Giuliana Ubbiali, Corriere della Sera 22/6/2014, 22 giugno 2014
BERGAMO —
Caseggiato nel centro storico di Brembate Sopra. Sul campanello la targhetta rosa sbiadito indica Guerinoni-Zanni. Suoni e la padrona di casa si affaccia alla finestra del secondo piano, ma basta dirle «giornalista» e subito richiude i vetri. «Non ce la fa più». Parla per lei la figlia, modi gentili ma decisi: «Siamo distrutti, con i nomi di mio fratello e di mia mamma sui giornali». Accetta di fare due parole solo per un motivo: «Lo dica una volta per tutte che non c’entriamo niente con questa vicenda, se non per una parentela di cui non sapevamo nemmeno nulla».
Allora tornare sui nomi serve per chiarirlo. Suo fratello è Damiano Guerinoni e sua mamma è Aurora Zanni. Il ragazzo non c’entra nulla con la morte di Yara. È solo il primo anello della catena delle indagini scientifiche che hanno portato a Giuseppe Guerinoni, suo zio, l’autista di Gorno morto nel 1999. Per la genetica il defunto è il padre di Massimo Giuseppe Bossetti, figlio biologico che da lunedì sera è in isolamento nel carcere di Bergamo con l’accusa di aver ucciso la bambina. Allora, se le cose stanno così, l’uomo fermato è cugino di Damiano. «Che sia stato individuato il presunto colpevole è un sollievo, così si fa giustizia per Yara e almeno finisce il tormento anche per noi. Però fa male sapere che sia sangue del nostro sangue», si sfoga la sorella. Ma sia chiaro: «Non conoscevamo questo Bossetti, non sapevamo della sua esistenza e per fortuna non l’avevamo mai visto nemmeno per caso». La signora Aurora è stata chiamata dai carabinieri per firmare l’ultimo verbale che la riguarda. La domanda è stata proprio questa: «Conosceva Massimo Giuseppe Bossetti?». La risposta è stata identica a quella riferita dalla figlia.
Allora perché il nome di Damiano è spuntato nell’inchiesta? Il giovane è finito nel calderone dei test del Dna perché frequentava la discoteca Sabbie Mobili, ora Muzika, di Chignolo d’Isola. Il locale si affaccia sul campo accanto al terreno in cui Yara era stata trovata. Il profilo genetico del ragazzo ha dei punti di contatto con quello rinvenuto sugli slip e sui leggings della vittima. Pochissimi per sospettare di lui, ma sufficienti per proseguire le verifiche sul suo ceppo familiare. Un colpo di fortuna per le indagini. Così si è arrivati a due suoi cugini, dai Dna con ulteriori punti di contatto, ma anche loro non c’entrano nulla. Quindi si è risaliti al loro padre, Giuseppe Guerinoni, risultato padre anche del presunto assassino. Da qui la pista del figlio illegittimo che all’inizio della settimana ha portato alla svolta.
«Abbiamo collaborato da subito — assicura la ragazza —. Nei giorni scorsi abbiamo ringraziato gli inquirenti che ci hanno sempre trattato con delicatezza. Hanno fatto il loro lavoro, dovevano verificare ogni dettaglio di questa incredibile vicenda. Incredibile come la coincidenza che riguarda mia mamma e il suo lavoro come collaboratrice domestica dai Gambirasio. Assurdo, ma è davvero una coincidenza». Capitolo chiuso, dunque, anche se ha lasciato il segno. In un piccolo centro, dici Guerinoni e associ alla bambina uccisa. «Guardi, almeno si è arrivati alla svolta. Non avevo grande fiducia nella giustizia, ora invece ce l’ho».
G.U.