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 2014  giugno 23 Lunedì calendario

FINANZA, TRE BOLLE NASCOSTE

Per risolvere un problema ne hanno creati altri. È questo ciò che le maggiori banche centrali mondiali hanno fatto negli ultimi sette anni. L’obiettivo primario, dopo il collasso di Lehman Brothers, era quello di rilanciare l’economia globale e proteggerla dagli shock futuri. In realtà, si è contribuito alla nascita di nuove bolle finanziarie.
Lo scorso mese il fondo obbligazionario più grande del mondo, Pimco, ha pubblicato il suo secular outlook , nel quale ha evidenziato il particolare stato in cui versano i mercati avanzati ed emergenti. «La mole di liquidità immessa nel sistema finanziario dal 2007 a oggi, invece che combattere una bolla ne ha create delle altre, potenzialmente più pericolose», ha scritto Pimco.
La più riconoscibile delle bolle attualmente in fase di sviluppo riguarda il mercato immobiliare. In buona parte delle economie avanzate i prezzi delle case sono in costante aumento. Il monito del Fondo monetario internazionale (Fmi), giunto nelle scorse settimane, è stato netto.
Mattone
L’indice globale dei prezzo delle abitazioni è tornato ai livelli del 2006, alla vigilia del crollo del mercato immobiliare statunitense. Le situazioni più a rischio sono cinque: Cina, Brasile, Stati Uniti, Germania e Regno Unito. Nel primo trimestre dell’anno, secondo i database del Fmi, in Cina i prezzi degli immobili sono aumentati del 17,5% su base annua. Nello stesso orizzonte temporale, crescita a doppia cifra anche per il Brasile, più 12,1%, e per l’America, più 10,3 per cento. Non va meglio nel Regno Unito, nel quale i prezzi delle case sono cresciuti del 9,1%, e in Germania, più 5,8 per cento. E proprio i due Paesi europei corrono il rischio maggiore, secondo il Fmi. «Bank of England e Banca centrale europea devono aumentare la vigilanza macroprudenziale per evitare la formazione di aspettative irrazionali sui prezzi nel mercato immobiliare», è stato l’invito dell’istituzione guidata da Christine Lagarde. In altri termini, BoE e Bce devono stare attenti a non alimentare la formazione di bolle.
Azioni Usa
L’altro settore in cui ci sono squilibri sui prezzi è l’equity statunitense, cioè Wall Street. L’indice S&P 500, nella settimana appena conclusa, ha registrato un nuovo massimo storico, toccando quota 1.959 punti. Nonostante i continui inviti alla calma della Federal Reserve, l’euforia degli investitori non sembra attenuarsi. Secondo la banca statunitense Wells Fargo, lo S&P 500 potrebbe toccare quota 2.250 punti entro la fine dell’anno e non sono ancora chiare le previsioni per il 2015. «Non c’è una particolare ragione per cui Wall Street ha questa tendenza, dato che i fondamentali di diverse società non sono così brillanti», ha notato Wells Fargo. Il riferimento è a due segmenti in particolare, bancario e industriale, che ancora fanno fatica a riprendersi dalla recessione che ha seguito il crac di Lehman Brothers. Tuttavia, il concetto si può estendere anche ai tecnologici, con Amazon, Apple e Google a spingere in alto l’intero settore.
Social Media
La terza e ultima bolla riconoscibile è quella dei social media. Il Global X social media index è il benchmark di riferimento in questo settore. Nato a metà novembre 2011, registra l’andamento dei principali titoli azionari legati all’universo dei social network , di qualunque natura essi siano. Dal suo lancio a oggi la sua crescita è stata superiore al 30%, ma a inizio anno è arrivato a raddoppiare il livello iniziale. Il motivo lo ha spiegato la casa d’affari americana Jefferies: «Dietro ai social network si può ritrovare la stessa euforia della bolla dei titoli tecnologici a inizio anni Duemila». Le quotazioni di Facebook, Twitter, LinkedIn, Pandora, Groupon e Zynga ne sono l’esempio. Il social media guidato da Jack Dorsey, Twitter per l’appunto, ha avuto un prezzo di collocamento di 26 dollari nello scorso novembre. Ma a fine dicembre il titolo viaggiava oltre i 70 dollari, con un ritorno del 285% rispetto al valore iniziale. Poi, la contrazione, fino a perdere il 50% da inizio anno a oggi.
Le tre bolle sui prezzi hanno una cosa in comune. Si tratta della correlazione coi programmi di allentamento quantitativo, o Quantitative easing (Qe), lanciati dalla Federal Reserve statunitense dopo lo scoppio di un’altra bolla, quella dei mutui subprime . Tramite i tre round varati, sono stati comprati bond governativi americani e Mortgage-backed security (Mbs), cioè titoli garantiti da mutui, per oltre 3 mila miliardi di dollari. Gli asset in pancia alla Fed sono infatti passati da quota 925,725 miliardi di dollari, registrata il 10 settembre 2008, a quota 4.340,904 miliardi, toccata lo scorso 11 giugno. Da un lato ha spinto gli investitori a rilanciare l’allocazione delle risorse sul settore immobiliare, data la garanzia implicita della Fed sui mutui residenziali e commerciali. Dall’altro, li ha anche condotti verso una scelta d’investimento diversa dal mercato obbligazionario, considerati i magri ritorni previsti e l’attuale regime di tassi d’interesse prossimi allo zero. Dati i prezzi dell’equity americana, che nel gennaio 2009 sono tornati allo stesso livello del luglio 2002, la migrazione è stata spontanea. In questo modo, le asimmetrie non sono state mitigate, ma solo trasferite.