Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2014  giugno 21 Sabato calendario

«COSÌ HO INDIVIDUATO IGNOTO 1, LA SUA IDENTITÀ È CERTA» LA GENETISTA CHE HA CAPITO COME LEGGERE LA TRACCIA SU YARA «ERA L’ALBA E IN LABORATORIO CI SIAMO FATTI I COMPLIMENTI»


Un’esultanza contenuta, alle tre del mattino. Poche ore prima dell’alba di lunedì 16 giugno uno dei laboratori di Medicina Legale e Scienze Forensi dell’Università di Pavia era aperto. Al lavoro c’erano Carlo Previderè — già protagonista delle analisi scientifiche nel caso dell’omicidio di via Poma — e la sua collaboratrice Pierangela Grignani. Entrambi, allo scoccare delle tre, hanno fatto fatica a credere ai loro occhi: il profilo genetico estratto dalla saliva di Massimo Giuseppe Bossetti, 43 anni, di Mapello (Bergamo), corrispondeva pienamente con il Dna di «Ignoto 1», l’uomo che ha lasciato due tracce biologiche sui vestiti di Yara Gambirasio.
«Il campione, consegnatoci dai carabinieri nella prima serata di domenica, è risultato perfettamente sovrapponibile», ha specificato lo stesso Previderè dopo la conferenza stampa di ieri della procura di Bergamo. «Non credo possano esserci dubbi sull’identità di quel profilo che per mesi è stato chiamato “Ignoto 1”»: queste le parole della Grignani, una ricercatrice appassionata, ma modesta, rimasta in disparte per quasi tutta la conferenza.
Le era già scaduta la borsa di studio quando ha messo a punto un metodo che ha permesso di velocizzare i tempi sui campioni di Dna delle 532 madri emigrate dalla Val Seriana, la zona di Giuseppe Guerinoni, il padre naturale dello stesso Bossetti. Ma era rimasta al lavoro gratis, per arrivare alla verità. Proprio lei, la Grignani, come ha riconosciuto più volte lo stesso Previderè, aveva notato che il profilo genetico di «Ignoto 1», conteneva un particolare «allele», ovvero un gene, piuttosto raro, di provenienza materna. E aveva suggerito che il confronto tra Dna per rintracciare la madre dell’uomo senza volto e senza nome, potesse avvenire anche solo cercando quel gene. Un tratto biologico particolare, difficile farlo corrispondere a una caratteristica fisica precisa. «Ma comunque si tratta di un elemento utile sotto l’aspetto della ricerca — commenta Fabio Buzzi, il responsabile dell’unità operativa di Medicina Legale e Scienze Forensi dell’Università di Pavia —. Il metodo proposto dalla ricercatrice è stato determinante, negli ultimi mesi, per velocizzare i lavori, non di poco. Grignani e Previderè hanno occhio».
La prima svolta è arrivata venerdì scorso, quando le analisi hanno dato un responso determinante: l’allele messo sotto la lente non era presente solo nel profilo genetico di «Ignoto 1», ma anche in quello di una donna di 67 anni, Ester Arzuffi, di casa a Terno d’Isola, sempre in provincia di Bergamo. La madre dell’uomo che carabinieri e polizia cercano da tre anni è lei. E a quel punto, domenica, gli investigatori hanno messo in scena un finto controllo stradale, facendo soffiare nell’etilometro il figlio della Arzuffi, il Massimo Giuseppe Bossetti che è in carcere. Poco più di un’ora dopo la sua saliva era nei laboratori di Pavia. Anche lui, il muratore dagli occhi azzurri, ha un Dna contenente quel particolare gene, che è stato una sorta di faro nel laboratorio di Previderè e della Grignani.
«Naturalmente — specificano dall’Università — le definitive conferme sono poi arrivate confrontando i profili completi, con 21 marcatori genetici (ovvero utilizzando tutta la stringa dei Dna da confrontare, ndr). Ma i test precedenti si erano rivelati corretti».