita di un grande polo dell’energia, che permetta ristrutturazioni di portata altrettanto straordinaria per cercare di salvare il salvabile.
Massa critica
Soltanto così sarà possibile ottenere la massa critica necessaria per attivare sinergie adeguate, razionalizzazioni efficaci, riduzioni importanti di costi. L’opinione prevalente è che il settore sia alla vigilia di una ristrutturazione radicale. Adesso sopravvivono una decina di produttori con attività rilevanti. Tutti, chi più chi meno, in difficoltà. «Tra qualche anno — prevede uno dei manager più esperti — il numero risulterà drasticamente ridotto». E azzarda qualche previsione. «Alla fine le società più significative non saranno più di quattro, cinque al massimo». Ovviamente l’Enel, la Edison della francese Edf, un paio di municipalizzate come l’A2A, l’Eni e, appunto, il polo da costruire intorno a Sorgenia. Esattamente quello previsto dal piano all’ordine del giorno per affrontare l’emergenza Sorgenia che, nel disastro, ha qualche vantaggio: buona parte delle centrali, per esempio, è di nuova costruzione, tecnologicamente avanzate e flessibili.
La prima possibilità di aggregazione offerta dal mercato sono le attività in Italia del colosso tedesco Eon, in forte difficoltà per l’effetto congiunto della grande crisi, dell’uscita della Germania dal nucleare e per i finanziamenti generosi delle energie rinnovabili. La conseguenza è che, ormai da qualche tempo, le centrali in Italia del gruppo sono in vendita. L’asse portante sono gli impianti della spagnola Endesa che nel 2007, su indicazione dell’Antitrust, l’Enel ha ceduto dopo la scalata. Si è parlato, a proposito del loro futuro, delle trattative con Edison che però, almeno finora, non hanno avuto seguito. Ovviamente, se il polo nascerà, il meccanismo sarà l’apporto di asset e non la vendita delle centrali.
Polo francese
Il secondo passaggio possibile riguarda gli impianti di Gdf Suez. Ufficialmente non sono in vendita. Ma la situazione del gruppo francese, il quarto mondiale nel gas e nell’elettricità, è drammatica. Basta ricordare i numeri del bilancio 2013: circa 9 miliardi di perdite con svalutazioni per 15 miliardi (tutte in Europa). E, naturalmente, anche le attività sul mercato italiano rappresentano un problema.
Difficoltà che il polo dell’energia potrebbe aiutare a superare. Punto di partenza è il rush finale per chiudere la complessa trattativa sul futuro della Sorgenia, la società del gruppo Cir che deve fare i conti con 1,8 miliardi di debiti e con buona parte delle centrali di produzione dell’energia che lavorano a ritmi ridotti e senza prospettive d’inversione di tendenza. Il colpo per Sorgenia è stato duro anche perché non ha rendite di posizione che permettano di compensare almeno parte delle perdite, né attività significative sui mercati esteri.
Ora Andrea Mangoni, in passato amministratore delegato dell’Acea, la municipalizzata di Roma, chiamato nel luglio 2013 al capezzale della società e in cui le banche hanno piena fiducia, sta definendo i particolari dell’accordo conclusivo in incontri separati con i sei istituti di credito più esposti, tra cui spicca il Monte dei Paschi, creditore per ben 600 milioni. Poi, forse perfino entro settimana, è previsto l’ultimo confronto con i De Benedetti. Ma il percorso ormai è definito: le banche, in tutto una ventina, resteranno sostanzialmente sole al comando anche se, per passare dall’accordo quadro ai fatti, servirà qualche mese. Intanto partirà la fase due, con la ricerca di un compratore e, contemporaneamente, con le verifiche per l’alternativa, cioè il nuovo polo dell’energia.